Agenzie di stampa  e Sky: dure vertenze

Due scioperi nell’editoria hanno caratterizzato il fine settimana appena trascorso. Due vertenze di spessore diverso: quella dei giornalisti di Sky Tg24 e del personale di Sky Italia e quella dei dipendenti delle agenzie di stampa.

Forme di protesta che riflettono, comunque, il modo di operare delle società multinazionali e le conseguenze dell’applicazione di alcune norme in ordine europeo. In entrambi i casi le chiusure di dialogo e di discutere misure alternative sono nette. Ancora una volta, pertanto, lo sciopero è diventato l’ultima arma da gettare in campo da parte dei giornalisti. I disagi così sono stati ampi perché le giornate dell’astensione dal lavoro coincidevano con grandi eventi a livello mediatico: la celebrazione a Roma dei 60 anni dei Trattati, i quattro cortei di manifestazioni pro e contro, la visita di Papa Bergoglio a Milano, i risvolti dell’attentato di Londra.

In Sky il braccio di ferro dura dalla presentazione da parte della multinazionale dei media di un piano industriale che i dipendenti hanno chiamato “lacrime e sangue”. Negli ultimi due mesi il braccio di ferro si è inasprito mano a mano che sono emersi i contenuti dell’operazione. Per il Tg24 si tratta di 120 esuberi e 300 trasferiti su 600 addetti e lo spostamento del telegiornale da Roma a Milano. Per quanto riguarda la riorganizzazione degli amministrativi l’azienda prospetta 194 esuberi e 378 trasferimenti da Roma e Cagliari verso Milano. Come si può osservare, i cambiamenti sarebbero profondi e coinvolgerebbero anche la sorte delle rispettive famiglie. Persino il Papa ha ritenuto opportuno esprimere l’augurio “di una rapida soluzione nel rispetto dei diritti di tutti, specialmente delle famiglie”.

Il piano industriale presentato da Sky presenta aspetti di politica aziendale drastica per quanto riguarda i costi, dal momento che verrebbe privilegiato il polo di Santa Giulia a Milano e la concentrazione dell’attività giornalistica nella metropoli lombarda. Sul piano giornalistico lo spostamento, sostengono la Fnsi e le Associazione di stampa del Lazio e della Lombardia, ha aspetti negativi essendo la Capitale il centro dell’attività politica, delle ambasciate, delle sedi dei partiti e delle organizzazioni sindacali. In sostanza, la massa di informazioni che si raccoglie a Roma non ha paragoni.

Nel corso di varie assemblee di questi ultimi due mesi i giornalisti e i dipendenti hanno ritenuto “inaccettabile” la dichiarazione di esuberi a fronte di un piano di investimenti di 29 milioni di euro. I sindacati hanno chiesto, pertanto, di affrontare il problema dell’occupazione partendo dalla centralità del lavoro. Ridiscutendo la questione trasferimento e riorganizzazione. L’azienda ha risposto che il piano non si modifica ma che c’è l’apertura per un pacchetto di incentivi e misure di sostegno per coloro che accetteranno la proposta entro il 30 aprile e compensazioni per chi non l’accetterà. A questo punto scattano le teorie della multinazionale sulla “social mitigation”, sulla concessione di bonus e di “relocation”. Una serie di provvedimenti per far digerire la pillola di tutti a Milano con 314 esuberi. Il trasferimento dovrebbe comunque avvenire entro il primo novembre del 2017, con i primi tre mesi con il trattamento di trasferita comprensivo di tutte le indennità. Dopo il terzo sciopero dall’inizio della vertenza, la prospettiva resta incerta.

Complessa è la seconda vertenza dello scorso fine settimana. È stato il primo sciopero nella storia dell’editoria italiana all’interno del settore dell’informazione primaria, cioè delle agenzie di stampa. Ottocento giornalisti rappresentati dal Coordinamento dei comitati di redazione di 14 testate si sono astenuti dal lavoro in un giorno chiave per l’informazione. Il silenzio dei notiziari è grave perché su di essi poggia l’intero sistema dell’informazione italiana, dall’Ansa all’AdnKronos passando per l’Agi e le agenzie minori. Perché si è giunti allo sciopero? Sotto accusa il ministro Luca Lotti, che avrebbe rifiutato di convocare un incontro per discutere di soluzioni alternative al bando di gara europeo per il settore. Cosa significa? Secondo i sindacati “le gare europee, peraltro imminenti, mettono a rischio la sostenibilità e in alcuni casi la sopravvivenza delle aziende e delle redazioni, compromettendo il pluralismo dell’informazione e la salvaguardia degli interessi dell’informazione primaria italiana rispetto ai grandi gruppi editoriali stranieri”.

Sono circa due mesi che si tenta di capire meglio le conseguenze di un provvedimento della Comunità europea. Tutto parte dalla direttiva Bolkestein recepita dall’Italia nel 2010 per garantire la libera circolazione dei servizi e l’abbattimento delle barriere tra gli Stati. Il problema è come gestire il bando per alcune concessioni pubbliche. Per gli ambulanti, gli artigiani e per gli stabilimenti (beni demaniali), dopo le proteste, le gare sono state rinviate al 31 dicembre del 2018.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:44