Giustizia: ok del Senato alla riforma Cartabia

I “sì” sono stati 173, 37 i “no”. Sedici gli astenuti. Il Senato ha così dato l’ok alla riforma Cartabia sul Csm (Consiglio superiore della magistratura) e l’ordinamento giudiziario. In questo modo, ha confermato il testo della Camera: ora è legge.

Il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, ha detto: “Ciascuno ha portato il suo contributo, sia sostenendo le proprie iniziative con forte convinzione, sia lasciando spazio alle altre forze di maggioranza. Ringrazio ciascuna forza politica per questo impegno costruttivo e questa disponibilità. E ringrazio sentitamente il ministro dei Rapporti con il Parlamento che si è speso moltissimo per permetterci di giungere a questa votazione finale. Non meno decisivo è stato il contributo determinante dei sottosegretari Francesco Paolo Sisto e Anna Macina”.

La riforma del Csm, ha proseguito Cartabia, è un “provvedimento preceduto da un lungo lavoro, non semplice, portato avanti con il contributo di molti. Questo è un passaggio importante della storia del nostro Paese. Oggi siamo qui per mantenere un impegno di trasformare un provvedimento che viene da lontano”.

Cosa prevede la riforma?

Ma cosa prevede la riforma. Segnaliamo alcuni passaggi. In primis, i membri del Csm (al momento 24) tornano a essere 30. Insieme ai tre componenti di diritto – il Presidente della Repubblica, il primo presidente di Cassazione e il procuratore generale della Cassazione – troveremo 20 membri togati (due di legittimità, cinque pm e 13 giudicanti) e dieci laici. In relazione a quest’ultimi, è richiesto pure che venga rispettata la parità di genere nella scelta delle candidature da parte del Parlamento. E poi i componenti delle commissioni saranno proposti dal Comitato di presidenza. Fondamentale, peraltro, l’approvazione del plenum per la composizione delle commissioni previste dalla legge. Ogni commissione, va detto, è in carica 16 mesi, per consentire tre rinnovi.

E ancora: il segretario generale del Csm per adesso è indicato dal plenum. Un domani sarà scelto dal Comitato di presidenza. Senza dimenticare l’introduzione del divieto di esercitare funzioni giurisdizionali e ricoprire, allo stesso tempo, cariche elettive – nazionali o locali – e governative. Pertanto, gli eletti dovranno mettersi in aspettativa per l’assunzione dell’incarico (senza assegno nel caso di una carica locale). Per la cronaca, i magistrati che hanno svolto cariche elettive oppure incarichi di Governo con mandato di almeno un anno non avranno più la possibilità tornare a svolgere le funzioni giurisdizionali. Altro caso è quello dei magistrati candidati però non eletti: per tre anni non potranno più lavorare nella Regione che ha nel proprio alveo la circoscrizione elettorale dove sono candidati, né in quella dove c’è il distretto in cui lavoravano.

Aggiornato il 16 giugno 2022 alle ore 15:19