M5S: una situazione frequente nel farsi del male

“Restiamo al Governo” ha dichiarato Giuseppe Conte al termine di giornate a dir poco convulse. “E anche oggi il Movimento esce dal Governo domani” ha commentato Alessandro Di Battista. L’impressione è che il presidente del M5S abbia voluto farsi del male. Lo diciamo senza alcuna cattiveria, beninteso. Ma che Conte stia inanellando una serie di passi falsi o quantomeno non calcolati, con andate e ritorno nel loro svolgersi in un contesto sempre più complesso nel quale la tecnica dello step by step è la più indicata e la meno rischiosa, conferma di nuovo l’antica – eppure crudele – massima del chi è causa del suo mal pianga se stesso.

Ed è tanto più vero questo proverbio quanto più il M5S tenti di sciogliersi da imbrogli da lui stesso voluti, con il pericolo, non astratto, di una crisi, la sua ovviamente, ai limiti di una vera e propria implosione. L’aver minacciato un giorno sì e l’altro pure una crisi (di Governo) che di per sé è un termine da maneggiare con cura, soprattutto in una situazione generale come l’attuale, e il successivo ritirarsi in buon ordine per dare un segno di responsabilità, è stata la conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, non soltanto delle contraddizioni ma della sostanziale non affidabilità di un Movimento che, al suo stesso fondatore, appare stremato, quasi dato per spacciato.

E come dunque dar torto agli sberleffi di Alessandro Di Battista? A leggere con un minimo di attenzione i movimenti contiani con il suo cahier de doléances presentato a Mario Draghi con una elencazione di punti che fa rimpiangere simili pagine della Prima Repubblica, si resta innanzitutto colpiti da quel senso – di irrefrenabile semplificazione delle situazioni complesse – prodotto da una nostalgia, non meno irrefrenabile, del posto perduto. Ossia quella presidenza del Consiglio a opera di Draghi che, nella convinzione di Conte, ha fatto e fa di tutto per smantellare il suo operato. E persino quel punto cosiddetto indiscutibile del reddito di cittadinanza sta perdendo quell’allure di irrinunciabilità, sommerso da una sempre più confusa serie di proposte, come la salvifica cabina di regia, che ne complicano una autentica applicazione che, va pur detto, non è di difficile attuazione, a parte quella sua retorica che è stata ed è la costante della politica all’italiana.

Il punto dolente e il più significativo dei frequenti stop and go di Conte – premesse di incalzanti défaillance – sta nel suo mancato controllo di un Movimento che, date le origini e senza dimenticare i giudizi del suo scomparso cofondatore, è per molti versi “incontrollabile e anarchico”, privo come è di veri e propri organismi interni, a parte la struttura parlamentare che costituisce una sorta di Comitato direttivo-esecutivo del quale, detto per inciso, si lamentano i mancati contributi da versare da parte di ogni parlamentare. Che, con questi chiari di luna, hanno ben altro a cui pensare, a cominciare dalla riduzione dei componenti di Camera e Senato, imposta proprio dal M5S e giustificata come una liberazione dalle antiche catene della politica clientelare. Appunto, come si dice: chi è causa del suo mal…

Aggiornato il 09 luglio 2022 alle ore 09:44