La sfida autocratica se vince il più forte

Autocrazie e democrazie: trova le differenze. Risultato: nessuna distinzione, dal punto di vista dell’impostazione dogmatica del proprio dominio sul mondo. Solo che, entrambi lo fanno in modi diametralmente opposti: l’autocrate decide da solo (grazie a un’opposizione assente o solo apparente), mentre nel caso delle democrazie il potere è costituzionalmente ripartito su tre soggetti indipendenti o autonomi (Parlamento; Governo; Giudiziario) e, almeno formalmente, la volontà popolare è alla base dei poteri legislativo ed esecutivo. Il problema nasce, in questo campo, con l’avvento della dittatura del mercato che, grazie alla tecnologia e alla finanza speculativa, muta la sostanza del potere democratico in una sorta di imperialismo economico, per cui non esistono popoli, identità, nazionalità, ma esclusivamente soggetti consumatori e produttori. Contano le materie prime, ovunque si trovino, ed è compito dei monopoli e delle holding internazionali assicurarne la fornitura, a qualunque costo. Il solo prezzo da pagare per il mercato è di far arricchire, corrompendole, le élites locali che decidono sulle concessioni estrattive e sul regime delle forniture energetiche all’estero. E questo atteggiamento in gran parte spiega le ragioni per cui i proventi delle enormi ricchezze minerarie ed energetiche dei Paesi in via di sviluppo (soprattutto africani, mediorientali e dell’Asia occidentale) non vengano ridistribuiti sulla popolazione, che rimane in condizioni di miseria e sottosviluppo.

Quindi, in sintesi, le Autocrazie hanno bisogno di un territorio fisico, di un popolo, di una storia e di valori identitari e nazionalisti, per riaffermare i loro diritti imperiali. Morale: si può morire per un ideale e per un leader che ti conduce alla vittoria. Al contrario, per le Democrazie del totalitarismo mercantile il mondo intero è il territorio da dominare e i suoi sudditi sono solo in apparenza uomini liberi, facendo parte di un unico, gigantesco apparato per cui conta solo la produzione della ricchezza e l’individuo è solo un numero-massa. Morale: la cancellazione della Morte e il diritto a vivere solo per il Dio Denaro. Per neutralizzare poi gli effetti conseguenti all’esercizio delle libertà individuali e collettive, sancite nelle Costituzioni democratiche, è stato creato un potente strumento di condizionamento politico-mediatico, di tipo goebbelsiano (tra cui i social network e la comunicazione digitale), per la globalizzazione delle idee e dei comportamenti omologati, di cui ad esempio la dittatura mediatica del Politically correct è la manifestazione più insidiosa e diffusa. In sintesi: mentre le Autocrazie hanno le loro radici nel passato, per cui la memoria di ciò che è stato è di fondamentale importanza, viceversa le democrazie totalitarie affermano il presentismo e il futuro assoluto, in cui è tutta terra incognita e governa l’illusione di aver cancellato la Morte e la sofferenza che, per l’appunto, vanno accuratamente tenute nascoste.

Perché, poi, è l’Uomo senza memoria, radici, identità che va creando questo nuovo Leviatano globalizzato delle democrazie del totalitarismo di mercato. Un contenitore in cui coesistono, in altri termini, i miti apparenti della libertà personale senza limiti e dell’estensione illimitata dei diritti senza stare a guardare il prezzo. Il tutto avviene come se l’essere umano fosse una sostanza plastica in grado di assumere qualunque forma e non, piuttosto, un essere sociale che ha comportamenti da sciame che lo fanno muovere in base a ondate di comuni correnti emotive, che trascendono il potere di controllo individuale, per farsi massa d’urto, orda vorace, incontenibile. Quella, cioè, che le autocrazie sanno sfruttare alla perfezione ai fini della conquista imperiale diretta con le armi, la resa o la sottomissione, a spese del Nemico che qui esiste e che, invece, per le democrazie ha solo il volto interno del White power da abbattere attraverso la Cancel culture e il multiculturalismo multietnico, grazie al quale si inverte il principio stesso del razzismo, per cui sono le minoranze a essere legittimate ad adottare comportamenti razzisti nei confronti delle maggioranze, facendo ricorso allo strumento politico-ideologico del Politically correct.

Quest’ultimo, infatti, grazie al totalitarismo mediatico, si è rivelato ancora più dogmatico del marxismo leninismo, rappresentando non una teoria ma un fattore estremo, immanente e inafferrabile di potere della stessa sostanza dell’aria, a causa della sua invasività e capacità di penetrazione. Ed è proprio grazie al condizionamento mediatico e al monopolio globale dei social network che si impone l’assioma del futuro assoluto che cancella il passato. Su questi temi cruciali, i professori Angelo Panebianco ed Ernesto Galli della Loggia aprono sul Corriere della sera, un dibattito molto interessante sulle differenze tra Russia e Cina, da un lato, e l’Occidente democratico dall’altro. Mentre Galli della Loggia risponde che la chiave della crisi delle democrazie attuali è da ricercare nella cancellazione (e nella vergogna) del passato a favore di un futuro assoluto, Panebianco invita a ripensare la questione del controllo fisico del territorio e dell’esigenza vitale, politica e intellettuale del recupero degli ex spazi imperiali, che costituiscono l’oggetto della sfida che oggi Russia e Cina lanciano alle democrazie occidentali.

L’Urss è finita perché univa razionalità e dogma: credeva nella Ragione e nella Scienza come proprietà assolute della società e non come pregio dell’individuo di talento che, mosso dall’ambizione personale, crea l’idea-progetto contestualmente al modello e all’esperimento per la sua falsificazione. La Cina di oggi, invece, da Deng Xiaoping in poi, ne ha capito la lezione e ha sostituito la dittatura maoista con le fede confuciana, per realizzare il suo storico sorpasso sull’Occidente corrotto e smidollato. Xi Jinping e Vladimir Putin hanno fatto tesoro delle sconfitte storiche delle loro rispettive Nazioni e, come rimedio, stimolano in funzione dei valori e della difesa della nazione gli Animal istinct della spinta rivoluzionaria individuale. Sono proprio loro, i leader autocratici, in assenza di una reale opposizione politica, a liberare i propri sudditi dall’obbligo dell’assoluta conformità al dogma (comunista, in particolare), sostituendolo con quello ancestrale del nazionalismo identitario duro e puro. Così facendo, l’autocrate asseconda e fa emergere la volontà nascosta delle pulsioni collettive, conservate nell’Io profondo del singolo componente della massa e che, in qualità di capofila, sa far affiorare in superficie, assicurando al suo popolo gli spazi esistenziali e politici per l’espressione dei propri istinti primordiali. Quindi, in definitiva, la sfida tra autocrazie e Democrazie totalitarie di mercato si riduce a decidere chi sia il meno peggio!

Aggiornato il 18 gennaio 2022 alle ore 12:56