Una democrazia minore: le responsabilità del Quirinale

Condivido nel merito e nella sostanza quanto scritto da Cristofaro Sola nell’editoriale “Così parlò Ignazio Visco”. Si deve chiudere definitivamente la lunga stagione dei tecnocrati che guidano i governi nel nostro Paese. È una ferita che sanguina quella della democrazia avallata o addirittura promossa dagli ultimi inquilini del Quirinale. La guida dell’Esecutivo deve essere sempre e comunque la manifestazione della volontà popolare, in quanto la presidenza del Consiglio dei ministri rappresenta la massima espressione del potere politico. Lo stesso ministro dell’Economia e delle Finanze deve essere necessariamente un politico, poiché rappresenta il responsabile della politica economica adottata dal Governo di fronte al Parlamento.

Perché indicare un tecnico al Tesoro quando paghiamo, come contribuenti, i dirigenti del ministero dell’Economia? Il primato è della politica! Invece, in Italia, nei governi presieduti da tecnocrati e nei dicasteri chiave vengono nominati altri tecnici. La responsabilità di una democrazia minore è addebitabile agli inquilini del Colle più alto degli ultimi vent’anni. I poteri del Presidente della Repubblica si ampliano e si restringono a seconda del momento politico. Più è debole e frantumata la politica, maggiori saranno i diritti motu proprio che si assegneranno i capi dello Stato.

Oscar Luigi Scalfaro fu protagonista della caduta del primo Governo di Silvio Berlusconi: seppe sfruttare, infatti, le insofferenze dell’allora segretario politico della Lega Nord, Umberto Bossi, che ritirò il suo sostegno all’Esecutivo. Scalfaro promosse e realizzò il cosiddetto “Governo del Presidente”, composto solo da tecnici e presieduto da Lamberto Dini. Giorgio Napolitano, invece, utilizzò la leva di Gianfranco Fini obnubilato dal successo elettorale di Alleanza Nazionale. “Re Giorgio” preparò la crisi politica con il concorso della cancelliera tedesca, Angela Merkel e del presidente francese, Nicolas Sarkozy. Poi ha nominato senatore a vita il professor Mario Monti e subito dopo lo ha indicato come presidente del Consiglio dei ministri. Sulla scia dei suoi predecessori, Sergio Mattarella ha chiamato Mario Draghi a presiedere un Governo tecnico-politico nella forma, ma compiutamente tecnico nella sostanza. I ministeri chiave sono stati assegnati a tecnocrati di fiducia di Draghi.

Lamberto Dini ebbe un momento di gloria con la prima riforma delle pensioni: molto generosa per alcuni e fortemente penalizzante per altri. Il professor Monti fu considerato dalla stampa come il salvatore della Patria. L’uomo del loden ci ha lasciato un’imposizione fiscale sugli immobili tra le più alte del mondo e la riforma delle pensioni di Elsa Fornero. Mattarella ha individuato come uomo della Provvidenza il banchiere Mario Draghi. E, come i tecnocrati che lo hanno preceduto, non lascerà un’impronta indelebile della sua presidenza. L’imperativo è il ritorno alla politica, impegnando la legislatura per la riforma delle riforme, ovvero l’elezione diretta del Presidente della Repubblica o del capo del Governo!

Aggiornato il 13 luglio 2022 alle ore 10:04