Taccuino Liberale #67

Lunedì scorso, 1 dicembre, ricorrevano i primi cinque anni dalla scomparsa di Arturo Diaconale, che per lungo tempo è stato direttore di questo giornale.
Diaconale era una figura abbastanza imponente, alto, robusto, quando arrivava si vedeva subito, con una voce molto particolare, che quando parlava, attirava sempre l’attenzione del proprio auditorio. Lo incontrai per la prima volta molti anni fa nei pressi della sede del partito, ero con Enrico Morbelli, e parlavano di una questione interna che avrebbero voluto discutere durante una riunione. Ovviamente in quella occasione Morbelli lo invitò alla Scuola di Liberalismo, a cui non mancò mai, anche quando gli impegni istituzionali erano tanti.

Era uno di quei liberali in servizio permanente effettivo, che sapeva bene quanto fosse importante diffondere la cultura liberale tra i giovani per evitare il futuro deserto culturale che invece piace tanto a certa ideologia politica attuale, così certe fesserie partitiche vengono digerite meglio dalla massa elettorale.
Condividevamo l’origine abruzzese, ma consideravamo entrambi Roma la nostra città, quella che ci aveva accolto e sostenuto e forse proprio perché estremamente riconoscenti per l’accoglienza riuscivamo a percepire meglio dei problemi, delle sbavature organizzative della città che un romano non avrebbe mai colto, perché Roma, un romano la ama a prescindere dal fatto se si presenti bella o brutta, sporca o pulita e quindi nemmeno si preoccupa di volerla migliorare. Il suo fascino imbonisce tanti, troppi cittadini, e fa abbassare la guardia nei confronti di certe cose che andrebbero e si potrebbero cambiare.
Quello che mi ha sempre colpito ed affascinato di Diaconale è stata la lucidità di analisi, il voler comprendere per poi decidere. L’ultima volta che l’ho incontrato, a casa di un caro amico comune, in occasione di una cena tra pochi liberali che non si sono mai arresi e mai si arrenderanno alla banalizzazione del dibattito pubblico e alla mancanza di soluzioni efficaci per i problemi odierni, parlavamo di come poter migliorare la diffusione delle idee liberali tra i più giovani, fermamente convinti che bisognasse ripartire da loro, per costruire una società più aperta e moderna di quella che questo Paese ha e che invece meriterebbe di avere.
Ci ponevamo domande, sulle cose odierne. Tante cose, forse troppe, sono accadute da quella cena ad oggi. E tante volte, dopo la sua scomparsa mi sono chiesta cosa si sarebbe chiesto Diaconale, e che risposta avrebbe ritenuto valida dare. Mancano le sue domande, mancano le sue analisi, e quel modo di guardarti attento, pronto a cogliere il guizzo intelligente, l’idea giusta, da portare avanti.
Se ne è andato via troppo presto, quando c’era ancora bisogno delle sue domande, delle sue analisi, del suo contributo di idee.  

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Aggiornato il 05 dicembre 2025 alle ore 11:59