
Bisogna proprio riconoscerlo, la presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, è capace di dar prova di un tale diffuso ottimismo da offuscare i più distensivi jingle natalizi. Ma anche di chiedersi se davvero non abbia smarrito il senso di realtà sulle vicende politico-istituzionali che stanno investendo il Paese.
Più facile che a proposito dell’elezione dei tre componenti della Consulta sia stata informata prima della mossa a sorpresa di Matteo Renzi. Durante il consueto scambio di auguri con la stampa parlamentare la prospettiva di sbocco era “reale” visto “lo sforzo che so essere in atto”. Visione rosea anche sulle riforme e sul nuovo Parlamento di cui, certo, bisognerà attendere l’attuazione prima di poter formulare un giudizio. “Vedremo come sarà il nuovo assetto”. Bene.
Lì fuori infuria la radicalizzazione islamista, a cui la Boldrini contrappone giustamente come principale strumento il rafforzamento della cooperazione delle intelligence internazionali, ma il problema sembra essere la strumentalizzazione della vicenda dei presepi. Ora, se appare sacrosanto il principio per cui “l’autocensura delle proprie radici culturali non aiuta certo il dialogo”, suona un filo più fariseo l’invito a “non contrapporsi a quelle degli altri” rivolto ad un tessuto sociale come quello italiano, storicamente aperto alla cifra della convivenza democratica ma che, al contrario, le proprie radici si vede costretto in molti contesti a dover accantonare. Quando non è costretto ad assistere in silenzio all’avvilimento dei diritti che il nostro Stato democratico laico ci garantisce, proprio sull’altare di dogmi religiosi e culturali che le comunità islamiche più integraliste presenti nel nostro Paese, non nascondiamocelo, ben volentieri ci imporrebbero.
Lo scenario è disturbato soltanto sul piano europeo, dove preme la necessità di “far uscire la Ue dallo stallo, per renderla più vicina alle persone che vi si sono allontanate a causa di una politica che non li ha tutelati e della disuguaglianza, la parola chiave di questi ultimi anni”. Non a caso, come dimostrano i dati Ocse, aumentata in Italia del 33 per cento rispetto alla media del 13 per cento dei Paesi Ue. Certo è che il bisogno di “più Europa politica attenta all’impatto sociale” è sacrosanto anche se l’idea di “un’imposta di identità europea” lanciata dalla Boldrini per concretizzare l’avvicinamento dell’Europa ai cittadini ci appare francamente molto discutibile.
L’ottimismo, tuttavia, trionfa e spazza via anche temi scomodi come la maternità surrogata, gentilmente accantonato, perché “aggiungere al dibattito una presa di posizione non approfondisce e comporta confusione sul ddl della Cirinnà”. Parliamo, piuttosto, di cifre. Un fiore all’occhiello sono quelle dell’apertura del palazzo al pubblico, “770mila persone sono venute a visitare l’Istituzione ed hanno partecipato ad eventi grazie anche all’iniziativa ‘Montecitorio a porte aperte’ che si tiene ogni prima domenica del mese”. L’assertività dei toni, invece, si impone sulla pacatezza dell’ottimismo quando la presidente di Montecitorio parla dei numeri che contraddistinguono il bilancio dell’attività della Camera a 33 mesi dall’inizio della legislatura e contenuti nel libro ‘Cifre e fatti’. A cominciare dal risparmio fatto dallo Stato di 223 milioni euro e realizzato con un taglio della spesa per il personale dipendente che è scesa del 21,6 per cento, di quella per l’acquisto di beni e servizi, scesi del 40 per cento, per le locazioni immobiliari e gli oneri accessori, scesa del 94,4 per cento. Con una diminuzione per il funzionamento della Camera da 732 milioni a 573 milioni di euro, cioè del 21,6 per cento. C’è stato un incremento del 27 per cento delle sedute rispetto alla precedente legislatura e del 32 per cento della durata.
Quel che tuttora resta sconcertante sono invece i dati sull’attività di controllo del Parlamento, il sindacato ispettivo, nei confronti dell’azione di governo. Nella XVII legislatura delle 21.666 tra interpellanze, interrogazioni a risposta orale, interrogazioni a risposta in Commissione e interrogazioni a risposta scritta presentate ne sono state concluse 7.991 e ne restano da svolgere 13.675. Per un rapporto percentuale tra quelle presentate e quelle concluse del 36,88 per cento. Nella precedente legislatura il rapporto era del 41,55 per cento. Cifre che in alcun modo possono essere addebitate alla presidenza della Camera, anche se ci si chiede se la Boldrini, in virtù del ruolo istituzionale che ricopre, non potrebbe sollecitare le opposizioni ad un utilizzo maggiore degli strumenti regolamentari al fine di pretendere le risposte dei ministri silenti. Che la tendenza dei governi sia quella di non render conto della propria attività (il primato ora lo detiene il ministero della Giustizia, che ha risposto solo al 17,9 per cento degli atti presentati, 288 su 1.609), è dato acquisito, ma il riscontro delle cifre fornisce la misura di come un passaggio fondamentale della vita parlamentare e democratica di un Paese come è il sindacato ispettivo, sia sempre più considerato con arroganza, funzione pletorica e, diciamolo, fastidiosa.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:20