Quando Arturo Diaconale bocciò la nomina di Verdelli

Come la politica si è ripresa la Rai (Feltrinelli) è un libro di Carlo Verdelli, direttore di Repubblica, vice direttore del Corriere della Sera e di Epoca e quindi primo direttore editoriale per l’offerta informativa di Viale Mazzini da novembre 2015 a gennaio 2017. Il libro è uscito nelle librerie nel marzo del 2019. Insospettabile quindi di favoreggiamenti verso la destra. Salito al settimo piano di Viale Mazzini crea una propria squadra, ingaggia tra gli altri Francesco Merlo di Repubblica e prepara un piano per l’informazione. Verdelli entra in collisione con Monica Maggioni, la giornalista del Tg1 diventata presidente della Rai, l’Usigrai non gradisce la nomina ma è Arturo Diaconale che, con il suo modo franco e tranciante, stronca la decisione. Arturo Diaconale è l’unico consigliere, scriveranno i giornali, che vota contro la nomina.

Perché? L’argomentazione è semplice risponde il direttore dell’Opinione: “Verdelli venendo dal Corriere della Sera e avendo collaborato con Repubblica è espressione di un certo tipo di rapporti con due lobby molto forti, la Fiat e De Benedetti che sono i due puntelli principali del premier Matteo Renzi”. Un Verdelli folgorato sulla via della Val di Chiana e cioè un renziano della seconda ora. Verdelli aveva anche proposto di far tornare Gad Lerner e Michele Santoro, la volontà di inserire nel piano editoriale per l’offerta informativa una Newsroom Italia, la nascita di TgSud e il trasferimento del Tg2 a Milano. Le polemiche derivate dalle anticipazioni dell’Espresso portano alle dimissioni di Merlo (“non ci sono le condizioni per portare a termine il compito che mi era stato offerto”) e a seguire si dimette anche Verdelli il 3 gennaio 2017 dopo un Consiglio informale.

Verdelli si vendica scrivendo con gli occhi di ex direttore di veti, fuoco amico, lobby, intrighi. Attribuisce al vicepremier Luigi Di Maio l’intenzione di “mettere le mani sulla Rai, farla ripartire per una sfida che dovrà essere combattuta dal presidente Marcello Foa e dall’amministratore delegato Fabrizio Salini”, amici evidentemente del Movimento 5 stelle. Ecco allora il titolo del libro: La politica si è ripresa la Rai. E Telemeloni dov’era? Vediamo cosa scrive una giornalista osannata dalla sinistra progressista? In una paginata del Corriere della Sera del 16 luglio 2018 Milena Gabanelli (ex Report su Rai 3 di Angelo Guglielmi) scrive: “La più grande azienda culturale del Paese è rimasta invischiata nelle clientele e nelle inefficienze di sempre. Mamma Rai impiega 13.058 dipendenti, di cui 1.760 giornalisti divisi in 8 testate: Tg1, Tg2, Tg3, Tgr, Rainews 24, il Giornale Radio, Rai Parlamento e Rai sport. Il contratto giornalistico Rai è il più blindato d’Italia: il costo azienda medio è di 200mila per ciascuno dei 210 capiredattori, 140mila per i 300 capiservizio, 70mila per i neoassunti”. Nel mondo nessuna tivù pubblica ha tanti telegiornali nazionali. Un’anomalia che risale ai tempi della lottizzazione: a ogni partito la sua area d’influenza. Questa è la Rai che ha effettuato tanti giri di giostra a partire dal grande cronista Vittorio Veltroni (padre di Walter), da Willy de Luca a Biagio Agnes con la protezione del fanfaniano Ettore Bernabei, senza dimenticare il socialista Enrico Manca e i comunisti Antonio Tatò e Sandro Curzi.

Aggiornato il 24 aprile 2024 alle ore 11:15