Ormai le persone lo ammettono candidamente: “Che palle queste soste del campionato, ma chi se ne frega della Nazionale di calcio”. Nel quotidiano, purtroppo, tutto può finire, all’improvviso, persino le vite. Nel caso degli Azzurri, la love story con l’audience televisivo è finita con l’avvento delle pay-tv. Tale e tanta è stata l’offerta televisiva del pallone negli ultimi 20 anni da far passare in secondo piano i dolori esistenziali del non più giovane commissario tecnico, Roberto Mancini, nonché di tutti i suoi referenti a livello Figc o Coni.
Semplicemente la Nazionale è rimasta fuori da ogni gioco, come i dinosauri prima dell’ultima glaciazione, che se li è portati via. E l’unica consolazione è che lo stesso fenomeno, indotto dalla globalizzazione dell’offerta del calcio in tv, si potrebbe notare anche per le squadre di altri Paesi, persino sudamericani, come Brasile o Argentina.
I Mondiali che si svolgono ogni quattro anni o gli Europei – stessa periodicità sfalsata di due anni rispetto all’altra competizione – non sono più eventi attesi ma tristi incombenze. La gente vive per la Champions League, ogni anno, e per i rispettivi campionati di massima serie, con un occhio di riguardo per la Premier League, la Liga e la Bundesliga oltre che per la Serie A italiana. Mettiamoci pure il fatto che le squadre di ogni Stato sono zeppe di top player di altri Paesi e si vedrà – e si constaterà – come l’effetto “orgoglio della Patria calcistica” si sia di fatto diluito come quello di un bicchiere di vino rosso in un litro di acqua minerale.
È un bene? È un male? Vattelappesca. È così e basta. Le persone che guardano la Nazionale rispetto a quelle che si mettono davanti alla tv per vedere El Clásico tra Barcellona e Real Madrid o il derby Lazio-Roma o partite come Napoli-Milan o Inter-Juventus sono ormai un’infima minoranza. Non è quindi un caso se i match della Nazionale se le sia presi tutti la Rai. Alle altre emittenti televisive degli Azzurri, in occasione dei Mondiali, frega un po’ meno di niente. E quindi non partecipano alle gare per i diritti. Oppure lo fanno con offerte insignificanti.
Come se questo trend di per sé non bastasse, i Mondiali nel Qatar hanno dato il colpo di grazia. Siamo riusciti a dare visibilità mediatica a uno Stato in mano ai fratelli musulmani, che sfrutta i lavoratori fino alla tomba e che, in passato, è stato sospettato di essere uno dei primi sponsor del terrorismo islamico. Adesso, quindi, le soste per le qualificazioni agli Europei servono solo ai giocatori dei club per riprendersi dagli infortuni, mentre gli spettatori compulsivi di calcio ne approfittano per dedicare un po’ di tempo a mogli e figli. Giusto il minimo sindacale.
Aggiornato il 27 marzo 2023 alle ore 16:39