Accade spesso, tra i liberali di accapigliarsi per l’aggettivo che può accompagnare la parola “liberale” o “liberalismo”. Parlando della Scuola di Liberalismo e del suo ideatore, Enrico Morbelli, scomparso improvvisamente lo scorso agosto, a cui verrà dedicato un evento commemorativo il prossimo 2 dicembre, ore 18, a Roma, presso la Sala Luigi Einaudi di Confedilizia, con tra gli altri Nicola Porro e Giovanni Orsina, a cui l’Opinione dedicherà ampio spazio ed al quale chi è a Roma è inviato a venire e a partecipare, l’aggettivo più coerente con il liberalismo incarnato da Morbelli è con ogni probabilità “ecumenico”.
Dal 1988, anno della prima edizione ad oggi, la vita e la scuola di Enrico Morbelli, hanno sempre accolto tutti, e nella sua famiglia liberale c’è stato posto per tutti (i liberali vicini e lontani). Ripercorrendo le tante edizioni della Scuola, ed i tanti “docenti” invitati a tenere lezione, c’è sempre stato spazio per tutti, anche per quelli che certi liberali, altri liberali che si sentivano più liberali degli altri non li consideravano, dando loro, come minimo del socialista.
Nel corso degli anni c’è stato anche qualche rifiuto di venire a fare lezione, da parte di taluni “puristi”, per questa storia del grado maggiore o minore di liberalità di ognuno, come se esistesse qualcuno legittimato a dare una sorta di patente liberale; ma lui, con un sorriso, ogni volta, semplicemente cancellava il nome dalla lista e chiedeva un altro nome con cui sostituire il declinatore liberale doc e purissimo.
Quello che la mia lunga esperienza affianco a lui per oltre 30 anni nell’organizzazione a vario titolo della Scuola di Liberalismo (credo di essere stata l’unica che ha ricoperto tutti i ruoli possibili: discente, docente, organizzatrice, direttrice ̶ a Sulmona ̶ e partecipato anche con borse di studio in un paio di edizioni. Fui quella che portò la Scuola fuori le mura di Roma, a Milano, per la precisione, nell’ormai lontano 1996) e dei tanti altri eventi di matrice e natura liberale da lui ideati e organizzati mi porta a poter affermare con assoluta certezza che grazie alla sua via ecumenica del liberalismo, migliaia di giovani, e meno giovani, si sono avvicinati alla cultura liberale. All’inizio a Roma, poi in molti luoghi in Italia, e a partire dal 2020 online, in un’unica edizione italiana che ha consentito la partecipazione anche di iscritti dalle isole minori. Tutti uniti dal desiderio di conoscere la cultura liberale. Un risultato che non mi pare i puri e duri siano mai riusciti a raggiungere. Già i liberali sono quattro gatti, ci si divide pure in fazioni, si rischia di dover usare le frazioni per contarli.
Si ragiona in questi giorni, sul dopo Morbelli, su come sarà o potrà essere la Scuola dopo di lui. Aveva, ha, ed avrà ancora ragione lui, il liberalismo non è un moloch granitico ed impermeabile, come certe ideologie politiche invece sono sempre state e saranno, anche se nel corso del tempo cercano di cambiare pelle e nome per apparire più allettanti.
Il liberalismo, essendo un metodo, consente di recepire sensibilità diverse che aiutano ad interpretare l’agire umano, rispettando l’individuo che è alla base della società. Nell’ambito di un’ampia gamma di posizioni, opinioni, riflessioni e condivisioni, c’è spazio per molti, ma ovviamente non per tutti.
La Scuola rimarrà attenta alle nuove sensibilità liberali che il passare del tempo farà emergere, continuando a raccontare anche il passato, perché siamo tutti figli della nostra storia. Sempre pronti al confronto ̶ civile ed educato ̶ senza presunzione di purezza, che lasciamo volentieri ad altri.
Forse essere liberale è proprio questo, rimanere integri esponendosi al confronto, chiari e lucidi nell’agire e nel pensare, senza indulgere a scorciatoie ideologiche che sono proprio l’antitesi dell’essere liberale.
Magari dinanzi ad un buon bicchiere di vino o un aperitivo, ed uno stuzzichino, rito a cui Enrico Morbelli non si sarebbe mai sottratto, perché oltre che ad essere un liberale ecumenico, era anche un bon vivant, e forse questa è la lezione più importante che si può apprendere, assieme al liberalismo, frequentando la sua Scuola.
ps: Enrico Morbelli era laziale, i figli sono romanisti. A chi gli chiedeva come potesse sopportare i derby in famiglia diceva sempre che dovendo scegliere cosa trasmettere aveva propeso per il valore ̶ fondante ̶ liberale rispetto alla fede calcistica. Quindi i figli avevano potuto scegliere la squadra del cuore, perché per lui tra essere liberale o laziale era più importante la prima accezione, e così si era impegnato affinché divenissero liberali. Pazienza per i derby.
Più ecumenico di così...

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Aggiornato il 28 novembre 2025 alle ore 11:09
