Taccuino Liberale #27

Ieri, 13 febbraio il Parlamento ha finalmente eletto i quattro giudici della Corte costituzionale che dovevano sostituire quelli che avevano terminato il loro mandato. Una storia che andava avanti da circa un anno e che finalmente ha trovato il suo epilogo. Sono stati eletti tre uomini e una donna, e come ormai avviene spesso, la donna non è espressione della sinistra bensì del governo. Strano caso quello italico. La sinistra è teoricamente sempre pronta a dirsi paladina delle donne e dei loro diritti, e non perde occasione per additare la maggioranza di governo quale maschilista e poco attenta alle donne, ma è praticamente mai pronta a fornire il nome di una donna quando c’è da votare per mandarle al potere. Le donne, per una certa parte o il potere se lo prendono o rischiano di non averlo. E così, per l’ennesima volta la maggioranza propone una donna e la manda al vertice, con buona pace delle femministe e delle peroratrici di cause femminili, cause che dovrebbero trasformarsi da mere battaglie ideologiche a guerre vinte. O rimarranno ideologia e basta. Parole e basta, che con il tempo perdono di forza e di capacità di ottenere risultati. Chiacchiere, per dirla in altri termini. Buon lavoro quindi ai quattro nuovi giudici, fondamentali per il pieno funzionamento della Corte costituzionale.

Come avevamo avuto modo di scrivere, la mancata nomina dei giudici da parte del parlamento creava un vulnus che andava assolutamente colmato. La Corte, forse non è chiarissimo a tutti, decide spesso dei diritti fondamentali dei cittadini. Ad esempio, sempre ieri, 13 febbraio a Roma, sono state rese efficaci le nuove Nta (Note tecniche di attuazione del piano regolatore) con le quali il comune di Roma surrettiziamente ha posto un limite alla proprietà privata nella misura in cui ha posto severi limiti alla destinazione d’uso residenziale a fini ricettivi degli immobili presenti sul territorio comunale e in particolare in centro storico. Accade quindi, da ieri, che i cittadini non sono più tutti sullo stesso piano, non sono più uguali davanti alla legge perché è la legge a non essere uguale nel territorio nazionale. Avere un appartamento o un immobile a Roma non consente di avere lo stesso grado di libertà economica (sancita e tutelata anche questa dalla Costituzione) perché un manipolo di politici locali, a guida di centro sinistra, ha deciso che non si può più scegliere come impiegare la propria proprietà immobiliare ma è il Comune che impone, decide e se gli aggrada, vieta.

Solo una donna ha avuto il coraggio di chiedere uno stop formale a questa follia, che bypassa vincoli nazionali posti a tutela del patrimonio, introduce nuove categorie catastali, impone notevoli incombenze per ottenere una licenza per lo svolgimento dell’attività ricettiva, che una certa parte politica e sociale di questo paese non vuol proprio digerire che sia diventata una attività imprenditoriale ed economica importante, nonostante si riempia la bocca che possiamo anche deindustrializzare il Paese tanto lo compensiamo con il turismo.

Così, dinanzi alle nuove Nta, approvate con delibera l’11 dicembre 2024 e pubblicate oltre un mese dopo, il 31 gennaio 2025, il soprintendente speciale per Roma (eh sì, cari amici di sinistra, si firma con l’appellativo di ruolo al maschile) con una nota del 7 febbraio, ha chiesto la sospensione del procedimento e quindi dell’attuazione del provvedimento approvato e la costituzione di un tavolo tecnico-istituzionale, finalizzato all’armonizzazione della variante approvata alla tutela del patrimonio che per legge è attribuita alla soprintendenza, così come ben noto anche all’ente locale, che nel 2009, anno di approvazione del nuovo piano regolatore, firmò un protocollo d’intesa per formalizzare l’acquisizione del parere consultivo di modifica delle Nta. Parere che questa volta, in spregio e violazione di legge in materia, non è stato richiesto e prontamente è stato rilevato. Ci si augura che, se non verrà ascoltata la richiesta avanzata dal Ministero della Cultura, il soprintendente suggerisca all’amministrazione a cui appartiene l’impugnativa della delibera con la quale sono state modificate le Nta per bloccare la scelta della destinazione d’uso degli immobili.

Qualora avvenisse questa impugnazione, ed arrivasse anche al vaglio della Consulta, una Corte completa nella sua composizione potrà garantire, stante la collegialità delle decisioni, frutto delle diverse sensibilità presenti dei componenti, una valutazione e una deliberazione equa, ponderata e rispondente al contemperamento del rispetto del dettame costituzionale alla volontà popolare. E guarda caso, la donna eletta, è esperta, tra l’altro, proprio della tutela paesaggistica.

Forza, buon lavoro!

(*) Leggi il Taccuino liberale #1#2#3#4#5#6#7#8#9#10#11#12#13, #14#15#16#17#18#19#20#21#22#23#24#25, #26

Aggiornato il 14 febbraio 2025 alle ore 13:42