Alemanno studia il doppio incarico

E se Alemanno trovasse il modo di ricandidarsi senza dover rischiare lo strappo alla Capitale? In gioco c'è il suo futuro politico. E quando si parla di politica ci sono due regole fondamentali. La prima è che una settimana, in politica, è un'èra. La seconda è che ti devi sempre costruire una via alternativa, perché, in politica, gli sgambetti sono sempre dietro il primo angolo. Alemanno, a prescindere dal fatto che non rientra nell'annovero dei politici più arguti che conosca la nostra nazione, queste regole le conosce bene.

E quindi corre ai ripari. La sua condizione è quella di un primo cittadino che non vuole ricandidarsi ma che non ha, di contro, la sicurezza di essere reinserito nella mappatura nazionale del (ex?) maggiore partito di centrodestra. Cosa farebbe un politico navigato come Gianni? Di sicuro vaglierebbe, con la migliore approssimazione possibile di certezza, tutte le possibilità che gli sono di fronte. Allora, chi meglio degli avvocati (meglio se quelli del Comune o comunque che abbiano dimistichezza e conoscenza della Costituzione e delle leggi elettorali) per avere lumi sull'interpretazione dell'incandidabilità e dell'ineleggibilità di chi vorrebbe candidarsi sia come sindaco, sia come parlamentare? La legge e la sua interpretazione parlano chiaro. Nella condizione di Alemanno, se si volesse candidare al Parlamento, dovrebbe dimettersi sei mesi prima della scadenza del suo mandato, perché la campagna elettorale non deve essere "inquinata" da una posizione politica ed istituzionale equivoca, che lo vedrebbe non solo sindaco della Capitale, ma anche fotografato su manifesti elettorali ben denotati dalla collocazione politica di chi lo candiderebbe. E questo, almeno per l'interpretazione consolidata dalla norma, non si può fare.

Ma sembra che in Campidoglio ci sia un alacre lavorìo di teste, che stanno cercando la via d'uscita a questa interpretazione, creandone una nuova, che salvi almeno formalmente (non di fronte all'elettorato e al sentire comune), una possibile doppia candidatura. Proprio lui, il sindaco di Roma, che come primo atto della sua consiliatura, obbligò, chi più chi meno, ad abbandonare i doppi (e tripli) incarichi dei suoi assessori e consiglieri. Insomma, se fosse vero che esiste una task force di avvocati dedicati alla doppia candidatura, sarebbe un caso da manuale di chi predica (e impone) bene e razzola male.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:18