Senza parole, senza domande. Le parole vengono meno perché sembra mancare nell’abito mentale diffuso e comune una qualsiasi forma di pensiero attivo, capace di fare e farsi domande. La domanda, allora, che scorre in queste righe può essere sintetizzata così: i fattori che popolano il mondo della farmacologia hanno una loro tassatività o sono disponibili e manipolabili in funzione di un progetto politico che si persegue? E inoltre. Perché una polemica tanto aspra nei confronti di coloro che hanno preferito non vaccinarsi, senza approfondire seriamente le ragioni di una scelta che investe sia l’aspetto terapeutico sia, e direttamente, il senso politico e sociale dell’operazione – vaccini? Vediamo. Alcune settimane fa avevo scritto che o i vaccini si comportavano come una sorta di placebo o i numeri dei contagi erano sbagliati per eccesso. Avevo posto le due ipotesi in alternativa tra loro; ora invece, dopo le recenti “emanazioni” del governo, devo registrare che non sono alternative, ma complementari. Infatti.
Nonostante la gran mole di vaccinazioni effettuate, comprese le cosiddette terze dosi, sembra che il “contagio” si sia rinvigorito fino a tornare a colorare l’Italia. E allora i vaccini? Lo scorso anno, di questi tempi, Conte diceva che grazie ai vaccini prossimi venturi saremmo usciti presto dalla pandemia. Addirittura il percorso benefico sarebbe cominciato fin dai primi giorni del nuovo anno 2021. Poi, man mano che il tempo è passato, sono accaduti due episodi. Il primo, quello legato ad AstraZeneca, intorno al quale vi è stato un andirivieni di affermazioni circa le diverse età della somministrazione. Andirivieni affidato alla voce stentorea dei comunicatori mediatici, senza spiegazioni seriamente fondate terapeuticamente, ma prodotte politicamente. Un bel giorno, poi (secondo episodio), AstraZeneca è scomparso dalla circolazione, senza che nessuno dei comunicatori mediatici abbia voluto sollecitare negli ascoltatori un qualche interrogativo circa l’evento. Restavano gli altri vaccini noti, per i quali, però, dopo un po’ si è detto che non immunizzano del tutto, ma impediscono una infezione seria; non escludono che il vaccinato possa essere portatore sano; che l’immunizzazione scende da sei a cinque mesi o a tre; infine, ai nostri giorni, viene fuori che alcune regioni tornano in giallo, se non anche in arancione, che occorre portare le mascherine anche all’aperto (come se il virus volteggiasse nell’aria, quando invece sappiamo che occorre un contatto e ravvicinato o, quanto meno, un ambiente affollato), e che infine, dulcis in fundo, questa nuova situazione è tale perché vi sono ancora troppi No vax.
Un fausto giorni si è addivenuti, finalmente (dicono i più), al “certificato verde” (ogni tanto un po’ della nostra lingua non fa male!) come “lascia – passare” per tornare a vivere in libertà. E invece no! Ci vuole il certificato verde rafforzato, che esclude anche l’alternativa del tampone. A questo proposito occorre fare una sosta e chiedersi: per quale ragione escludere la possibile sostituzione del certificato con un tampone? Il tampone, forse, non certifica di per sé lo stato di salute della persona, assai più precisamente del “certificato verde”, stante le oscillazioni sulle qualità terapeutiche dei vaccini? Naturalmente non una parola di chiarimento o almeno di motivazione su questo, ma solo trionfalistiche affermazioni su di una sicurezza e libertà rafforzate (lascio volutamente da parte gli aspetti giuridici della questione sui quali altri hanno appropriatamente già dibattuto). Insomma, quella breve parola, che i bambini imparano fin dalla prima infanzia, è scomparsa dalla comunicazione per gli adulti: Perché? Ma non solo dalla comunicazione, ma anche dalla riflessione dei cittadini destinatari, i quali apprezzano la muscolarità governativa.
Ora, a ridosso del Natale, un’altra novità, che francamente spiazza ogni benevola forma di logica: tornano i tamponi anche per i vaccinati. Ma come? Il certificato rafforzato ne escludeva l’uso alternativo ed ora non solo sono riammessi, ma vengono dichiarati indispensabili per svolgere alcune attività anche da parte degli immunizzati. C’è da dire che effettivamente, come dice l’antico adagio, finché c’è vita c’è… Speranza o la… Speranza è l’ultima a morire! In realtà, ciò che non muore, perché viene tenuta in vita con sapienti dosi di allarmismo mediatico è la paura, la quale impedisce, evidentemente, anche le riflessioni più banali e gli interrogativi più ovvii; e, ripeto, non pretendo che il cittadino comune sappia di diritto; basterebbe che avesse voglia di fare 2 + 2, che almeno per lo più fa ancora 4. Soprattutto è difficile comprendere la critica anche violenta e sprezzante nei confronti di coloro che di fronte a tanta opacità di azione e di relativa assordante comunicazione si fanno domande sicuramente inquietanti. Anche a questi critici, che scodellano numeri e statistiche, è venuta meno l’abitudine rispettosa dl chiedersi: “Perché” tanta reazione contraria?
Perché non riflettere che è andata confezionandosi quella sequenza: numeri dei contagi – allarme – paura – vaccini”, che non dovrebbe escludere più di un punto di domanda ed un ragionevole imbarazzo. No, l’imbarazzo non è di questo mondo; al contrario, è un motivo in più per incrementare il processo vaccinale. Come dire a un malato: se una pillola non basta prendine tre, senza magari sospettare se il farmaco non sia quello giusto. In più, a nessuno è mai venuto in mente di chiedersi quale “certificazione” abbiano i numeri che ci vengono proposti. Attenzione, qualcuno dirà che la fonte è il ministero della Salute! Ma, forse, quando ciascuno di noi vuol fare una qualsiasi operazione, nella quale occorre declinare le proprie generalità, è sufficiente che il medesimo interessato dica: “io sono” oppure è necessario corredare l’affermazione con i dati ed anche, talora, con la fotocopia, del documento che “certifica” appunto la personale dichiarazione di identità? I numeri che vengono divulgati sono mai stati certificati con una procedura analogamente idonea?
Ecco perché ho detto all’inizio di queste brevi considerazioni che il vaccino e il numero dei contagi non sono alternativi, ma complementari; si alimentano, cioè, a vicenda. Eppure, essendo l’uno un antidoto, dovrebbe essere in contrasto materiale, oltre che logico, con l’altro. Almeno nel senso che l’antidoto avrebbe dovuto se non sconfiggere del tutto il contagio, almeno contenerlo entro uno scenario “bianco”. Non è andata così; è un paradosso, ma nessuno se ne accorge! Né sollecita alcun interrogativo da parte della grande stampa ufficiale. La quale ha perduto una qualsiasi curiosità di saperne di più, andando a guardare tra le pieghe. D’altra parte, quando in una intervista su Radio 3 il direttore della Fondazione Feltrinelli, Massimiliano Tarantino, afferma che le sue ricerche mostrano che la “democrazia è finita”, perché alla gente interessa solo quella “di prossimità”, ed al giornalista che lo intervistava non balza il ghiribizzo di fare una domanda in più, vuol dire che anche il mestiere del giornalismo è finito, così come la democrazia. Fin qui l’orchestrazione politica; gli strumenti sono suonati da una banda di suonatori mediatici i quali hanno dimenticato la bellezza armoniosa della musica, ma emettono suoni stridenti, persistenti e sconcertanti. E, inoltre, la critica dei “Vax” seri e colti ai “No vax”, altrettanto seri e colti, dovrebbe essere maggiormente rispettosa dei cervelli che ispirano le posizioni di questi ultimi.
Ma questi sono i tempi che viviamo.
Aggiornato il 23 dicembre 2021 alle ore 12:51