
Virginia Raggi e il Movimento Cinque Stelle hanno stampato la parola fine sulla candidatura di Roma a ospitare i Giochi olimpici del 2024. Loro esultano mentre il Paese rimedia una figura di palta di dimensioni galattiche.
Saranno pure duri e puri questi grillini, ma tanto originali non lo sono affatto. Sul “no” ai Giuochi si sono accodati ad altri niet pronunciati a suo tempo da personaggi il cui ricordo non suscita alcuna nostalgia. Come il signor Mario Monti il quale, tutto preso nel ruolo di commissario liquidatore dell’Azienda-Italia, ci tenne a dichiararsi contrario all’idea che si potessero sprecare soldi con lo sport. Come se investire in quel ramo fosse una pratica disdicevole. I grillini dicono la medesima cosa: le Olimpiadi costano e Roma non se le può permettere. Probabile che sia così, ma è sempre tutto e solo questione di conti del bottegaio? La “Città Eterna” è tale perché chi l’ha governata, fossero papi, re o imperatori, non ha badato a spese per renderla “caput mundi”. Se al posto di Vespasiano vi fossero stati Grillo e Di Battista, il Colosseo si sarebbe fatto? E l’Arco di Costantino?
Struttura poco partecipata, avrebbe sentenziato un Luigi Di Maio dell’epoca. Vi sono opere che servono la quotidianità ed altre invece che portano una città e il suo popolo nella Storia. L’arte ha i suoi capolavori, lo sport anche. È ancora vivo nella memoria collettiva il ricordo di un’altra Roma, quella delle Olimpiadi del 1960, quella di Livio Berruti, “l’angelo”, e della sua impresa nei “duecento metri piani”. Nella leggerezza della sua falcata c’era l’Italia che, annichilita dalla catastrofe della guerra, si era rialzata e si era messa a correre. Ed era un’Italia migliore, più coraggiosa e piena di speranza. Quell’immagine positiva oggi finisce nella spazzatura: il nuovo simbolo di Roma.
I grillini si vantano di aver in questo modo evitato ruberie e colate di cemento. E vi sembra una giustificazione ragionevole? No! È solo stupida. E vile. Se la preoccupazione fosse stata lo sperpero di risorse pubbliche, sarebbe bastato negoziare regole stringenti con gli organizzatori. E non lasciarli in sala d’aspetto a fare anticamera per poi neppure riceverli, com’è accaduto al presidente del Coni, Giovanni Malagò, che invano ieri l’altro ha atteso la sindaca per un incontro chiarificatore. Lei, la Raggi, era al ristorante. Se questo è il modo con cui i Cinque Stelle pensano di battere i “poteri forti”, vuol dire che siamo all’asilo Mariuccia della politica. Come se non bastasse, questi dilettanti allo sbaraglio hanno regalato a Matteo Renzi l’occasione per mostrarsi per ciò che non è: uno statista lungimirante. Complimenti, bel capolavoro! Per loro non ci sono scusanti, avrebbero potuto sfruttare l’occasione per migliorare Roma, come sono migliorate Barcellona e Londra, dopo aver ospitato i Giuochi. Invece si sono appesi all’abusata tiritera dei greci che si sarebbero rovinati per colpa delle Olimpiadi. Che sciocchezza! La culla della civiltà occidentale aveva i supporti marci ben prima che la fiaccola olimpica, nel 2004, approdasse al Pireo. Ospitare i Giuochi sarebbe stata un’ottima occasione per ricordare a tutti che Roma e l’Italia conservano una centralità geo-politico-culturale anche nel tempo storico dello sviluppo globale.
Con la caduta di Roma, i nostri “cugini” francesi gioiscono perché Parigi, anch’essa candidata a ospitare l’evento nel 2024, avrà molte più chance di vittoria ora che la più temibile avversaria si è fatta da parte. Resta lo sconcerto per l’inspiegabile eccitazione che questi grillini manifestano per una sconfitta autoinflitta. Appare chiaro che il Movimento 5 Stelle si candidi a simboleggiare il declino di una comunità. Gli elettori sono avvertiti. Votarli equivale a dire che siamo finiti, che in Italia nulla è possibile. È questo ciò che si vuole? Ritrovarsi tutti a fare il tifo per una signora che tra balbettii e atteggiamenti infantili sa dire soltanto no?
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:05