Cosa succederà tra Israele e Iran? Il Medio Oriente oggi

Da anni gli iraniani combattono una guerra per procura, geniale quanto criminale, perfetta perché riesce a non sollevare critiche. Un raid ha colpito il consolato iraniano a Damasco. L’operazione ha ucciso sedici persone, tra cui il vicecapo dei Guardiani della rivoluzione, Mohammad Reza Zahedi, incaricato di rifornire Hezbollah in Libano e collegato con gli Houthi yemeniti e Hamas. Israele si muove soprattutto sul piano militare, e in Libano Hezbollah non è da meno, avendo trentamila missili in grado di colpire Gerusalemme, nonostante lo scudo elettronico antimissile. Israele ha bloccato con le bombe i valichi tra Siria e Iraq per fermare l’arrivo di altre armi.

GLI ERRORI DEL GOVERNO DI ISRAELE

Lo stato di guerra non giustifica la legge approvata dalla Knesset, che blocca la ricezione dei canali di Al Jazeera. La mossa ricalca il peggio di questi anni, a partire dalla nuova Inquisizione che ha scambiato la storia con il politicamente corretto. Benjamin Netanyahu si è alienato in pochi mesi il sostegno dei media e quindi dell’opinione pubblica mondiale: Israele era già sola (a parte gli Stati Uniti) contro tutti nel campo di battaglia perenne mediorientale. Adesso è osteggiata nei media e dalle opinioni pubbliche mondiali. L’errore ha cancellato la solidarietà (obbligata) ricevuta dal mondo libero all’indomani del 7 ottobre 2023.

Cosa dovrebbe fare Israele, allora? Intanto dovrebbe smascherare l’Iran. Enzo Reale scrive su X: “Se c’è una guerra preventiva degna di essere combattuta, è quella contro il regime iraniano. Preventiva perché, quando avrà la bomba, saremo definitivamente in trappola. Israele ne è cosciente ma non può farcela da solo, al momento”.

LE MOSSE “PERFETTE” DELL’IRAN

Il presidente Ibrahim Raisi ha inanellato una serie di mosse geniali. Da decenni, grazie al supporto del Nord Corea e della Russia, con l’aiuto suicida dell’Unione europea e con l’impotenza dell’Onu, sviluppa il nucleare militare. L’Iran ha messo sotto scacco il regime saudita, praticando il rilancio dell’integralismo jihadista. Poi si è impossessato della porta del Mar Rosso e di Suez, grazie alla tribù sciita degli Houthi. Nessuno ha detto nulla. Eppure, si parla di una nazione governata da integralisti lucidissimi quanto religiosamente folli. Intanto, Teheran ha dato colpi mortali alla new wave “laica” arabo-sunnita, con una nuova Arabia felix piena di grattacieli, città lunghe centinaia di chilometri, e coi sunniti legati sempre di più a Israele. Poi è arrivato il 7 ottobre: per mano di Hamas e del corpo dei palestinesi di Gaza, l’Iran ha preso in ostaggio in un colpo solo Israele (rapendo centinaia di cittadini e mostrando l’impotenza del suo Governo, uccellato dalla sua fede nell’Intelligenza artificiale), poi l’Onu e l’Arabia Saudita. Per non parlare del Libano. La guerra per procura assicura innocenza a un regime infame e odiato da buona parte del suo popolo che però – come quello russo – non può ribellarsi, pena massacri, avvelenamenti, impiccagioni, misoginismo criminale.

IL PIANO IRANIANO IN GIORDANIA

Anche se finora il regno hashemita ha tenuto alla larga lo jihadismo, oggi Amman può diventare un nuovo fronte contro Israele. Su Misgav, sito dell’Istituto nazionale per la sicurezza nazionale e per la Strategia sionista, l’11 marzo scorso è stato pubblicato un articolo dal titolo “Il piano sciita di attaccare Israele attraverso la Giordania”. “Israele si prepara a uno scenario in cui cellule terroriste sciite irachene o afgane varcherebbero i confini lungo il fiume Giordano e il Mar Morto, per compiere un altro massacro come quello del 7 ottobre”. Quando gli Stati Uniti liberarono l’Iraq dal regime di Saddam Hussein, insieme a ciò che era giusto (evitare il lancio di gas mortali sui villaggi curdi e dare potere alla maggioranza sciita repressa) fece l’errore di regalare l’Iraq agli ayatollah eredi di Khomeini. Restaurare l’impero persiano era un sogno storico della dinastia Safavide a partire dal 1447, quando cominciò a formarsi un impero esteso verso Bagdad, parte del Caucaso e fino all’impero ottomano. Poi l’impero turco con Selim I impose il divieto di praticare la confessione sciita e sconfisse i safavidi a Cialdiran nel 1514. Nel 1534 un esercito di Solimano il Magnifico andò verso l’Iran con 200mila uomini e 300 pezzi di artiglieria. I turchi si impadronirono di Bagdad e Tabriz, capitale del regno Safavide. In seguito, lo scià Abbas il Grande pose fine all’espansionismo ottomano, reclutando molti ex schiavi circassi, armeni e georgiani che erano stati deportati in Persia. L’impero safavide durò tra intrighi, corruzione e misfatti e segnò con lo scià Abbas II la nascita (quindi sciita, molto prima dei salafiti di Al Qaida!) dell’intolleranza religiosa contro i dhimmi (gli infedeli), che si scagliò soprattutto contro gli ebrei esuli. Si noti, quindi, che storicamente i due contendenti storici nel Medio Oriente sono Iran e Turchia. Questo scenario potrebbe ristabilirsi qualora cadesse il regime di Recep Tayyip Erdoğan, oggi in bilico. In quel caso, cambierebbe molto nel quadro della Guerra infinita.

Tornando a questi giorni, il territorio iracheno viene utilizzato dalla forza Quds per rifornire pesantemente le basi iraniane in Siria e Libano. Re Abdullah di Giordania parla di crescita sciita nella sua nazione a partire dal 2004. L’Iran ha utilizzato la Guerra civile siriana (2011–2020) per piazzare milizie sciite nella Giordania del nord. Nel 2014 il Governo iraniano guidato da Khamenei ha proposto alla Giordania di collaborare al riarmo della West Bank e di Gaza (tutto è già scritto, non solo nel Libro dei Cieli). In cambio di quell’operazione, Teheran avrebbe offerto al regno hashemita trent’anni di forniture di petrolio e gas gratuite. Re Abdullah, forte del sostegno di Stati Uniti e di Israele, rifiutò. Nonostante ciò, attraverso la Giordania sono arrivati alla West Bank razzi Fajr e armi come le granate Claymore prodotte in Iran. La Royal Air Force giordana ha individuato cinque mesi fa un’area siriana vicina al confine con la Giordania, da dove si svolgono traffici di armi e droghe dall’Iran. La Giordania ha potuto rendersi conto della gravità della minaccia quando, lo scorso gennaio, gruppi armati dall’Iran hanno attaccato una postazione statunitense nel nord della Giordania, uccidendo tre soldati americani. Non è chiaro se l’Iran stia davvero preparando un piano di invasione di Israele attraverso tre distinti fronti. Certo: dopo il 7 ottobre non si può più parlare a vanvera di allarmismo israeliano.

IL DOPPIOPESISMO CONTRO ISRAELE E I MASSACRI NEL RUANDA

Trent’anni fa – dopo un attentato che uccise il presidente ruandese Juvénal Habyarimana in volo col presidente del Burundi – le milizie dell’etnia hutu massacrarono in appena tre mesi quasi un milione di tutsi e di hutu moderati. Li bruciarono nelle chiese, li fecero a pezzi col machete, sfondarono crani di madri e bambini. La Chiesa abbandonò i tutsi al loro destino, così come gli ex colonizzatori europei. Poi il Ruanda è finito nelle paludi dell’economia cinese e sotto la dittatura di Paul Kagame. La Francia fu accusata di aver addestrato i massacratori. Ciò che dovrebbe fare specie è che, dopo un massacro così gigantesco, nessun apostolo del Bene mondiale ha accusato gli autori materiali del massacro. Sì, l’Onu ha costituito il Tribunale penale speciale per il Ruanda, che ha condannato decine di ufficiali e di politici, e migliaia di esecutori materiali del massacro. Ma il mondo, gli intellettuali, i liberal e i liberali, le opinioni pubbliche mondiali hanno espresso il loro dolore, l’indignazione, la condanna morale di questo caso di razzismo interafricano? Non quanto avvenuto altrove. Forse secondo i media e i politici gli hutu erano degli indigeni arretrati, incapaci di intendere e volere e quindi da rivestire di un’innocenza fatta di oblio? Sarebbe un razzismo alla rovescia: chi alla fine non è considerato uguale agli altri uomini. Anche in questo caso, siamo di fronte a un doppiopesismo male applicato: la malattia senile dei media.

TRUMP

Nello scacchiere mediorientale, Donald Trump potrebbe essere rischioso per il suo protagonismo incendiario in una polveriera. Il possibile sostituto di Joseph Biden alla Casa Bianca è l’opposto dei liberal: quelli eccedono in diplomazia, Trump la disprezza. Invece, la buona regola consiglia di usare la diplomazia e le armi con un’intelligenza insieme razionale e creativa. Di questo parlava L’arte della guerra di Sun Tzu, vissuto 2500 anni fa. Il candidato repubblicano è accusato di avere relazioni illecite con Vladimir Putin, ma forse è una “fake news” messa in giro dagli avversari. Comunque sia, Trump è una scommessa. Possiamo fermarci a giocare coi dadi nel mezzo di una scazzottata mondiale? E poi Biden è un usato sicuro oppure da rottamare? Abbiamo una Ferrari da prestare alla Casa Bianca?

REAZIONI IRANIANE?

Come reagirà l’Iran ai bombardamenti di Israele a Damasco? Dopo le minacce iniziali, il regime sciita si è chetato come un Mar Morto. Israele è in stato di allerta, ma l’unica misura ufficialmente presa è la chiusura di una trentina di ambasciate. Non va esclusa un’azione in territori apparentemente anomali, come l’America Latina. Ricordo che l’Iran ha una rappresentanza diretta permanente presso il regime del Venezuela fondato del nazi-comunista colonnello Hugo Rafael Chávez (che ebbe contatti con la giunta militare argentina di Jorge Rafael Videla). Il Venezuela è ricolmo di immigrati politici di Hezbollah, che hanno fatto parte del Governo. Del resto nel Belize (ex Honduras britannico) io divenni amico di un algerino, diventato portaborse-consigliere di un ministro palestinese eletto nel primo Governo indipendente (1981). Infine, non dimentichiamo che il ritorno dell’araba (in)felice di Luiz Inácio Lula da Silva alla guida del Brasile sta dando un robusto aiuto al quartetto d’archi di Nord Corea, Russia, Cina e Iran. Teheran ha colpito Israele nel Sudamerica nel 1994, quando Hezbollah fece esplodere la sede di Buenos Aires dell’associazione israeliano-argentina Amia, causando 85 vittime. Un altro attentato colpì la sinagoga di Buenos Aires. In Cile risiede una grande comunità palestinese, emigrata soprattutto negli anni Trenta del secolo scorso e laica, anche se suscettibile di infiltrazioni terroristiche. Siriani e libanesi sono presenti tra il Brasile, l’Uruguay e l’Argentina. È improbabile che l’Iran decida di cambiare strategia, abbandonando la guerra per interposizione che ha avuto successo, attuando uno scontro diretto. La Siria, primo alleato di Iran e Russia, si tiene ai margini, mentre favorisce il passaggio di armi sul proprio territorio. Arabi ed egiziani non vedono l’ora che la guerra di Gaza finisca.

ISRAELE

L’esasperazione di una parte della popolazione è un dato reale, ma gli israeliani non guardano la tivù, si preoccupano di mettere fine ad Hamas. Una protesta è arrivata sotto la casa di Benjamin Netanyahu, sintomo di una voglia di cambiamento che diventerà realtà in funzione dei risultati ottenuti dal Governo. Dovranno comunque cambiare i vertici dei Servizi di informazione e il loro metodo di azione, che ha avuto un tragico insuccesso il 7 ottobre scorso.

ITALIA

I collettivi degli studenti universitari denotano il fallimento esponenziale del processo educativo-scolastico targato da una cultura storica novecentesca e da una cultura geopolitica inesistente. Rileviamo, con sgomento, che nel mondo dell’informazione totale, quanto bipolare e caduta in un mix social-web in cui l’ultimo dei cialtroni è equiparato al primo degli esperti, manca totalmente uno studio dei mass media e della semiotica (Umberto Eco, se fosse stato neozelandese, sarebbe oggi più importante dei Beatles e di Che Guevara negli anni Sessanta). In un mondo in cui la geopolitica è divenuta fondamentale, perché è l’integrazione tra geografia, economia nazionale e politica internazionale, quasi nessuno ha nozione di ciò che succede nel mondo e nell’economia. Quindi, cosa pretendere dagli universitari della Normale di Pisa o della Luiss? Boicottino la cultura israeliana, col placet dei loro docenti. Ma almeno fingano di boicottare anche tutti i prodotti russi o cinesi. Per esempio, lottino in favore degli uiguri dello Xinjiang e dei tibetani resi schiavi e colonizzati dal 1954. Per giunta, gli uiguri sono musulmani come i palestinesi di Gaza (cui quel territorio fu affidato da Israele senza condizioni né troppi controlli, a giudicare dai 500 chilometri di tunnel scavati da Hamas). Del resto, Mao Zedong, adorato ai tempi del 1968, dormiva con un esercito di concubine. E condannò alla morte per fame milioni di contadini. Inoltre in piena “rivoluzione” culturale diceva e scriveva agli studenti: “Più studiate e più diventate stupidi”. Su questa affermazione maoista si basa ancora oggi parte del nostro corpo docente?

TURCHIA

Erdoğan è diventato un piccolo sultano, trasformandosi di volta in volta in uno Zelig voltafaccia a metà: un po’ con la Nato e un po’ con Putin, un po’ con Israele e un po’ contro, amico degli africani, ma assai intrallazzone in Libia e altrove. Il partito islamico Akp è stato sconfitto in tutte le città, nelle elezioni dello scorso marzo. È presto per parlare di fine politica del presidente turco (che in questi giorni farà visita al presidente Joseph Biden) e di una vittoria del partito laico Chp. “Grazie” anche alla crisi economica, il futuribile leader Özgür Özel riporterebbe verso Occidente la strategica Porta d’Oriente a cavallo di un Bosforo dove transita la flotta russa del mar Nero. Hanno vinto i sindaci di Ankara e Istanbul, Mansur Yavas ed Ekrem Imamoglu, contro il centralismo di Ankara e il potere statalista che connota le nazioni poco o per niente democratiche.

FASCISMO E SINISTRA

I fascisti di destra sono in calo e sono pro-dittature consapevolmente. A sinistra invece sono in aumento mediatico, se non reale. Pur se “antifascisti” diventano “dittaturisti” grazie a un leninismo mai abbandonato del tutto. Per giunta, le campagne di boicottaggio culturale contro Israele lanciate dai dittaturisti sono aizzate anche da media progressisti o mainstream che diventano sempre più urlatori e scandalistici, come era il vecchio Sun inglese. Mentre tutti osteggiano Israele l’Iran è diventato Responsabile dei diritti civili all’Onu. Tra gli scheletri negli armadi di sinistra ricorderei i boicottaggi dei pompelmi di Giaffa, negli anni della Seconda intifada lanciata da Yasser Arafat, quando saltavano in aria bar e scuole israeliani. Arafat era – forse – nipote del Gran mufti di Gerusalemme, che fomentò pogrom anti ebrei prima della formazione dello Stato israeliano e che visse a Berlino, armato e sovvenzionato da Benito Mussolini e Adolf Hitler, tanto che formò un battaglione di Ss islamiche che combatterono contro gli Alleati sul fronte jugoslavo. Ricordo anche la lunga campagna contro la Nestlé, accusata di avere dei capitali azionari israeliani. I terrapiattisti politici sono terribili, hanno gli occhi sotto i piedi e sono tra noi.

Aggiornato il 09 aprile 2024 alle ore 13:34