Il “metodo Renzi” e il Cavaliere picconatore

Chiunque in queste ore brindi per il successo lampo ottenuto con l’elezione di Ignazio La Russa al Senato, non ha veramente capito una fava.

Qualche tempo fa, Matteo Renzi ha dichiarato che più di qualcuno gli aveva già chiesto di far cadere il Governo, arte in cui l’ex sindaco di Firenze eccelle. È evidente che il leader di Italia Viva, per gli osservatori internazionali “Mister schishhh”, si sia messo al lavoro, coadiuvato in questo da pezzi del Partito Democratico che probabilmente non rispondono più a Enrico Letta, l’ormai ex “occhi di tigre”.

Non ci vuole un retroscenista bravo per comprendere la manovra: l’intenzione di Silvio Berlusconi era quella di bloccare l’accordo sulla presidenza del Senato fino a quando Giorgia Meloni non avesse ceduto sul nome di Licia Ronzulli sulla cui enorme competenza lo stesso Silvio è pronto a garantire in prima persona (sob). Favorendo l’elezione di Ignazio La Russa con voti di madre ignota, la suddetta madre poco seria ottiene due enormi effetti. Il primo è quello di generare una vistosa figura di melma per il centrodestra corroborando la tesi di una coalizione spaccata, litigiosa e dilettantesca. Il secondo è quello di esasperare i rapporti interni alla coalizione perché, se da un lato Silvio Berlusconi dovrà spiegare ai suoi la mancata forza contrattuale costringendolo ad alzare i toni, dall’altro la situazione spingerà inevitabilmente Giorgia Meloni a fare asse con la Lega forte di uno schema apparentemente vincente. Questa bullizzazione di Forza Italia ha l’unico effetto di creare una prima lacerazione nel centrodestra. Come si poteva prevedere, quella stessa mamma ignota che ha aiutato Ignazio La Russa a vincere la sua partita al Senato, non ha fatto la stessa cosa a Montecitorio, lasciando che la lacerazione prodotta al Senato si allargasse per tutta la giornata precedente all’elezione di Lorenzo Fontana alla presidenza della Camera. Così, quel vaffa di Berlusconi rivolto a La Russa a Palazzo Madama è diventato qualcosa di più consistente anche se nascosto dietro l’unanimità di facciata vista a Montecitorio. Questo squarcio diverrà qualcosa di permanente al momento della formazione del Governo allorché Silvio vedrà frustrate le sue manie alla Caligola (colui che fece senatore il suo cavallo).

E così Silvio Berlusconi, tarpato nella sua convinzione di voler esigere tutto con il potere di interdizione e deriso per aver preteso che Licia Ronzulli potesse partecipare al G8 non in qualità di hostess, si trasformerà nel nuovo picconatore della coalizione. E la storia, così, avrà fatto il suo giro beffardo: una volta era Silvio Berlusconi quello picconato per questioni personali (da Umberto Bossi, da Marco Follini, da Gianfranco Fini) mentre invece adesso terminerà la sua parabola politica nei panni del picconatore. E Matteo Renzi, il grande regista dell’operazione, potrà vantarsi un’altra volta con gli amici al bar rivendicando il fatto che a logorare la maggioranza non sia stato Renzi in persona ma che di per contro sia stato utilizzato il sempre valido “metodo Renzi”.

Spiace davvero che la cultura politica e la tattica parlamentare proprio non riescano ad attecchire in un centrodestra a cui è riuscito così facile farsi fare il bunga-bunga alla prima occasione utile.

Aggiornato il 16 ottobre 2022 alle ore 08:48