Il recente episodio avvenuto in una scuola primaria di Reggio Emilia – dove il testo di un canto natalizio (Din don dan, versione italiana del famoso Jingle Bells) è stato modificato per evitare di pronunciare il nome di Gesù – rappresenta l’ennesimo esempio di una mentalità inquietante fondata sulla rinuncia alle proprie tradizioni religiose in nome di un’idea distorta del concetto d’inclusione.
Il testo emendato, piuttosto che evocare il Natale, sembra scritto per ricordare una festività astratta, privo di alcun significato interiore. Tale decisione è stata presa al fine di evitare contestazioni da parte di alcuni genitori di religione islamica contrari al fatto che nelle aule scolastiche (frequentate anche da bambini di confessione diversa da quella cattolica) venga ricordato il Natale. I genitori che protestano contro le celebrazioni natalizie nelle scuole costituiscono una minoranza all’interno della comunità islamica presente nel nostro Paese. Il paradosso è che molti, interpellati sull’argomento, dichiarano (pur ribadendo una distanza di ordine teologico) di non sentirsi in alcun modo offesi dalle manifestazioni legate al 25 dicembre, ma di auspicare una maggiore attenzione pubblica per le proprie festività.
Diciamo la verità: il problema è soprattutto nostro. Il nodo è rappresentato dalla resa della scuola italiana, che pare vivere in uno stato di autocensura perenne. Si è arrivati al punto in cui non si attende nemmeno che qualcuno protesti, per fare scelte analoghe a quelle assunte dai dirigenti scolastici di Reggio Emilia. Si preferisce giocare, diciamo così, di anticipo: una volta si modificano le parole di un canto, in un’altra occasione si evita di allestire il presepe, un’altra volta ancora si anestetizzano linguaggio, costumi e gesti durante le tradizionali recite scolastiche.
Il segnale che viene trasmesso, in tal modo, è a dir poco allarmante, ovvero che la cultura e i nostri valori altro non siano che un fardello da nascondere ogniqualvolta occorra misurarsi con altre realtà. Il ruolo della scuola dovrebbe essere, invece, quello di spiegare l’importanza storica del Natale che rappresenta uno dei momenti più significativi del calendario occidentale. Si tratta di una ricorrenza che, attraverso la sua ritualità, esprime un alto valore sia sociale che religioso: un rito che unisce credenti e non credenti, intrecciando spiritualità, storia, tradizioni popolari. Cancellare il nome di Gesù Cristo da un canto di Natale manda un messaggio devastante ai bambini, senza peraltro facilitare alcun processo inclusivo.
La scuola ha il dovere di educare al pluralismo e questo non si realizza attraverso le rimozioni e le rinunce. Una rinuncia che nessuno ha chiesto, ma che qualcuno continua ostinatamente e pericolosamente a praticare in nome del famigerato politicamente corretto.
Aggiornato il 15 dicembre 2025 alle ore 11:13
