Un Generale contro la dittatura del politically correct

Imputato Roberto Vannacci, in piedi! Già: ma in base a quale accusa penalmente rilevante? Per ora, nessuna. Allora, si rimetta pure comodo, Signor Generale. Lei, al momento, è solo un caso umano o, al limite, un caso ridicolo. Perché, in buona sostanza, sul suo conto, a proposito del pamphlet “Il Mondo al contrario” da Lei autoprodotto, manca l’analisi, come direbbero i vetero-marxisti. Quindi, meglio precisare, scanso equivoci, quali siano gli ambiti “oggettivi” della discussione relativa, prendendo in esame le possibili vere (e non presunte) violazioni da parte del suo autore di norme formali e/o di comportamenti deontologici che regolano la vita degli apparati pubblici nel nostro Paese.

La prima delle questioni fondamentali che riguardano il caso Vannacci è di capire (e di perimetrare conseguentemente) quali siano, all’interno di un’istituzione dello Stato, i margini di libertà d’opinione dei suoi “clerk”, ovvero dei suoi pubblici funzionari civili e militari. La risposta è ovvia: in termini di comportamenti e di libertà di opinione è ammissibile tutto ciò che non è espressamente vietato da leggi e regolamenti (fatta salva la questione accessoria della opportunità), che sovrintendono giuridicamente al corretto funzionamento dell’istituzione di appartenenza. Non si può, quindi, ad esempio, mettere in discussione il rapporto gerarchico; denigrare all’esterno la propria istituzione, né calunniarne i suoi membri; rendere pubblica una documentazione riservata, e così via. Ora, che cosa succede quando la questione si sposta sul piano etico e politico?

Facile rispondere sul secondo aspetto: per definizione, istituzioni pubbliche (e, in particolare, gli apparati militari e di sicurezza) devono comportarsi in modo assolutamente imparziale, senza mai quindi prendere posizione all’interno del confronto tra le forze politiche, le sole legittimate alla rappresentanza degli interessi dei cittadini elettori. Possono però, in seno alla produzione legislativa parlamentare e all’iniziativa governativa di proposta di legge, avere diritto a esprimere un loro parere tecnico all’interno dei lavori delle commissioni parlamentari competenti.

Che cosa accade sul piano etico e della libertà di opinione per tutte quelle materie non soggette a sanzioni di legge espressamente previste?

Per esaminare l’attuale epifenomeno mediatico del caso Vannacci si deve in primis decidere se il suo libro, per il merito trattato, coinvolga l’istituzione di appartenenza e fino a che punto. Occorre, quindi, accertare se vi sia stata violazione grave del codice deontologico, e se l’iniziativa personale e del tutto privata del Generale abbia creato pregiudizio all’immagine esterna dell’amministrazione di appartenenza. Di certo, qualora nel testo de “Il Mondo al contrario” si affermasse che alle minoranze sessuali (o alle donne) deve essere impedito l’accesso alle carriere militari, allora si andrebbe contro la norma costituzionale che sancisce la non discriminazione dei cittadini italiani per razza, sesso, religione e convinzioni politiche. E se, preliminarmente, com’è già accaduto, il ministro (laico) di tutela e la gerarchia decidono in senso positivo in merito alla possibile lesione di immagine, allora la sospensione dall’incarico è un atto dovuto, in attesa che gli organi interni disciplinari, o la magistratura civile, istruiscano un procedimento ad hoc sul caso.

Il secondo, ma non secondario elemento problematico riguarda la questione di opportunità. Infatti, a priori erano ben noti all’autore i rischi di sollevare a livello nazionale un caso politico rilevante, firmandosi con il proprio nome e cognome e grado ricoperto, dato l’argomento estremamente controverso della pubblicazione di cui, correttezza vuole, si sarebbe dovuto richiedere anche informalmente un parere gerarchico prima di dare alle stampe “Il Mondo alla rovescia”. In questo caso, infatti, l’appartenenza in servizio dell’autore all’amministrazione militare non poteva non coinvolgerne gli interessi diretti, in quanto a esprimersi pubblicamente su argomenti altamente sensibili sul piano politico e sociale era un suo funzionario di grado elevato, anche se la pubblicazione ha avuto luogo a titolo strettamente privato.

Per evitare la guerra politica mediatica e del tutto strumentale che si sta svolgendo sulla figura del Generale Vannacci, sarebbe stato sufficiente che la firma in calce all’opera avesse riportato un nome diverso: quello cioè di un cittadino comune, libero di esprimersi come meglio crede, rispondendo esclusivamente di persona a eventuali calunnie e diffamazioni contenute nel testo.

Se questo fosse stato il caso, allora si poteva prendere parte alla battaglia per la libertà d’opinione senza alcun complesso di “golpe strisciante”, che invece può essere sostenuto da chi strumentalizza (in particolare a sinistra) la vicenda del Generale Vannacci.

Allora, facciamo così: fingiamo che il pamphlet l’abbia scritto tale e quale un’altra persona, in modo da dire chiaramente le seguenti cose sul piano generale. Innanzitutto: che cosa dice la Costituzione italiana a proposito di “dittatura del pensiero unico” che, poi, è il politicamente corretto? Che risulta, di fatto, una forma di fascismo, per cui è un mainstream mediatico e senza volto a decidere che cosa è corretto dire, i vocaboli ammissibili da utilizzare, e quali invece da esecrare e condannare. Marginalizzando così i loro autori, condannati senza l’adozione di alcun provvedimento formale che ne dimostri la colpevolezza, in modo da escluderli da incarichi pubblici, dalle cattedre di insegnamento e dalle redazioni di giornali e periodici di stampa e della radiotelevisione, come oggi avviene in tutto l’Occidente.

La protezione delle minoranze non può essere argomento di discussione, e per questo basta e avanza la tutela aspecifica e generale dei diritti della persona che, qualora li si ritenga in qualche modo lesi, sono soggetti a tutela da parte del giudice naturale.

Diverso, molto diverso, invece, è quando determinate minoranze (in particolare quelle Lgbtq+) si costituiscano in lobby per la conquista dell’influenza e del potere mediatico e politico di una società, avverso le quali a questo punto è lecita la contendibilità assoluta della rappresentanza dal punto di vista della lotta politica. Solo in tale, preciso contesto, allora, certi argomenti della tesi socio-politica di Vannacci possono essere ripresi anche in toni accesi, come si farebbe con un ritorno del Movimento Futurista alla Marinetti che, per fortuna, agli inizi del XX secolo, poté veicolare il suo dirompente messaggio rivoluzionario senza problemi e ritorsioni penali di sorta.

Perché, meglio dirlo francamente: esiste e non può essere soppressa una maggioranza silenziosa che la pensa su certi temi “esattamente” come il Generale. E, per questo, gode degli stessi diritti di quelli che la pensano all’opposto, come i politically correct.

Lo dice la Costituzione, che non vale mai a senso unico.

Aggiornato il 29 agosto 2023 alle ore 12:17