Il ruolo dell’opposizione, nelle democrazie parlamentari, è ovviamente importante per controllare e stimolare il Governo e la maggioranza che lo sostiene. È però evidente che, per esercitare un’opposizione di qualche rilievo, è necessario avere idee e non solo atteggiarsi come se le si avesse. L’attuale opposizione, per esempio, forse per il contributo delle due figure, esagitate ma sterili e a dir poco mediocri, alla guida dei due maggiori partiti che contrastano il Governo, sembra essere orientata a una concezione maoista, per la quale, come scrisse il dittatore cinese, “dobbiamo sostenere tutto ciò che il nemico combatte e combattere tutto ciò che il nemico sostiene”. In effetti, si deve riconoscere che, un po’ come accadde quando, inaspettatamente, anni fa Forza Italia vinse le elezioni superando di gran lunga la sinistra, la motivazione fondamentale che, oggi, anima i politici del Pd e del M5s, non è un semplice e tradizionale disaccordo con il programma politico della maggioranza e dell’Esecutivo che essa ha espresso. Al suo posto emerge continuamente un profondo livore condito con messaggi di accorato allarme per l’incompetenza, l’approssimazione, lo scarso senso dello Stato nonché l’autoritarismo potenziale che il Governo Meloni, secondo loro, esibirebbe.
Si tratta, dunque, di posizioni che, invece di puntare direttamente sui provvedimenti che il Governo esprime, cosa che sarebbe in linea di principio opportuna e coerente con la funzione dell’opposizione, predilige una critica radicale mirata a convincere gli italiani che saremmo di fronte ad un Governo solo formalmente legittimo ma sostanzialmente, per così dire, “fuori dalla storia”, indegno di un Paese realmente democratico e illuminato. Di conseguenza, non è lecito aspettarsi un’opposizione che fornisca un effettivo contributo critico e allo stesso tempo costruttivo, perché il bene dell’Italia, secondo la sinistra, non può in nessun caso realizzarsi con “questa destra”. Né, peraltro, con alcun’altra destra dato che, per i dem come per i pentastellati, l’unica saggezza e l’unica legittimità sostanziale risiedono dalle loro parti e non possono esistere altrove.
Ed ecco allora che, se costretti dal dibattito pubblico a cimentarsi con i precisi problemi del Paese, Elly Schlein e Giuseppe Conte, subito imitati dai loro sostenitori, sfoggiano le loro idee esibendole come perle di lungimiranza a fronte delle miserie espresse dalla maggioranza. Il perno centrale delle loro proposte sta nella parola “risorse”. Sia che si tratti di salari bassi o di sanità, di messa in sicurezza dei territori più disastrati o delle carenze in tema di istruzione o di aiuto ai giovani, e così via, secondo gli attuali oppositori il Governo dovrebbe, espressione ricorrente fino alla noia, “mettere più risorse” in tutto quanto. In barba della necessaria copertura finanziaria? Ma no, la soluzione c’è, ed è la tanto invocata patrimoniale, capace di fornire le necessarie “risorse” da distribuire di qua e di là. Oppure risiede nell’enorme e ulteriore debito del Pnrr in barba, qui sì, delle regole stabilite dall’Unione europea per il suo impiego.
Finendo nel ridicolo, costoro scambiano la tassazione con una “risorsa” in grado di stimolare l’altra urgenza, cioè la “crescita”, che il Governo secondo loro ignorerebbe. Insomma, siamo alle solite: c’è bisogno di risorse? Bene, andiamo a prenderle dove ci sono, e che “anche i ricchi piangano”. Una filosofia la quale, anche se è una minaccia per gli investimenti, la sinistra preferisce costantemente a quella, più ragionevole, per cui, semmai, “anche i poveri sorridano”. Cosa possibile se e solo se l’economia ritorna a girare nel verso giusto, cioè a creare ricchezza e “ricchi” superando la sconsolante attesa dell’elemosina che lo Stato dovrebbe aumentare sempre di più. L’unica “crescita” che gli strateghi della sinistra sanno concepire.
Aggiornato il 17 gennaio 2024 alle ore 12:30