Sul piano globale, al Potere dominante interessa solo e soltanto creare conflitti ovunque, anche dentro noi stessi, nella nostra coscienza. Quindi, il Potere egemone opera sempre per innescare scontri violenti, provocare rabbia e odio, contrapporre in modo cruento le parti, dividere in fazioni inconciliabili tra loro e mettere in guerra ‒ in modo pressoché permanente ‒ le tifoserie ideologiche, religiose, dogmatiche, integraliste, economiche, sociali. Gli uni contro gli altri armati.
Alla Tecnocrazia, che è il Leviatano dei nostri tempi, infatti, interessa esclusivamente dominare, obbligare l’individuo ad obbedire supinamente o adeguarsi felicemente alla distruzione antropologica in atto. Lo scopo della Tecnocrazia è semplicemente quello di perpetuare se stessa e accrescere il proprio dominio. Questa ha come fine quello di sviluppare se stessa, assoggettare le genti, possedere le menti, irreggimentare i comportamenti e avere il controllo assoluto, totale e totalitario, sulle persone e sui popoli. A tal proposito, è inevitabile citare il grande poeta Pier Paolo Pasolini perché al nostro Leviatano interessa soltanto il proprio sviluppo, svilupparsi sempre senza alcun progresso umano. Del resto, la Tecnocrazia vuole soltanto imperare e, per esercitare tale Potere dominante, cioè per estendere il proprio impero, ricatta, spaventa, diffonde ovunque la paura, impone una vasta sudditanza dei cittadini alle logiche informatiche, robotiche, virtuali, artificiali, televisive, restrittive, liberticide, da remoto e gioca a dividere. Ma divide solamente per comandare, imperare e provocare reazioni odianti o rabbiose.
E che cosa sono le guerre se non l’apice atroce della tecnica che agisce attraverso l’uso delle armi? E che cosa sono le armi se non espressione violenta della tecnica? Ma la crisi che stiamo vivendo è crisi delle vecchie abitudini, delle certezze personali, dei nostri errori e di quelli degli altri, di come porre rimedio. È un cambiamento profondo che scuote le nostre presunzioni, le arroganze, la paura. È una crisi che riguarda il concetto stesso di democrazia, l’idea di partecipazione politica, il valore della rappresentanza. Ci sono armi di distruzione di massa e ci sono armi di distrazione di massa, agiscono all’unisono, ma l’ordine viene impartito sempre e comunque dall’alto e viene imposto, in entrambi i casi, dalla Tecnocrazia. È la logica tecnocratica che decide e che impone.
La prima conseguenza di tutto ciò è un’evidente crisi politica, che ha provocato una profonda crisi culturale e che ‒ a propria volta ‒ ha determinato una lacerante crisi esistenziale. A cominciare dai ragazzi, dagli adolescenti e dagli studenti, che sono le prime vittime di questo Potere autoritario. La Tecnocrazia, tra l’altro, conduce anche all’alienazione ed è così, nel vuoto di politica e di cultura, che si crea quel vuoto esistenziale in cui cresce la solitudine. E dalla solitudine emerge il bisogno di essere accolti, accettati, notati. Quindi, dalla solitudine emerge l’insoddisfazione, la frustrazione, la sofferenza, l’insofferenza, la paura, l’angoscia di morte. Tutte cose da cui poi derivano gli scontri fisici, la rabbia, l’odio, la violenza, le reazioni impulsive, le bestialità.
È una crisi politica, dunque, quella di oggi, che si fa sentire soprattutto sul piano istituzionale e sociale, ma che viene da una vera e propria crisi antropologica e culturale, civile e civica. È una crisi politica che colpisce soprattutto l’essere umano, l’umanità. Sull’esito di una tale trasformazione, tuttora in corso, non azzarderei previsioni: può andar bene e può andar male, può essere una crisi di crescita o, anche, un ennesimo rigurgito reazionario e illiberale. La risposta è politica. Anzi, la risposta è la Politica. In altre parole, questa crisi si supera soltanto attraverso il dialogo, con l’amore, agendo per gli altri, riassaporando il vivere con gli altri, creando armonie, sinergie, collaborazioni, intese, vicinanze. La risposta è la diplomazia, la solidarietà, l’incontro, l’abbraccio, l’umanità, la nonviolenza.
Di una cosa, perciò, sono sicuro: un problema di tale entità non si può risolvere limitandosi ad interventi tecnici o semplicemente adottando misure finanziarie, economiche e di bilancio e neppure con un esercito europeo comune. La risposta alla Tecnocrazia non può che essere democratica, liberale, aperta alla libertà di scelta, all’amore, alla non violenza. Siamo di fronte a qualcosa di più grande e di più profondo. Siamo di fronte a qualcosa che gli attuali partiti non hanno capito o non vogliono capire perché, altrimenti, dovrebbero anche ammettere il loro totale fallimento, salutare gli astanti e chiudere i battenti. Perché viviamo tutti sotto un Regime tecnocratico.
Lo vado ripetendo da anni e anni: il progresso si fa con la politica non con la tecnologia. Quindi, la domanda resta: dov’è la Libertà? È una risposta che va data, è una questione che va approfondita. Ne parleremo prossimamente. Promesso.
Aggiornato il 29 aprile 2024 alle ore 15:52