Tifo da referendum

Un aforisma, un commento - “La gente che, di domenica, va allo stadio, ufficialmente ci va per assistere ad una partita di calcio ma, in realtà, vuole poter gridare, inveire e sfogare mille frustrazioni e arrabbiature sofferte durante la settimana. Forse è per questo che il rancoroso D’Alema ha dichiarato che la supremazia del ‘No’ al referendum gli è sembrata la vittoria in un derby”.

Sociologi e antropologi sanno bene cosa siano le funzioni manifeste e le funzioni latenti di vari fenomeni collettivi. Per esempio, le tribù che periodicamente si riuniscono per effettuare riti di propiziazione della pioggia (la funzione manifesta) in realtà lo fanno per mantenere un buon tasso di coesione sociale (la funzione latente). È però singolare, e preoccupante, che persino un referendum su un argomento importante e delicato come una riforma, sia pure parziale, della Costituzione, si sia prestato a svolgere una funzione latente, cioè la protesta contro il Governo e le sue politiche, ben distante dal tema ufficiale che doveva essere valutato. Determinando in tal modo l’altrettanto singolare caduta di un Presidente del Consiglio mai eletto dal popolo e, ora, sfiduciato fuori dal Parlamento.

Ormai tutti riconoscono ciò che, per la verità, era più che mai evidente da almeno sei mesi, ossia che il referendum del 4 dicembre è stato assunto come occasione per sconfiggere Renzi e la sua politica complessiva. La cosa era più che mai evidente dall”estrema eterogeneità delle due fazioni in competizione: uomini e partiti di sinistra accomunati a uomini e partiti di destra, grillini di varia indole e movimenti i più distanti fra loro a braccetto per sostenere il “Sì” oppure il “No” con in mente l’idea fissa di difendere oppure sconfiggere Matteo Renzi. Nelle discussioni popolari, ma anche nei sussiegosi dibattiti televisivi, il riferimento al merito della riforma era piuttosto generico mentre il bersaglio, da difendere o da colpire, era la figura del Presidente del Consiglio.

Si dice che, in fondo, questa è la democrazia e, sotto il profilo procedurale, è sicuramente vero. Tuttavia, è ben poco promettente che diciannove milioni di italiani abbiano bocciato e dodici abbiano approvato ciò che l’attraente titolazione della scheda elettorale proponeva come se su di essa vi fosse la fotografia di Renzi. Sappiamo bene che l’errore di questa identificazione è stato commesso da lui stesso, anche se era comunque ovvio che il “Sì” poteva erroneamente identificarsi con lui dato che la riforma era stata elaborata dal suo Governo. Ma che decine di milioni di italiani abbiano ceduto alla tentazione di emettere una sentenza pro o contro una persona e non pro o contro il contenuto della riforma appare come il chiaro segno di uno fra i più insidiosi tranelli della democrazia di massa nell’Era dei mass media, cioè la tendenza a personalizzare tutto, a ridurre ogni cosa alla simpatia o antipatia dei personaggi politici, a trascurare analisi e concetti accurati per preferirvi immagini favolistiche di politici in gamba o di politici inetti attraverso criteri adatti a San Remo più che alla vita dei sistemi politici.

E ora, dunque, avanti il prossimo. Il quale si guarderà bene dall’indire qualsiasi referendum che abbia ad oggetto provvedimenti del suo Governo poiché, dopo qualche mese, qualsiasi Governo e qualsiasi Presidente del Consiglio non ha alcuna speranza di vincerlo. Soprattutto se si trattasse di un derby.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:26