G7, energia e ambiente

Nei giorni scorsi, si è svolto l’incontro ministeriale dedicato ai temi ambientali ed energetici nella affascinante Reggia piemontese di Venaria, con la partecipazione non solo dei rappresentanti dei Paesi del G7, ma anche di delegazioni della Commissione europea e di alcuni Stati esterni. Si è trattato della prima occasione per i Paesi delle sette economie più forti del mondo (Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Usa) di sedersi allo stesso tavolo per discutere su quali debbano essere le prossime mosse da mettere in atto per promuovere politiche ambientali ed energetiche efficaci per accelerare il processo di decarbonizzazione in tutti i settori dell’economia e per soddisfare la crescente domanda elettrica globale, dovuta anche alle nuove esigenze domestiche, al boom del mercato dell’intelligenza artificiale e alle altre innovazioni digitali.

Dopo diverse giornate di dibattiti e di studi approfonditi in materia, le economie più avanzate del pianeta hanno sottoscritto una dichiarazione finale comune, con l’intento di raggiungere il “phase out” dell’utilizzo energetico del carbone (ad eccezione di quelle infrastrutture dotate di sistemi di cattura della Co2) entro il 2030 nelle economie avanzate ed entro il 2040 in tutte le altre regioni (in via di sviluppo), e di stabilire una serie di impegni come, ad esempio, l’aumento consistente della produzione elettrica da fonti rinnovabili e della capacità degli accumuli, la promozione di iniziative di ricerca e di sviluppo su tecnologie innovative per l’energia nucleare (anche quelle da fusione), la riduzione del 75 per cento delle emissioni globali di metano dalle filiere dei carburanti fossili, la creazione di una coalizione G7 dedicata all’acqua per affrontare la drammatica crisi idrica globale, il rafforzamento del modello di economia circolare, fondamentale per ridurre la pressione sulle risorse primarie e per svolgere un ruolo chiave nel mitigare gli impatti negativi dell’estrazione e della lavorazione delle stesse risorse e, infine, le politiche di contrasto all’inquinamento da plastiche, con particolare riferimento al mare e agli oceani.

Le crisi geopolitiche nell’Europa dell’Est, in Medio Oriente e nell’area sud-asiatica e, nello stesso tempo, la crescente domanda elettrica globale, obbligheranno sempre di più i Paesi del G7 e i loro sherpa a essere incisivi nell’adozione di politiche mirate al raggiungimento di una vera transizione energetica, tra il pragmatismo ambientale, la neutralità tecnologica e l’autosufficienza energetica. Cosa significa tutto questo? Dal momento che l’energia elettrica necessaria dovrà essere generata senza emissioni di Co2, è impensabile affidarci solamente alle tecnologie a bassa emissione intermittenti e non programmabili, come l’eolico e il solare, ma sarà fondamentale introdurre il mix migliore di tecnologie a bassa emissione e a zero emissioni, programmabili e variabili, con la minima occupazione di suolo e con altrettanti benefici economici, ambientali e sociali. Una di queste è l’energia nucleare (a fissione): una fonte pulita, sicura, abbondante e poco costosa, in grado di contribuire concretamente alla decarbonizzazione dell’economia e al relativo raggiungimento dell’obiettivo globale “zero emissioni Co2”, una possibilità che, tuttavia, l’Italia ha abbandonato da oltre 30 anni.

Il Belpaese era la terza potenza nucleare, aveva i migliori ingegneri e un grande patrimonio di competenze tecniche, e investiva nella ricerca avanzata in materia di progettazione di strutture di sicurezza. Oggi, lo Stato continua, invece, a comprare (nella totale ipocrisia) grandi quantità di energia nucleare prodotta a pochi chilometri dal confine francese, svizzero e sloveno, con un’opinione pubblica sempre più disinformata e abbindolata dall’ideologia dello pseudo ambientalismo, che confonde tossicità con radioattività o che pensa che le scorie siano diverse dai rifiuti. Per raggiungere gli obiettivi della competitività e dell’autosufficienza energetica, l’Italia non potrà rinunciare al nucleare e ai suoi evidenti vantaggi economici, ambientali e sociali.

(*) Presidente di Ripensiamo Roma

Aggiornato il 03 maggio 2024 alle ore 11:28