La scoperta è molto importante. Il cervello del maiale – ne hanno testati una trentina – ha continuato ad esistere e vivere per ore dopo la morte del corpo dell’animale, a carcassa già sezionata pronta per il mercato alimentare. Dunque, c’è “vita” dopo la morte. Detta così, è molto più grande e importante della effettiva scoperta scientifica che andrà ampliata ed estesa. Però la sostanza è questa, al netto di tutti gli innumerevoli esperimenti, prove e dimostrazioni che dovranno essere portati a termine. Ciò è quanto emerso da uno studio congiunto dell’Università di Yale con quella italiana di Pavia. Si è giunti cioè – increduli anche gli scienziati scopritori – a confermare che, inserito un liquido sostitutivo del sangue (emoglobina e sostanze che preservano le cellule) dentro il cervello del maiale (che è molto vicino a quello della specie umana), i neuroni si attivano e si vitalizzano e continuano ad essere vivi, o meglio si comportano come in vita, cioè saltellano e, davvero incredibile e portentoso, si “autocurano” e ricostruiscono se spenti e lacerati.
Ripristinano o meglio tendono a ripristinare la vita nel e del cervello. Il cervello, dunque, rimane attivo pur staccato dal corpo, nel caso specifico dei maiali. Non si sa ancora se, ad allungamento dei tempi di iniezione del liquido, possa corrispondere il ripristino totale della funzione cerebrale. In sei ore si è ripristinata l’irrorazione di tutti i vasi sanguigni, si è palesata la riduzione della morte cellulare e il ripristino di alcune funzioni cellulari, compresa la connessione dei neuroni cioè le sinapsi.
La rivista Nature ha titolato la copertina dedicata all’esperimento “Turning back time” (“Ritorno indietro nel tempo”). Si tratta di una scoperta che apre campi sconfinati non solo ad indagini e altre fondamentali scoperte relative alla “decifrazione” e cura di malattie neuro-degenerative e molte altre (come Alzheimer e Parkinson), ma alla stessa questione centrale umana intorno cui ci si arrovella da sempre ovvero della autonomia e circa la possibilità di “autonomizzare” il cervello – animale quindi umano – e trasferirlo su altri supporti per l’immortalità.
Per ora si sono attivati elettricamente alcuni neuroni mentre sappiamo che per avere la percezione e la coscienza è necessaria l’attività elettrica sincronizzata di gruppi di cellule che comunicano tra loro creando delle onde. Nell’esperimento però le cellule consumavano zucchero ossigeno e rilasciavano neurotrasmettitori, segno che le loro sinapsi erano sane e funzionali. Dunque, a questo punto sarà solo verosimilmente questione di tempo lo svolgimento dell’attività sincronica elettrica dei neuroni ed il disvelamento di quanto serve al raggiungimento di ciò cui il genere umano ha da sempre mirato e mira. Deve essere tenuto presente anche che il liquido artificiale iniettato era di tipo bloccante proprio per permettere il mantenimento. Si tratta quindi adesso di colmare il gap – enorme e fondamentale – tra il ripristino dei processi cellulari e le normali funzioni cerebrali le quali producono quella attività elettrica dei neuroni globale che noi umani identifichiamo e definiamo come la percezione e la coscienza.
Aggiornato il 23 aprile 2019 alle ore 14:15