Forza Italia e la sindrome di Stoccolma

Adesso che la polvere delle polemiche seguite al fallimento del tentativo di fare un governo gialloblu si posa al suolo, possiamo osservare la scena con maggiore chiarezza. Altro che impeachment! Al Quirinale bisognerebbe chiedere i danni per ciò che ha combinato. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha fornito l’assist vincente all’asse Lega-Cinque Stelle per conquistare il Paese tra cento giorni, quando si tornerà a votare. I player stranieri interessati a mettere becco nelle nostre faccende e, soprattutto, preoccupati di non trovarsi in Europa interlocutori politici intenzionati a rimettere in discussione gli attuali assetti di potere, si preparano a giocare la partita sfruttando il deterrente dell’innalzamento dello spread. Un modo spiccio e brutale per dire: cari italiani, questo è solo un assaggio di ciò che potrebbe succedervi se non farete la cosa giusta.

Ora, il capo dello Stato non è un passante qualsiasi trovatosi per caso a prendere delle decisioni. Mattarella si presume sapesse delle conseguenze che si sarebbero abbattute sulle finanze pubbliche nel momento in cui avrebbe consegnato, come ha fatto, il Paese all’incertezza di un governo dei tecnici che non avrà il voto di fiducia del Parlamento. Quindi, delle due l’una: o il presidente ha preso una cantonata mostruosa oppure ha scientemente deciso di silurare il tentativo Lega-Cinque Stelle nella consapevolezza che si sarebbero determinate le condizioni finanziarie negative che si cominciano a profilare in queste ore, nel proposito di convincere gli italiani a cambiare idea sul voto ai populisti.

Comunque sia, Mattarella merita una bocciatura piena. Che la sinistra si sia precipitata ad ergersi a paladina del Quirinale non stupisce. Il Partito Democratico calcola di ottenere una presa di beneficio vestendo i panni del salvatore della patria di fronte al precipitare della crisi. Sorprende, invece, che anche nel centrodestra vi siano personaggi i quali si ostinano a osannare chi li bastona. Sarà la sindrome di Stoccolma che colpisce ancora. Era capitato con Giorgio Napolitano, sta ricapitando con Sergio Mattarella.

Ci domandiamo come sia possibile che da Forza Italia non arrivi la più dura e decisa presa di distanze dal Colle. A ben vedere, la sola parte lesa dalle ultime scelte del Quirinale è proprio il partito di Silvio Berlusconi. Del vantaggio concesso all’asse Lega-Cinque Stelle, che si prepara a vivere una campagna elettorale sugli scudi, abbiamo detto. Anche il centrosinistra ne trarrà un utile. Lo scivolamento del Movimento grillino verso posizioni sintoniche con la destra leghista provocherà il riflusso in direzione della casa madre di quell’elettorato di sinistra che aveva temporaneamente deviato per saggiare la novità della forza anti-sistema. Fratelli d’Italia è sempre più partito-testimonianza di una tradizione politica. Il motto di Giorgia Meloni potrebbe essere: piccolo è bello. Non sarà un problema per tale formazione mantenersi sopra la linea di galleggiamento del  4 per cento, magari sfruttando l’apporto di qualche sopravvissuto di “Noi con l’Italia” il quale non potendo più sperare di fare la quarta gamba del centrodestra potrebbe riciclarsi come stampella di Fratelli d’Italia.

Ma è Forza Italia a pagare il conto più salato: lo dimostrano tutti gli ultimi sondaggi. Il partito di Silvio Berlusconi avrebbe avuto bisogno di un tempo lungo di ricostruzione per ripensarsi dalle fondamenta nel tentativo di riconquistare quel blocco sociale che nel frattempo gli è sfuggito di mano. Il Game-over decretato da Mattarella ha troncato di netto questa possibilità. Scarsi tre mesi non bastano per invertire un trend negativo. Certamente la possibilità che il vecchio leone di Arcore sia di nuovo in pista sarà un valore aggiunto importante, che eviterà al movimento azzurro il rischio estinzione. Tuttavia, non basterà il tocco magico di Berlusconi per rimettere in equilibrio i rapporti di forza con la Lega. Salvini ha già cominciato ad alzare il prezzo della sua partecipazione alla coalizione del centrodestra. Quel ci-devo-pensare-su all’accordo con Forza Italia è tutto un programma.

Se intesa vi sarà il capo leghista la fonderà su alcune clausole vincolanti e inderogabili, prima tra le quali il sostegno alla candidatura di Paolo Savona a ministro dell’Economia del prossimo governo gialloblu. Salvini ha vinto su tutta la linea perché ha mostrato di possedere un bene raro per la politica: la coerenza. È quindi ragionevole ritenere che non si vorrà presentare agli elettori gravato dal sospetto di aver ingannato i nuovi partner pentastellati. La sua strategia in campagna elettorale sarà: “Il programma è quello contenuto nel contratto di governo sottoscritto con Luigi Di Maio, chi ci vorrà stare sarà il benvenuto”.

I numeri parlano chiaro: coagulare in un solo fronte tutti i voti non destinati al centrosinistra significa avere una maggioranza che supera il 60 per cento. È a questo bottino che il leghista punta per avere la maggiore legittimazione possibile per poi recarsi in Europa a negoziare la revisione dei Trattati comunitari da una posizione di forza. L’alternativa per Forza Italia non è rosea perché significa condannarsi all’irrilevanza. Alla luce di questo poco rassicurante scenario proprio non riusciamo a comprendere coloro che dall’interno del partito berlusconiano, lanciano i tweet “Io-sto-con-Mattarella”. Forse sarà vero l’antico detto che Dio acceca coloro che vuole perdere.

Aggiornato il 29 maggio 2018 alle ore 12:58