L’incoerenza dei sindacati secondo Meloni

“La bagarre alla Camera? Un po’ sorrido, M5s, Pd ci dicono che il salario minimo è l’unica cosa che va fatta in Italia ma in dieci anni al Governo non l’hanno fatta, e mi stupisce la posizione di alcuni sindacati che vanno in piazza per rivendicare il salario minimo e quando vanno a trattare i contratti collettivi accettano contratti con poco più di cinque euro all’ora come accaduto di recente con il contratto della sicurezza privata. Bisognerebbe essere un po’ coerenti”. Così la premier Giorgia Meloni ospite di Non Stop News, su Rtl 102.5.

La presidente del Consiglio, poi, sottolinea: “Non si può dire sì a una riforma del Patto che poi non si può rispettare. Sono ore serrate di questa trattativa, è un momento molto delicato. Crediamo che un’Europa seria – aggiunge – debba tenere in considerazione nelle nuove regole della governance le strategie che si è data. Abbiamo il Pnrr, la transizione energetica, digitale: non si può non tenere conto degli investimenti che l’Europa chiede. Stiamo facendo del nostro meglio per costruire una sintesi efficace ma ragionevole”.

Meloni parla inoltre di “certe critiche” al disegno di legge sul premierato che, secondo lei, “dimostrano che non si sa che cosa dire su questa riforma, perché noi non abbiamo toccato i poteri del Presidente della Repubblica. Abbiamo volutamente lasciato inalterato il valore e il ruolo del Capo dello Stato, in questo caso di Sergio Mattarella, che è una figura che sicuramente per gli italiani rappresenta un assoluto punto riferimento”. Chi contesta la riforma, continua, era “abituato a fare il bello e cattivo tempo facendo e disfacendo il Governo nei palazzi”. Inoltre, specifica che quella del premierato rappresenta “la riforma dalla quale dipendono tutte le altre. So che ci sarà un sacco di gente che si muoverà contro questo, faranno di tutto per impedire di approvarla. Penso che alla fine si arriverà al referendum, perché vedo molto difficile che si possa trovare un accordo in Parlamento: quando la riforma arriverà al referendum, chiederemo agli italiani che vogliono fare. Saranno gli italiani a decidere se domani vogliono essere padroni di questo destino o se vogliono continuare a farlo fare a chi obiettivamente ha pensato di essere padrone delle istituzioni e non lo è”.

Infine, chiosa: “La manovra è stato un lavoro difficile. A farle quando ci sono i soldi sono buoni tutti. Noi partivamo da una situazione molto complessa, per mettere due numeri in fila: abbiamo 13 miliardi in più di interessi sul debito per l’aumento dei tassi della Bce e 20 miliardi di crediti Superbonus. Partivamo – ha ricordato – con -33 miliardi. Ciononostante, abbiamo fatto una manovra da 28 miliardi, concentrando le risorse su poche grandi priorità, come la difesa del potere d’acquisto delle famiglie, il mantenimento del cuneo contributivo, abbiamo iniziato la riforma fiscale accorpando le prime due aliquote, e adeguato le pensioni, particolarmente quelle più basse sulla sanità, con un aumento che lo porta al massimo storico. E ci siamo anche occupati di famiglia e natalità”.

Aggiornato il 06 dicembre 2023 alle ore 16:26