Al voto! E che il centrodestra sia compatto e liberale

È finita la stagione delle esitazioni, dei ripensamenti, dei giri di valzer. La prova elettorale si avvicina e il centrodestra deve assolutamente vincerla o il degrado dell’Italia diverrà inarrestabile. Una sinistra infatti, che, alle ubriacature dell’ignoranza compiaciuta che fa spacciar per buone le peggiori sciocchezze antiscientifiche, unisce un completo cinismo nella pura gestione degli affari di potere, può solo far precipitare ulteriormente la Nazione nel piano inclinato del declino da lei stessa avviato. Declino che è materiale, per le bestialità commesse nel campo dell’energia con l’opposizione al nucleare, alle trivelle e a ogni forma di autosufficienza energetica, per la super-pressione fiscale che drena risorse dal sistema produttivo per destinarle a un apparato in gran parte parassitario, per un’elefantiaca e poliziesca burocrazia dei controlli che complica la vita ai cittadini comuni e rende difficilissima la vita alle aziende.

Ma declino che è anche morale, con il vero e proprio “cupio dissolvi” che ha colpito le sinistre delle più varie intonazioni, con una tale aggressività nei confronti di tutto ciò che è tradizionale (a cominciare dalla “cancel culture”) da trasformarsi – visto che le lunghe tradizioni, se libere, divengono tali solo se rappresentative di valori naturali – in un rifiuto nichilista di qualunque ordine naturalmente esistente. E il tutto reso in più minacciosamente autoritario dal permanere di un sottinteso Stato Etico (anche se ormai per molti di loro inconsapevole) che fa della statolatria liberticida lo strumento di questa politica suicida, sì che a sinistra ormai non si fa che aggiungere divieto a divieto, tanto da far pensare a un esito finale “in cui tutto sia vietato, tranne ciò che è obbligatorio”.

Occorre, prima che sia troppo tardi per evitare danni strutturali e permanenti, che ci sia una rivoluzione di destra, di destra e liberale. Sì liberale, perché deve essere chiaro a tutti, dai leader al più giovane degli attivisti, che si vince o si perde, sia sul piano dei voti, che su quello dell’influenza e della credibilità internazionale, sulla conquista dello spazio e delle parole liberali. E comportarsi di conseguenza in quell’Occidente e in quell’Europa che, ci piaccia o no, ci condizionano fortemente, ma di cui, in un mondo di autocrazie religiose e di regimi comunisti aggressivi non vogliamo e non possiamo fare a meno, solo la destra “libertarian” (pur se anch’essa contestata) è ammessa. Quella di tipo hegeliano no, perché l’ordine mondiale, pur con le sue ingiustizie, è ancora fondato su di una legittimità che risale agli esiti del Secondo conflitto mondiale.

Ma è soprattutto in termini positivi che va vista la prospettiva. La libertà come motore creativo della Storia, la società aperta come ambito naturale in cui svilupparla, il giusnaturalismo come fondamento dei diritti inalienabili della persona, l’ottimismo della volontà per immaginare e costruire il futuro, sono non solo valori per cui vale la pena battersi, ma anche i soli che possono darci la vittoria. Nella nostra Italia, nel Mondo e per l’Italia nel Mondo. E allora noi della Lega e di tutto quel centrodestra di cui la Lega è l’elemento centrale, abbiamo non solo il diritto, ma il dovere di provare a vincere. Per noi e anche per tutti gli altri, inclusi gli avversari. Pur con tutte le contraddizioni e contaminazioni della storia complessa del Novecento, dal socialismo liberale alla destra autoritaria, il discrimine storicamente valido resta ancora quello della scelta delle posizioni nelle Aule delle nascenti assemblee parlamentari, quello tra destra e sinistra, tra libertà ed egualitarismo, tra Atene e Sparta, tra liberalismo e socialismo.

E se questo è vero un po’ in tutto il mondo, a parte la confusione terminologica dell’uso del termine “liberal” per i radical-socialisti americani e i goffi tentativi di settori della “gauche Caviar” di fingersi liberali (addirittura grotteschi poi quando riguardano personaggi come Guy Verhofstadt) è ancor più dirimente soprattutto in un Paese come il nostro che ha la sinistra più illiberale di tutto l’Occidente, anche perché non ha nelle sue radici un Bad Godesberg, ma il Partito Comunista italiano-Partito Democratico della Sinistra. E si vede. Il Liberalismo italiano, anche per il massimalismo storico della sinistra italiana, dei socialisti prima e dei comunisti poi, ha una storia essenzialmente di centrodestra, dalla “Destra Storica” di Camillo Benso conte di Cavour e Quintino Sella, a quella liberal-nazionale di Antonio Salandra e Sidney Sonnino, dal liberalismo assimilatore di Giovanni Giolitti al cattolicesimo liberale di don Sturzo, Alcide De Gasperi e Giuseppe Pella, dal liberalismo monarchico di Benedetto Croce e Luigi Einaudi, al liberalismo di Giovanni Francesco Malagodi e Antonio Martino.

Tutte esperienze nate in contesti diversi, ma di cui non è difficile vedere il filo di Arianna, il pensiero comune, l’appartenenza allo schieramento della destra democratica. Chi, come me, Cinzia Bonfrisco e molti altri nell’associazione culturale della Destra liberale italiana si riconosce nel leghismo liberale (e questo a partire fin da Giancarlo Pagliarini) non ha dubbi nel rivendicare, non solo alla Lega, ma a tutto il centrodestra, il patrimonio del pensiero liberale italiano, da Matteo Salvini (che sempre più spesso parla di “alternativa liberale”) a Silvio Berlusconi (che per primo usò con fortuna il termine Liberalismo di massa) fino ai centristi e a molti dei conservatori della destra di opposizione. E, d’altro canto, la pace fiscale con condono definitivo, il ripristino del rispetto della proprietà privata, l’abolizione delle restrizioni all’uso del contante, la Flat tax e la diminuzione delle imposte, la sburocratizzazione dell’Amministrazione, il rispetto delle libertà individuali, le garanzie di difesa del cittadino imputato, sono tutte istanze liberali che solo il centrodestra fa proprie, mentre la sinistra frena in tutti modi.

La rappresentanza puntuale in Europa e in tutti i consessi internazionali degli interessi italiani, la difesa dei nostri confini da un’immigrazione illegale, che, anche se provocata dall’estrema povertà, assume le caratteristiche di una invasione incontrollata, il riequilibrio della difesa comune sono di nuovo tutti valori tipicamente liberali. Nel liberalismo italiano Patria e Libertà si sono affermate assieme e questi sono valori che solo il centrodestra può meglio difendere, perché noi siamo europeisti e atlantisti da sempre. E non dobbiamo mostrarci supinamente arrendevoli, come fa una sinistra che deve farsi perdonare i decenni spesi contro l’Occidente e la costruzione europea. Un liberalismo di sempre, il nostro, che non può invece essere rivendicato dai piccoli nuovi partiti di centrosinistra che, pur se segnano tentativi encomiabili di ridar vita ad una sinistra riformista, sono pur sempre composti da ex esponenti di vertice del Partito Democratico-Pds, altro che liberali.

La battaglia per la conquista dei voti centristi sarà fondamentale per l’esito delle nuove elezioni. E noi, se guardiamo alla storia nazionale e al programma, siamo i più legittimati a ottenerli, se sapremo essere, consapevolmente, noi stessi: la coalizione della Libertà. Ai dubbiosi, agli incerti, agli stanchi, che però condividano con noi la convinzione che siano state le strategie della sinistra a creare questo stato di crisi permanente, ricordiamo che, se manchiamo quest’occasione, non avremo nuove opportunità in futuro di invertire la rotta. E a quelli che lamentano il loro ruolo o qualche scelta sbagliata del centrodestra, ricordiamo che comunque sarà sempre ben di più quello che ci divide dalle sinistre. Oggi è il momento di tener duro, senza esitazioni. Sulla testata de “Il Popolo”, il quotidiano di quella Democrazia Cristiana degasperiana, che, liberal-cattolica, non aveva dubbi sulla sua collocazione politica, stava scritto: “Portare tutto il popolo al governo di se stesso”. Per noi, oggi come allora, vuol dire lasciare in massimo grado i cittadini liberi di autogovernarsi. Vuol dire imporre solo le cose che davvero lo necessitino. Vuol dire autonomia e indipendenza. Vuol dire praticare la democrazia. Vuol dire la Libertà. Di tutti e per tutti.

Aggiornato il 23 luglio 2022 alle ore 10:10