Trump, un papa qualunque

C’è da ridere. Per non piangere. Il mondo intero dei perbenisti, cattolici e persino non credenti, salta sulla sedia per lo scandalo di Donald Trump travestito da papa. Che la cosa sia di buon gusto o meno non si può che lasciare alla valutazione di ognuno. Ma il significato oggettivo di questo “scandalo” va ben oltre la cronaca delle stravaganze trumpiane. Diciamo che, questo episodio, nel quale Trump assume scherzosamente le vesti, dobbiamo ricordarlo, del capo di Stato del Vaticano e non, necessariamente, quelle dell’erede spirituale di Pietro, ha anche un valore provvidenziale. La rilevanza internazionale di un papa è, da almeno 150 anni a questa parte, quasi nulla sotto il profilo delle conseguenze politiche. Lo stesso contributo di Papa Wojtyła alla caduta dell’impero sovietico è stato semplicemente l’ultimo colpo a un regime comunista ormai decrepito. Non è quindi inappropriato che i cattolici, fermo restando il profondo rispetto che un credente merita quando lo è seriamente in ogni manifestazione della propria esistenza, traumatizzati dall’impudenza trumpiana ne traggano lo spunto per chiedersi se il Cristianesimo sia davvero in buone mani nella sequela di papi che si succedono da duemila anni.

E quanto, questi, abbiano contribuito, se non alla salvezza, almeno al miglioramento morale dell’umanità, a cominciare da quella sua parte che riconosce nella gerarchia ecclesiastica la propria guida. Il nuovo papa sarà sicuramente in grado di offrire ricchi e continui insegnamenti religiosi e morali come ogni predecessore, ma la sua elezione offre uno spettacolo desolante. Il Conclave – che deriva dal latino cum clave e ne sottolinea la segretezza – è una sorta di plenaria vietata agli occhi e alle orecchie di tutti, fedeli inclusi. Perché? Forse lo Spirito Santo esige speciale riservatezza proprio nel momento culminante del processo di proclamazione dell’erede di Pietro, cosa che dovrebbe semmai vedere la partecipazione universale dei cattolici, la stessa partecipazione che i papi auspicano per ogni altra vicenda pubblica, religiosa o laica che sia?

Poi c’è, anche qui, la consueta e non tenera divaricazione fra progressisti e conservatori, esattamente come nei Parlamenti di tutto il mondo, ma all’oscuro. Nei fatti, conciliaboli, trattative di sapore politico, cordate di cardinali su una sponda o su un’altra determineranno la figura del nuovo pontefice secondo una prassi del tutto laica e il popolo credente si commuoverà chiunque egli sarà e senza riguardo per le controversie e le contese che l’avranno reso possibile perché, comunque, egli sarà chi Dio ha voluto che fosse. La commozione del popolo genuinamente cattolico non potrà non impressionare, come da copione, se non altro per la sua vastità mondiale. Ma l’episodio di Trump, già presbiteriano e poi semplicemente credente ma non professante, giunge a proposito come un invito rivolto a tutti a chiedersi se per una religione –  vale oggi per quella cattolica ma vale anche per molte altre –  abbia ancora senso un regno laico tanto maestoso e un cerimoniale tanto vistoso e imponente a fronte di una spiritualità individuale che, in linea di principio, non ne avrebbe alcun bisogno essendo sufficienti, per chi crede, la dottrina e l’esempio di un buon parroco di campagna. Prima di Trump sono decine i personaggi della storia che, con serie intenzioni e non per goliardia, si sono autoproclamati Papi, da Anacleto secondo nel dodicesimo secolo a Urbano VI nel quattordicesimo secolo a Lucian Pulvermacher nel ventesimo secolo. Prendiamo dunque spunto dall’ennesima provocazione di Trump per riflettere. Da laici come da cattolici.

Aggiornato il 05 maggio 2025 alle ore 10:49