La rivoluzione culturale della giustizia riparativa

Presso l’Università degli Studi Link di Roma, mercoledì 24 maggio, si è svolto un interessantissimo convegno intitolato Riconciliare, riparare, ristorare: un volto nuovo per la giustizia penale? in cui si è parlato dell’innovativo istituto della Giustizia Riparativa, il quale oltre ad essere di grande attualità grazie all’entrata in vigore della riforma Cartabia, che l’ha introdotto nella legislazione italiana, esso ha generato anche molta curiosità e diversi dubbi sulla sua applicazione e sulle conseguenze giuridiche e sociali che ne potrebbero derivare.

“È una rivoluzione. Una riforma culturale che cambia il processo penale, mettendo al centro dei percorsi sanzionatori la vittima e chiarendo che anche con forme di ristoro non patrimoniali si può dare un beneficio alla persona offesa”. Il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha definito così la disciplina organica in materia di giustizia riparativa introdotta dalla riforma Cartabia. Il tema è stato al centro di un incontro organizzato dall’università degli Studi Link, che ha messo di fronte, tra gli altri, Luigi Maruotti, presidente del Consiglio di Stato, Paola Severino, presidente della Scuola Nazionale dell’Amministrazione ed ex ministro della Giustizia, Sergio De Felice, presidente di sezione del Consiglio di Stato, e appunto l’attuale viceministro.

La riforma Cartabia introduce una serie di misure volte alla semplificazione, alla velocizzazione e al potenziamento di alternative al processo penale puntando alla giustizia riparativa come forma di risoluzione del conflitto scaturito dal reato basata sull’ascolto e sul riconoscimento dell’altro con l’aiuto di un mediatore. “Il diritto penale – ha aggiunto Sisto – riacquista valori umani. Non si tratta solo di regole giuridiche, entra in campo l’umanità”. “Questa è una riforma per persone sensibili”, concorda Paola Severino. “Il risarcimento del danno non è la riparazione del reato. Queste nuove misure possono esserlo”. Sempre che, naturalmente, trovino una corretta applicazione. “Occorre evitare disparità di trattamento – ha ammonito Luigi Maruotti, da poco diventato anche programme leader del corso di laurea in Giurisprudenza alla Link – e fare in modo che certe forme di ristoro non avvantaggino chi ha più risorse economiche”.

Il convegno, introdotto dal presidente della Link Pietro Polidori e dal rettore Carlo Alberto Giusti, è stato organizzato sotto l’impulso del Centro di Ricerca sulle Scienze Giuridiche della Link, diretto da Ferruccio Sbarbaro, che sta realizzando un progetto di ricerca sulla giustizia riparativa coordinato da Elisa Scaroina, associato di diritto penale, e Maria Elena Castaldo, coordinatore del corso di laurea in Giurisprudenza. “Il processo – ha sottolineato Elisa Scaroina – restituisce solo una parte della verità. Il nostro progetto approfondisce l’interesse delle vittime e si mette al servizio per cercare di capire come la giustizia riparativa debba essere attuata in concreto”.

L’obiettivo principale della giustizia riparativa consiste nella ricomposizione delle relazioni danneggiate, nel recupero della vittima e nella responsabilizzazione dellautore, incentrandosi sul ripristino dei danni arrecati alla comunità. La nuova disciplina offre un’opportunità per il dialogo, poiché la vittima, l’autore del reato e la comunità hanno l’opportunità di incontrarsi, comunicare e lavorare insieme per trovare una soluzione che ripari il danno causato e promuova la riconciliazione.

Nel dibattito svolto alla Link, che ha visto anche gli interventi di Antonio Gullo, ordinario di diritto penale alla Luiss Guido Carli, Roberta Palmisano, presidente di sezione del Tribunale di Roma, e Marco Lepri, consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Roma, si sono alternate opinioni diverse, in particolare sui tempi e le modalità di realizzazione della riforma. “La giustizia riparativa – secondo Gianluigi Gatta, vicepresidente della Scuola Superiore della Magistratura – è una riforma coraggiosa fatta sulla scia di una tendenza internazionale. Non si sostituisce alla pena, è complementare. Ma ha bisogno di mediatori professionisti adeguatamente formati, rispetto ai quali anche le università dovranno guardare”. Tutto questo per Giorgio Spangher, docente di procedura penale alla Link, non è però di imminente realizzazione: “Vanno distinti i profili risarcitori, che sono dentro il processo penale, dalla giustizia riparativa, la cui attuazione è in un orizzonte a lungo termine”. Una volta a regime, in compenso, la “rivoluzione” di cui ha parlato il viceministro Sisto inciderà profondamente. Ne è convinto Francesco Paolo Marinaro, sostituto procuratore a Roma: “La giustizia riparativa avrà negli anni un’efficacia importante come momento per far diminuire i conflitti sociali in determinate situazioni”.

In attesa che vengano legiferate, a giugno, le disposizioni attuative inerenti alla Giustizia Riparativa, l’Istituto rappresenta comunque una novità per il procedimento penale, ma per quanto esso potrà contribuire a valorizzare l’aspetto umano nei tribunali penali, è a declinare in modo più concreto il principio della rieducazione sancito al terzo comma dell’articolo 27 della Costituzione, non potrà mai essere alternativo agli aspetti risarcitori e alla stessa pena, proprio perché se ciò non accadesse, verrebbe compromessa la certezza della pena, peraltro già alquanto labile nel nostro attuale sistema giudiziario, minando di conseguenza l’ordinamento giuridico.

Invero, l’elemento caratterizzante ed imprescindibile di qualsiasi organizzazione sociale è il suo ordinamento giuridico.

Al postutto, ogni aggregazione umana per garantire una civile convivenza tra i membri che la compongono ed impedire che si generi l’anomia, non può prescindere dalla necessità di tutelare e garantire la certezza del diritto, perché come dicevano gli antichi romani ubi societas ibi ius.

Aggiornato il 30 maggio 2023 alle ore 10:04