Il nuovo quadro mediorientale dopo l’attacco iraniano

L’attacco iraniano a Israele nella notte tra il 13 e 14 aprile ha le caratteristiche di un atto dovuto e preannunciato. E in effetti è stato probabilmente “spifferato” da Teheran, così che i Servizi americani sapevano già data e modalità con largo anticipo. La risposta del regime degli Ayatollah, con centinaia di droni e missili, è stata indirizzata verso un cul-de-sac costruito bene – almeno per una volta – da Israele (e non solo). Tutto è partito dall’attacco israeliano al consolato iraniano di Damasco, dove è morto il generale Mohammad Reza Zahedi e il suo vice, capi dei pasdaran che gestiscono i traffici di armi (e droga) dall’Iran verso le coste del Mediterraneo.

L’assassinio mirato puntava proprio a obbligare l’Iran a uscire dalla guerra per procura, così da far capire meglio all’opinione pubblica internazionale che i nemici contro cui combatte Israele non sono solo Hamas e altre bande “mercenarie”, ma l’Iran e la sua rete di Stati infiltrati con cui ha cercato di accerchiare completamente Gerusalemme. Il tentativo è fallito, perché la Giordania e gli Stati sunniti del Golfo sono più nemici degli ayatollah che di Israele. Come avevo scritto qui su L’Opinione, la Giordania ha acquisito un ruolo chiave nel bloccare l’accerchiamento di Israele

Non solo: Israele in realtà combatte contro l’Iran ma anche contro il suo alleato Vladimir Putin, nonostante quest’ultimo abbia rilasciato un comunicato moderato che mira a evitare una crisi allargata. Parliamo della Russia che proprio in questi stessi giorni ha modificato la definizione del suo attacco contro l’Ucraina, passando da operazione “speciale” a quella di “guerra”. Perché Teheran ha dovuto dare una risposta “formale e debole” con un attacco aereo per mezzo di droni? Proprio per evitare una escalation bellica, in cui rischiava molto. Da parte occidentale, il test è servito a certificare l’efficacia dell’alleanza de facto sulla sorveglianza aerea nel Medio Oriente, dopo che gli ultimi anni hanno dimostrato che le guerre si combattono soprattutto con droni, missili e sommergibili nucleari, senza dimenticare la tecnologia di sorveglianza, l’intelligence e la propaganda.

Il controllo efficace del territorio dagli attacchi aerei, adesso, dovrà essere applicato anche in Ucraina, in tempi brevi. E poi in tutto il territorio europeo. Nel caso della reazione contro Israele, ha funzionato la difesa sincrona attuata in Giordania e Israele con l’appoggio di caccia da combattimento dotati di missili aria-aria, inviati sullo scacchiere da Stati Uniti, Regno Unito e Francia. Probabilmente, i lanci iraniani sono stati monitorati anche nella Penisola araba. I droni e i missili iraniani, inclusi quelli ipersonici, sono stati intercettati al 99 per cento lungo il loro percorso prima di arrivare su Israele. Molti sono esplosi al momento del lancio o sull’Iran, rivelando una tecnologia ancora rudimentale. Si tratta, quindi, di una vittoria tecnologica e militare che influenzerà i politici e le opinioni pubbliche. Contiamo che il Governo di Benjamin Netanyahu tesorizzi questo successo, evitando ulteriori rilanci e vendette.

Dobbiamo essere consapevoli che la priorità in questa fase del confronto tra Occidente e Russia-Iran-Nord Corea (la Cina ha allentato in questa fase il suo fin troppo annunciato progetto di impadronirsi di Taiwan) è evitare che l’Iran si doti di bombe nucleari, il che è stato finora facilitato da una pessima gestione a livello diplomatico condotta in primo luogo dalla Germania e dall’area dell’Unione europea, con una altrettanto pessima mediazione dell’Onu. Per pacificare il Medio Oriente, il metodo migliore sarebbe infine quello democratico delle libere elezioni. Mi riferisco, a questo proposito, a quanto è successo nelle Amministrative turche e a quanto potrebbe accadere nel prossimo futuro, qualora le Politiche in Turchia dovessero sancire la fine del potere di Recep Tayyip Erdoğan, finora molto abile a oscillare tra Russia, Europa e Stati Uniti. Una Turchia nuovamente occidentale, senza se e senza ma, metterebbe in serie difficoltà l’espansionismo dell’Iran e anche quello della Russia.

Infine, ricordiamo il ruolo nefasto svolto dal Qatar, stretto partner di Teheran. Il sito di informazione strategica Misgav rivela un caso di sbianchettamento delle politiche di aiuto del Qatar, con dati riportati da fonti di intelligence di Israele e Usa sui finanziamenti del Qatar per la Fratellanza musulmana, l’organizzazione egiziana vicina ad Hamas. I fondi sarebbero stati utilizzati per fabbricare razzi e missili e per costruire i famigerati tunnel e bunker scavati in tutta Gaza. Il flusso degli “aiuti” del Qatar è stato classificato come “umanitario” dal Jerusalem Post, che pure non è un giornale nemico del Governo Netanyahu. Al contrario, Misgav ritiene che quei fondi servano almeno, in parte, come supporto ai gruppi terroristi internazionali, come i Taliban afghani, Hezbollah, al-Nusra (al-Qaeda) in Siria, gli Houthi, al-Shabaab in Somalia, le milizie jihadiste della Libia, Algeria e dell’Africa occidentale, senza dimenticare il ruolo della Fratellanza musulmana in Europa e nelle Americhe (soprattutto in Sudamerica).

Aggiornato il 16 aprile 2024 alle ore 10:18