
Interrompiamo la nostra breve storia dei videogiochi (stiamo per entrare negli anni del consolidamento del dominio Sony sul mercato delle console) per occuparci di un titolo che i videogiocatori da pc aspettavano da anni. Ci riferiamo, naturalmente, al terzo capitolo della saga di Diablo, il gioco che ha rivoluzionato (o creato?) il genere degli action-rpg tra la fine degli anni Novanta e l'inizio del nuovo millennio. Il primo capitolo di Diablo, nel 1996, è stato capace di portare nel mercato di massa, semplificandole, le dinamiche classiche dei giochi di ruolo digitali. Diablo II, nel 2000, oltre a perfezionare le meccaniche di base del suo predecessore, ha portato il genere nel cyberspazio, con un comparto multiplayer eccellente e con conseguenze che ancora oggi influenzano pesantemente il mercato. Grazie a "World of Warcraft" - che non pochi giudicano come una "estensione" di Diablo in un mondo di gioco persistente - Blizzard è infatti un colosso che può contare su un cashflow annuo di circa 5 miliari di dollari semplicemente tenendo accesi i propri server.
Malgrado la pluridecennale esperienza di Blizzard nel gioco online, infatti, l'esordio di Diablo III è stato funestato da ogni genere di problema. Il primo, senz'altro il più fastidioso, è che i quasi 4 milioni di utenti che hanno acquistato il gioco al "day one" hanno dovuto aspettare molte ore prima di poter giocare, a causa di un sovraffollamento dei server che ha mandato in crash tutta l'infrasfruttura network di Blizzard. Il famigerato "errore 37", codice arcano che indica la non-operatività dei server, ha perseguitato per lunghe notti giocatori che avevano aspettato per 12 anni il ritorno del "Signore del Male".
Il fatto è che, come in tutti i giochi che prevedono un collegamento costante a Internet, disservizi e rallentamenti sono e saranno sempre all'ordine del giorno. Ma mentre nei mmorpg (massively multiplayer online role-playing game) come "World of Warcraft" questi fastidi sono più che compensati dal fatto che il mondo di gioco esiste, e continua a vivere, anche quando non si è collegati, in Diablo III l'obbligo di essere sempre online non è affatto intrinseco alla struttura stessa del gioco (che è in larga parte quella di un classico "single-player"), quanto piuttosto dalla volontá di Blizzard di rendere la vita difficile alla pirateria. Quando, tra qualche settimana, gli hacker verranno a capo del sofisticato sistema di protezione escogitato dagli sviluppatori, peró, a rimetterci maggiormente sará (come sempre accade) chi ha comprato il gioco e non chi lo ha scaricato illegalmente. In Corea del Sud e negli Stati Uniti, Blizzard è già nel mirino delle autorità competenti a causa delle migliaia di denunce di giocatori imbufaliti e, con ogni probabilitá, nei prossimi mesi vedremo partire le prime class action.
Detto questo, Diablo III - esattamente come i suoi predecessori - è un gioco semplicemente fantastico. Il gameplay e l'ambientazione non sono certo una novità, ma questo non se lo aspettava davvero nessuno. L'aspetto grafico non sfrutta tecnologie particolarmente recenti e, anche se molto riuscito sotto il profilo artistico, il gioco è pensato per girare anche su macchine non particolarmente potenti. Qualcosa (in meglio) è cambiato nella progressione del personaggio e nella gestione delle skill, ma niente che possa intimidire i fan dei primi capitoli. Tutto, insomma, è al suo posto. La generazione casuale dei dungeon funziona sempre molto bene, garantendo al titolo una rigiocabilità pressoché infinita. Le cinque classi dei personaggi (barbaro, mago, monaco, sciamano e cacciatore di demoni, ognuna nella doppia declinazione maschile e femminile) sono ben caratterizzate e abbastanza equilibrate. Il sistema delle rune dona quel pizzico di profondità strategica che impedisce al gioco di sprofondare nel "button smashing" piú decerebrato. Dulcis in fundo, ci sono gli oggetti. Armi, soprattutto, ma anche pezzi d'armatura e gemme di potenziamento: il "loot" che è possibile raccogliere dai nemici caduti è come sempre vario ed interessante. E incatena il giocatore a quel vagamente inquietante "un altro combattimento e poi smetto, lo giuro" che ha reso la saga di Diablo una delle droghe più piacevoli, potenti e pericolose del panorama videoludico. Proprio l'asta pubblica degli oggetti, per ora disponibile (a singhiozzo) con le monete d'oro raccolte in gioco, ma che da metá giugno (dicono) aprirá i battenti anche nella sua versione basata su denaro reale, potrebbe rappresentare quella funzionalitá online capace di far dimenticare agli utenti il disastroso debutto di Diablo III. Blizzard, che tratterrá per sé il 15% di ogni transazione, ha avuto il coraggio di "legalizzare" un mercato (oggetti virtuali in cambio di denaro reale) che già esiste da anni nelle pieghe underground della rete. Se riuscirà a risolvere i problemi di crescita che inevitabilmente si accompagneranno alla gestione di un settore così delicato, a metá strada tra il gaming e il trading, la nostra sensazione è che il colosso di Santa Monica possa aver trovato un filone aureo capace di farle dominare il mercato anche per la prossima dozzina d'anni. E qualche giocatore particolarmente paziente (e fortunato), chissá, potrebbe perfino aver trovato il modo per guadagnarsi da vivere giocando. Non tutti i Signori del Male vengono per nuocere.
Aggiornato il 28 novembre 2022 alle ore 02:47