Il Napoleone fiorentino   l’ascesa e la caduta

Dunque, l’uomo solo al comando è stato riassorbito dal gruppo, tanto per usare una calzante metafora ciclistica. Matteo Renzi, il più fulgido esempio di una politica da casinò, si è letteralmente voluto suicidare democraticamente andando a sbattere contro un muro di 20 milioni di sonori “No” alla sua pasticciata e inopportuna riforma costituzionale.

Non amo citarmi, ma avevo previsto su queste pagine già all’indomani della nomina a Premier una simile fine per il giovanotto di Rignano sull’Arno. E questo, al di là della sterile propaganda politica di questi tempi bui, dovrebbe in primo luogo servire da monito per l’intero mondo politico, il quale nel complesso non brilla certamente per realismo e senso della responsabilità. Renzi ha concretamente fallito su tutti i fronti. Doveva rappresentare l’antidoto alla pericolosa demagogia grillina ed a quella dei forsennati che pensano di risolvere i nostri guai sistemici uscendo dall’Euro, ed invece ha letteralmente aperto un’autostrada ai populismi di tutti i colori. D’altro canto, non si può nemmeno pensare di governare un Paese indebitato come il nostro, con un’economia soffocata da un eccesso di redistribuzione, a colpi di spesa pubblica e di pura propaganda. Per governare l’Italia delle cicale occorrerebbe quanto meno una buona dose di realismo e di senso di responsabilità.

Caratteristiche queste ultime che, con tutta la solidarietà umana che si può nutrire per lo sconfitto del 4 dicembre, non sono riuscito mai a scorgere nella soverchiante linea comunicativa del dimissionario Presidente del Consiglio. Anche in merito alle argomentazioni usate da Renzi nella sua Waterloo referendaria, pur cercando di usare la massima obiettività, non è emerso un solo ragionamento fondato su solide basi. Soprattutto sul piano dei numeri, l’ex sindaco di Firenze ha sempre utilizzato le ferree leggi della matematica come una variabile dipendente per mistificare una realtà che prima o poi si sarebbe incaricata di sbugiardarlo. Ma ci ha pensato da solo a uscire di scena con una insensata battaglia referendaria che, mi permetto di ribadire, è stata fatta nel modo sbagliato e nel momento più sbagliato possibile.

A questo punto a Renzi non resta che l’esilio politico. Chi crede che egli possa comunque restare padrone del Partito Democratico, a mio avviso, sbaglia di grosso. Con la stessa velocità con cui molti neo-reanziani si affrettarono ad accorrere in soccorso del vincitore, ci si attende una fuga in massa dal malridotto carro dello sconfitto. In tal senso occorre solo stabilire se il giocatore d’azzardo fiorentino riparerà all’isola D’Elba o, come è molto possibile che accada, come uomo politico verrà relegato nella sua Sant’Elena. Ai posteri l’ardua sentenza.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:56