Ha ragione Marco D’Ottavi, quando su L’Ultimo Uomo ci dice che Robbie Avila non è solo un meme. Giocatore di Indiana State Sycamores – basket universitario – è la dimostrazione che anche chi ha brufoli e pancetta può beatamente fregarsene dei social e della perfezione estetica imposta dalla società. Avila, al secondo anno di college, negli ultimi tempi registra numeri così riassunti: “35 punti contro Evansville, 30 contro Southern Illinois, 22 contro la Uic, 23 contro Murray State”. A ciò si aggiungono 17,5 punti a partita, 4 assist e “quasi 7 rimbalzi”. Qualcuno lo paragona alla stella dei Denver Nuggets, Nicola Jokic. Aspettiamo i paragoni. Intanto godiamoci questo magic moment. Alla faccia degli addominali.
Non mancano nel mondo dello sport esempi di atleti che, se così vogliamo dire, non stanno troppo a guardare la bilancia e le diete da seguire. Qualcuno, andando avanti nella carriera, si lascia un po’ andare (vedi il Fenomeno Ronaldo, il brasiliano o il portiere gallese, Neville Southall) oppure non fa altro che aumentare i rimpianti (l’Imperatore Adriano, Eden Hazard o l’ultimo Antonio Cassano). Ma andando a spaccare il capello, sicuramente una menzione particolare la merita chi, lontano da palcoscenici prestigiosi o riflettori che mettono pressioni, fanno godere i propri tifosi. Uno di questi, per esempio, è Matthew Le Tissier, detto Le God, santo protettore dell’Hampshire e una vita – perché più di questa non è concessa – al Southampton. Oppure perché non citare Felipe Sodinha: un sinistro da favola che fa il paio con una condotta spinta da qualche vizio. A Brescia lascia tracce di puro talento.
Senza scomodare i mostri sacri del passato (Ferenc Puskás) in questa classifica merita un posto Adebayo Akinfenwa, 102 chili per un 188 centimetri di altezza. Detto The Beast, la Bestia: muscoli sì, ma con una linea non troppo “professionale”. Eppure, di gol ne segna a valanga. Perché non sempre ci vuole il fisico. Soprattutto quello socialmente accettato.
Aggiornato il 22 marzo 2024 alle ore 16:55