Il corpo-soggetto: un paradigma liberale/26

La politica dell’emergenza e l’aggressività del corpo soggetto

Come abbiamo già accennato, durante il viaggio del corpo-soggetto, eravamo giunti a parlare di una biforcazione fenomenologica relativa al passo successivo al conseguimento dell’identità corporea soggettiva: da una parte, infatti, il corpo giunge ad una sessualità che si connota di relazione affettiva a livello individuale, dall’altra giunge allo sviluppo di una piena socialità, diffusa ed accettabile.

Non è questa la sede per descrivere il passaggio dall’individuo, colto nei suoi bisogni primari e secondari, alla costruzione della comunità e poi della società. Non è la sede, cioè, di trattare della divisione del lavoro, della costruzione e cristallizzazione di istituzioni nelle quali verranno a svolgersi le varie funzioni economiche e sociali, secondo i vari modelli escogitati dalla sociologia e dall’economia, per spiegare lo sviluppo della convivenza umana, fino all’età contemporanea.

Come si è detto, infatti, una volta espresso l’idealtipo del corpo-soggetto, lo si potrebbe far interagire con il cosiddetto homo aeconomicus ‒ per il quale la propria utilità, la razionalità e il soddisfacimento del bisogno e del desiderio, motivato da un interesse, debbano guidare le proprie esperienze sociali ‒ o con l’homo politicus, paradigma di cui ci serviremo, invece, nella seconda parte del nostro lavoro.

Abbiamo infatti potuto constatare che esiste una percezione prevalente della propria corporeità – l’avere o l’essere – ma che entrambe convivono in ciascuno di noi, e questo è evidente anche una volta che ci si avventura in una relazione. Ebbene, nel quotidiano, nella routine ordinaria, queste due modalità non hanno mai creato grandi problemi a nessuno: i due idealtipi del corpo-soggetto e del corpo-oggetto che si muovono e si realizzano nel mondo, possono andare avanti affiancati, oltre che nello stesso individuo, anche tra due individualità che si incontrano banco a banco, porta a porta, tavolo d’ufficio a tavolo d’ufficio, senza grandi strappi e senza conflitti straordinari.

Si tratta pur sempre, ripetiamo in tempi normali, di una banale distinzione. Lo si può notare nel diverso modo di fare i genitori. Certe mamme o papà lasceranno che il corpo dei loro figli si lanci in lunghe piste sugli sci a 6 anni, o in corse in motorino sin dai 14 anni, oppure non insisteranno troppo nelle raccomandazioni tipo “metti la maglia di lana”, e “prendi l’ombrello”; altri, scientemente, impediranno loro fin da piccolissimi, di giocare con la terra o li forniranno di pantofole con il pelo per non fargli prendere l’umidità. Poi li vaccineranno più del dovuto, o li bacchetteranno se solo si sfiorano le parti basse del corpo.

Nel far questo, gli uni e gli altri, ripeteranno molti actings da loro seguiti, o cercheranno di trasmettere ai figli le loro regole, esattamente come hanno sempre fatto con il loro corpo, o, a contrario, cercheranno di non fare come i loro genitori, di comportarsi insomma secondo un modello opposto a quello messo in atto nei loro confronti. Altri genitori, più consci di quanto non è andato bene nella loro adolescenza, adotteranno principi propri, frutto di riflessione e attenta analisi, al di là del fatto che fossero o meno contrari a quanto appreso direttamente dalla loro esperienza.

Questo atteggiamento, di rilevanza familiare, costruisce corporeità e habitus corporei che nell’espressione della socialità risulteranno in generale differenti, lasciando sempre aperta la possibilità che ciascuno possa per determinati motivi personali, che abbiamo già illustrato, modificare la “percezione prevalente”.

Insomma, in definitiva, le diadi comportamentali e percettive in gioco possono essere tante: permissivismo-controllo, libertinismo-seriosità, moralità-immoralità, egoismo-altruismo, inibizione-esibizionismo, introversione-estroversione e molto altro. E valgono tanto per sé stessi, quanto per le persone a cui teniamo o che da noi dipendono (rimando poi a quanto sopra scritto precedentemente sulla famiglia). 

Come abbiamo già detto, le due percezioni ‒ o le due modalità con cui condurre la nostra esistenza ‒ di cui qui si tratta, può andare avanti per decenni affiancata, senza grandi strappi. Ma le cose cambiano in tempi di crisi e di emergenza, quando il Potere si fa alleato con i corpi-oggetto, o quella parte di noi che accetta lo stato di corpo-oggetto.

Le cose, dunque, cambiano quando la socialità si svolge e realizza fuori dalle routine della consueta quotidianità sociale. E nulla negli ultimi anni è stato più critico e dirompente in questo senso della cosiddetta politica dell’emergenza messa in atto da Potere. Questo ha davvero cambiato il panorama delle certezze acquisite dal mondo occidentale.

La finestra di Overton

Introdurremo meglio la cultura dell’emergenza nella seconda parte del lavoro, quando vedremo come, cioè, sia in atto da decenni, da parte del grande Potere impersonale, una escalation aggressiva che si muove contro tutte le istanze, i principi, le modalità con le quali il corpo-soggetto, da sempre, costruisce e realizza il proprio viaggio per diventare quel che è.

Quel che ci interessa esporre qui è il fatto che l’interruzione della normalità e della quotidianità, creato dalle grandi emergenze esplose nelle società occidentali negli ultimi trent’anni (e probabilmente in molti altri periodi storici), espone le persone a una scelta di campo che le conduce al conflitto.

Chi si percepisce soggetto, inteso come individuo autosufficiente, si ritroverà intriso in momenti, ricorrenti e ripetuti, di grande dubbio: un improvviso smarrimento, davanti alle scelte da compiere nella propria quotidianità. Con questa affermazione esplicito l’esperienza sequenziale che il corpo-soggetto vive: emergenza (messa in discussione della normalità) – dubbio – ricerca delle motivazioni e delle implicazioni – spiegazione – reazione all’emergenza.

Chi si percepisce oggetto vive qualcosa di molto diverso. Non vi è in lui consapevolezza che si tratti di una “ennesima” emergenza, il che comporta una cancellazione della normalità. L’emergenza viene affrontata immediatamente come una nuova realtà, che non ha a che fare con la precedente emergenza, e che presenta tutta una serie di caratteristiche complesse, che vengono automaticamente accettate dal corpo oggetto. Ciò presuppone un adeguamento immediato a tale realtà, secondo quello che il sistema (Governo, sistema mediatico, autorità) suggerisce. Quando la maggioranza delle persone si sono adeguate, quella che appariva essere una emergenza è divenuta la nuova normalità. Si tratta della cosiddetta Finestra di Overton, dal nome del sociologo che l’ha esposta per primo e su cui la letteratura contemporanea abbonda. 

Overton parla di nuove idee, immesse nel sistema che passano dall’essere fantasie a realtà accettate. Le nostre emergenze sono in realtà dei fatti, degli eventi che sono stati costruiti sulla base di idee, concetti, progetti e piani, nati in precedenza.

Così quando il progetto viene realizzato e immesso nella società, chi si sente corpo-soggetto, soggetto recettore di questo accadimento, entra nel dubbio, a causa dell’emergenza che è stata creata, ogni consuetudine ed abitudine si perde, si smarrisce. Senza ancoraggio di fronte a una serie di novità, nella fattispecie pandemiche e belliche, quando è caduta ogni certezza che precedentemente si aveva, il recettore fluttua in un periodo confuso, dove si è latenti, assenti agli altri, assorti, alla ricerca di un gancio, di una corda che scenda dal cielo, di una risposta alle nostre domande.

Quel che accade a un corpo-soggetto – così come lo abbiamo descritto in idealtipo – cerca di trovare in se stesso, ed esclusivamente nella sua esperienza, nelle sue conoscenze, tutte le risposte che contribuiranno a fargli superare tutti i dubbi che i nuovi eventi pongono – dubbi che ha scelto di coltivare – alla ricerca di ciò che è vero, autentico, assodato, o scientificamente provato.

Un corpo oggetto, al contrario rifugge il dubbio, lo rimuove, lo accantona e, avendo bisogno di agganciarsi a qualcos’altro (un pensiero forte, anche esterno a sé, autorevole, e a garanzia delle proprie scelte) finirà senza perdere tempo, con l’obbedire allo Stato, ai media, alla televisione, dunque al Potere impersonale, che usa ripetere ossessivamente sempre le stesse ricette. 

In altre parole, un corpo oggetto, forse non si smarrirà mai nei dubbi, ma non potrà trovare un centro in se stesso, perché non ce l’ha. Per sopravvivere ha sempre avuto bisogno di farsi satellite e gregario, trovando il proprio posto intorno a un centro che è posto all’esterno di sé, e restare indenne da qualunque incertezza e da qualunque dubbio.

La penultima emergenza: la pandemia

Durante la pandemia, una volta che la popolazione italiana è stata confinata a casa dalle scelte governative del lockdown, l’interazione sociale è stata possibile soprattutto grazie agli strumenti offerti dalle piattaforme internet, come può evincersi da quanto rilevato nei media.

Il 30 aprile 2020 – due mesi dopo l’inizio della pandemia da Corona virus – scriveva Repubblica: “Oltre 300 milioni di persone in più hanno utilizzato Internet negli ultimi 12 mesi: 4,57 miliardi di navigatori (su un totale di circa 7,77 miliardi di persone), con aumento del 7 per cento rispetto ad aprile 2019. Più rilevante l'incremento di quelli che sono finiti sui social: +8,7 per cento, per un totale di 3,81 miliardi di utenti. Si tratta del 49 per cento della popolazione mondiale: gli studi statistici indicano che entro la fine di questo 2020 più della metà degli umani saranno utenti di un qualche social network”.

In altre parole, facebook, whattsapp, instagram, Twitter (ora divenuto X) e Telegram, hanno vissuto un incremento senza precedenti nel loro uso da parte delle persone, altrimenti chiuse in totale isolamento.

Potremmo anche affermare che la diffusione e il consolidamento dello strumento “social” tra gli utenti del cellulare, a cominciare dal decennio del 2000, sia avvenuto quando ormai l’emergenza era già in atto da tempo nella società, quando cioè, si era già instaurata una crisi nelle consuete modalità di interazione sociale. E non diremmo nulla di particolarmente avventato se aggiungessimo che i social hanno accentuato questa emergenza, salvo poi divenire, per molte persone, un’ancora di salvezza dal punto di vista interattivo e conoscitivo di tutto quanto avviene ogni giorno nel mondo.

Oggi i social consentono a ciascuno di dischiudersi al mondo e di dischiudere soprattutto il proprio pensiero senza porsi la problematica di chi sia il nostro interlocutore. Si tratta di parole e pensieri in piena libertà: quando si fa, non si viene obbligati da nessuno, e non ci si pone nessun obiettivo prefissato. È diventato un modo differente di essere sulla piazza del paese, cercare i propri simili, trovare persone con cui costruire socialità, comprendere meglio la realtà che ci circonda e darsi così tutte le risposte necessarie agli innumerevoli interrogativi che ci si pongono.

Andiamo pertanto a descrivere come le modalità descritte nella percezione di sé, inclusa la conquista o meno dell’amor proprio, pervengono al contatto sociale e alla relazione in questi tempi estremi di crisi e di emergenze, quando la dimensione quotidiana e consueta della socialità è stata stravolta dalla gestione della pandemia, cioè da un continuum senza precedenti di chiamate critiche ed emergenziali da parte di chi detiene il Potere.

Come sappiamo, una delle fortune di facebook è stato il format “diario”, inizialmente chiamato “muro” o “wall”. A ognuno è data la possibilità di scrivere un “dazebao” o mettere una foto da lui scattata, e vedere la reazione dal punto di vista della cerchia di amici o di un pubblico più vasto. 

Ad esempio, facebook ti chiede “cosa vuoi dire?”, “A cosa stai pensando”, come dire “fai sapere al mondo la tua opinione, il tuo pensiero”. Dall’inizio del suo uso, miliardi di persone si sono sentite incoraggiate a esprimersi secondo i loro standards abituali. Creativi, meno creativi, estroversi e introversi, molto istruiti o quasi analfabeti si sono misurati con una pagina bianca, pubblica, che viene sottoposta a gradimento. Likecrazia è, guarda caso, un bel volume di Daniele Capezzone, che scandaglia questa situazione. Da quel momento, si è avviato un processo nel quale, come per lo Hyde Park Speaking Corner, ciascun singolo, ha potuto prendere il microfono per formulare la propria personale verità, il proprio credo, la propria visione sullo scibile umano, oppure si è limitato a fare da ripetitore di idee e pensieri altrui. 

Da allora le modalità con cui l’individuo si affaccia sul sociale attraverso questi nuovi strumenti sono state infinite, ma qui tentiamo di individuare alcune invarianti di queste modalità, che emergono in particolare durante le crisi o le emergenze.

Una delle caratteristiche della politica dell’“emergenza”, condotta dal potere, è quella di approfittarsi della maggioranza della popolazione, incapace di tenere a mente eventi e accadimenti. In altre parole, la popolazione comune tende a dimenticare le situazioni sociali e comuni, e, di conseguenza è portata a isolare le singole situazioni, senza unire i puntini, rispondendo quindi sempre, puntualmente, a ciascun evento con una specifica posizione, isolandola dal contesto che è costituito in realtà da una evidente e continua escalation emergenziale.

Occorre l’atteggiamento del ricercatore, o del puntiglioso cronista, per comprendere a fondo come il problema qui non sia affatto la natura o le caratteristiche di questa o di quella emergenza, ma il metodo adottato nel costruirle, il fatto, cioè, che tali emergenze vengano promosse, proposte, organizzate da ignoti molto potenti, e così sostenute dai media principali, e adottate dai governi, secondo una chiara narrativa conforme al meccanismo.

La pandemia non è stato certo il primo di questi eventi emergenziali, e si sa che non sarà l’ultimo. La pandemia però è stata quella che più di ogni altro ha chiamato in causa la percezione del corpo, ed è per questo motivo che si è presentata un’evidente occasione di completo chiarimento di cosa questo comporti sul piano sociale, mettendo in luce come una percezione del corpo da soggetto, piuttosto che da oggetto, possa contribuire a smascherare la verità.

All’apparire all’orizzonte della “nuova emergenza” il fruitore dei social osserva inizialmente il tutto con un certo distacco, mentre gli appaiono le prime prese di posizione. Ed è su quelle che basa, almeno inizialmente, il proprio personale pensiero, e la sua posizione nel merito.

Le cerchie sociali influenzano ovviamente la personale visione del fruitore dei social. Certamente questo vale inizialmente, ma poi, nel tempo, l’influenza portata dalla visione del suo network va a misurarsi e a confrontarsi con le proprie percezioni che sono determinanti a caratterizzare, nel lungo periodo, la sua posizione personale, individuale. Caduta l’influenza sociale alle nostre idee, e questo avvenne, per capirsi, martedì 10 Marzo 2020, la percezione corporea degli italiani iniziò a lavorare sui loro pensieri e sulle loro interazioni.

La pandemia è stata preceduta da immagini forti provenienti dalla Cina: gente che cadeva sulla metro o nelle strade di Shanghai. Svenivano per strada. In Italia vi è stata inizialmente una campagna che minimizzava. “Abbracciamo i cinesi”, si scriveva sui giornali del mainstream e così le autorità. Si è creato un caos comunicativo notevole.

Poi, a un certo punto, come se ci fosse stato un direttore d’orchestra comune, è scattato l’allarme. Occorreva terrorizzare e, soprattutto, occorreva intervenire con misure straordinarie. Alle notizie sul contagio, e alla contabilità sui primi morti, si è creata una escalation delle misure emergenziali. Misure che andavano a modificare, regolandolo, il naturale comportamento delle persone e lo svolgimento quotidiano della vita della popolazione. Alcuni elementi di quanto accaduto durante la pandemia li abbiamo forniti in altre parti di questo scritto. Sono del resto informazioni accessibili a tutti. Quel che ci interessa ora è l’impatto che tutto ciò ha avuto sulle interazioni sociali.

(*) Leggi i capitoli precedenti: 12, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 1516171819, 202122, 2324, 25

Aggiornato il 16 ottobre 2024 alle ore 13:39