
Silvio Berlusconi è tornato a casa. A un mese dal grande spavento il vecchio leone sta recuperando le forze per ritornare sulla breccia. D’altro canto, tutti lo reclamano. Ma per fare cosa? Pur con tutto il bene che gli vogliono, i suoi supporters lo hanno messo con le spalle al muro: deve tornare in scena per scegliere da che parte stare, una volta per tutte. Con la Lega di Matteo Salvini a fare opposizione al sistema? Oppure svoltare in direzione del centro per partecipare a un “renzismo 2.0”, che l’acuto Dario Franceschini ha etichettato come la possibile area dei “sistemici”. Fin quando incomberà la minaccia grillina tertium non datur.
Ad Arcore Berlusconi dovrà vedersela con un’ingombrante “mucca nel corridoio”, per usare una delle surreali metafore bersaniane. A mettergliela tra i piedi è stato Fedele Confalonieri in un’intervista rilasciata a “La Stampa” di Torino. Il presidente di Mediaset, indossando per un momento la casacca del politico, pronuncia la sua sentenza sul destino di Forza Italia: “Credo che in questa fase si debba sostenere il Governo. Il Cavaliere non la pensa così, ma io sarei per qualcosa che somigli al Nazareno…”. È una medicina amara da buttare giù tanto che Berlusconi si è affrettato a dire di voler continuare sulla strada dell’opposizione intransigente. Ma, questo è il dubbio, è davvero ciò che vuole? La tentazione è forte di riabbracciare un personaggio che, sebbene in passato lo abbia fregato, non ha smesso di piacergli. Per dirla tutta, la simpatia che nutre per il “discolo” fiorentino è pari solo all’antipatia che prova per l’altro Matteo, il “barbaro” capo della Lega. Troppo aspro, spigoloso, grossolano Salvini per conquistare il cuore di un Berlusconi sincero amante della forza declinata con la gentilezza.
Quindi, l’ipotesi che il Cavaliere dia ascolto all’amico “Fidel” è un’eventualità da non scartare con troppa fretta. Il fatto poi che una tale scelta possa piacere agli elettori del Centrodestra è un’altra storia. È del tutto evidente che un ritorno con Renzi per Forza Italia equivarrebbe a un suicidio definitivo. Lo dicono i numeri. Il partito azzurro ha avuto la maggiore perdita di consensi successivamente alle politiche del 2013.
Alle elezioni del dopo-Monti, il Popolo della Libertà aveva ottenuto un solido 22 per cento medio complessivo. Un ottimo risultato, considerando la novità del fenomeno Cinque Stelle in ascesa e l’azione di disturbo svolta dalla truppa montiana. Con la politica della “Grosse Koalition”, culminata col Patto del Nazareno, il gradimento è precipitato fino a dimezzarsi. A Roma, Forza Italia, rincorrendo il centro, è scomparsa dai radar. La spiegazione è semplice: il popolo della destra resta dov’è. Ora, Berlusconi potrebbe decidere di percorrere la strada indicatagli da Confalonieri, ma quanti elettori lo seguirebbero? A quel punto si paleserebbe lo scenario che il presidente di Mediaset nelle sue intenzioni vorrebbe scongiurare: i voti in libera uscita di Forza Italia solo in parte finirebbero alla Lega, la cui radicalizzazione sarebbe inevitabile, mentre una porzione significativa andrebbe ai Cinque Stelle consegnandogli la certezza della vittoria nel ballottaggio contro il “nemico” Renzi. Grazie all’Italicum si ripeterebbe, quindi, il medesimo schema già sperimentato alle comunali di Roma e di Torino.
Il vulnus del ragionamento di Confalonieri è nella premessa, in quel “per fronteggiare i problemi che abbiamo ci vuole una base ampia”. Una virata al centro bocciata dall’elettorato tradizionale di Forza Italia, come dimostrano i numeri, farebbe di Berlusconi un generale senza esercito. E per il vecchio leone immaginare una separazione così traumatica dal suo bacino di consenso sarebbe come consegnarsi a un ossimoro. A meno che non lo si pensi incorniciato nel quadretto dei cespugli centristi. Non sarebbe da Berlusconi. E da questa destra che pur di non morire renziana rinuncerebbe anche al suo storico leader.
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 16:56