L’Africa sta velocemente procedendo verso un riassetto geostrategico, dove, specialmente Russia e Iran, stanno sostituendo la presenza dei Paesi ex colonialisti occidentali. L’articolazione di questa dinamica, che abbraccia tematiche fondamentali per la sicurezza, per l’economia e per la politica sia interna che internazionale, si riscontra soprattutto nell’area sahariana, saheliana e nel centro Africa in generale. Il Sudan, una nazione strategica dell’Africa centro orientale, è stato uno dei Paesi che nel 2020 ha iniziato il processo di normalizzazione dei rapporti con Israele, fattore di rilevanza geopolitica elevata. Dall’aprile 2023 è spaccato da una guerra civile che contrappone l’esercito regolare, guidato dal generale Abdel Fattah Abdelrahman Al-Burhan, ai paramilitari delle Fsr, Forze di supporto rapido, guidate dal suo ex vice, il generale Mohamed Hamdan Daglo. Entrambe le fazioni hanno commesso crimini di guerra, tra questi il bombardamento indiscriminato sui civili che ha provocato decine di migliaia di morti e più di dieci milioni di sfollati, molti dei quali entrano a far parte di quella emigrazione che dalle coste mediterranee africane si dirige verso l’Europa.
Le Nazioni unite a fine giugno hanno elaborato un rapporto nel quale si sostiene che oltre venticinque milioni di sudanesi, ovvero più della metà della popolazione, sta subendo una delle più pesanti crisi alimentari mai riscontrate, trascinando la popolazione in una delle peggiori crisi umanitarie degli ultimi tempi. La situazione è aggravata dall’interruzione della maggioranza delle operazioni umanitarie, che le agenzie hanno dovuto sospendere a causa dell’enorme rischio causato dalla guerra tra fazioni armate. Tuttavia in questo drammatico scenario le iniziative diplomatiche del generale Al-Bourhane assumono maggiore significato in quanto aprono spazi di negoziati e cooperazione con nazioni che erano inserite nella lista degli “indesiderabili”, in questo caso con l’Iran. Infatti, Khartoum aveva interrotto le relazioni con Teheran nel 2016, per solidarietà con l’Arabia Saudita che aveva subito un attacco nella sua ambasciata a Teheran, dopo che la giustizia saudita aveva condannato a morte un importante religioso sciita.
Il generale Al-Bourhane, capo dell’esercito, ma di fatto sovrano del Sudan, il 21 luglio ha ricevuto l’ambasciatore iraniano, inviando il proprio rappresentante diplomatico Abdelaziz Hassan Saleh, designato nuovo ambasciatore, a Teheran. Questo scambio ha tracciato il riavvicinamento tra i due Paesi dopo otto anni di assenza di relazioni. Il nuovo ambasciatore iraniano a Karthoum, Hassan Shah Hosseini, è stato ricevuto da Al-Bourhane sulle rive del Mar Rosso a Port Sudan, sede del Governo. Il sottosegretario al Ministero degli Affari Esteri sudanese, Hussein Al-Amin, ha dichiarato che l’incontro ha segnato una nuova fase nelle relazioni tra i due Paesi. Dal 2016 anche diversi alleati sauditi nella regione avevano interrotto le relazioni con l’Iran; ma Riyadh e Teheran nel 2023, con discreto sconcerto generale, hanno ripreso i contatti e la situazione è cambiata. La sorpresa di questo riavvicinamento si declina in un riassetto delle nazioni che hanno appoggiato i due contendenti. Dall’inizio della guerra civile iniziata nell’aprile 2023, infatti, molte di queste potenze straniere hanno sostenuto i due campi rivali. Brevemente: Egitto e Turchia hanno sostenuto l’esercito regolare sudanese di Al-Bourhane, che intanto ha espulso i diplomatici degli Emirati Arabi Uniti perché accusati di rifornire armi i paramilitari delle Rsf. All’inizio 2024, Washington ha accusato Teheran, nemico giurato, di avere fornito armi all’esercito regolare sudanese. Ma di recente il Governo sudanese si è avvicinato anche alla Russia, considerando che le forze ribelli delle Rsf da anni cooperavano e venivano addestrate dai mercenari russi del Gruppo Wagner, oggi Africa corps.
Quindi un riavvicinamento tra il Governo del re-generale Al-Bourhane con Russia e Iran, due pedine strategiche della crisi quasi globale in atto. Tuttavia, occorre tenere presente che il Corno d’Africa ha una strategica centralità per la stabilità della regione. Il Sudan, ora che ha aperto relazioni con Russia e Iran, ha possibilità di prendere il sopravvento sulle forze del Rsf; ma il tutto va letto in un riequilibrio geopolitico dove il Brics+ ha un ruolo centrale. L’Etiopia, membro Brics+, nonostante la crisi interna con il Tigray, è una fonte di stabilità della regione: traggono vantaggio Paesi come Sudan, Sud Sudan Eritrea, Somalia; ma anche Egitto, altro membro Brics+, che rappresenta uno snodo importante per la Nuova Via della seta. Secondo i dati delle associazioni umanitarie la guerra civile in Sudan ha provocato almeno 150mila morti, costretto oltre 10 milioni di persone a fuggire all’interno del Paese e oltre i confini. Queste nuove relazioni con l’Iran, Paese dallo spirito destabilizzante e lo spostamento della Russia verso il Governo, potrebbero stabilizzare il Sudan agevolando il controllo sull’Africa centrale a scapito dei Paesi occidentali, Usa in testa. L’Africa è considerata da Mosca uno dei suoi fronti di guerra nel quadro della crisi con l’Ucraina; e l’Iran, cobelligerante soft della Russia, con questa operazione diplomatica pone un’altra pedina strategica sullo scenario internazionale.
Aggiornato il 02 agosto 2024 alle ore 11:04