Israele: quale alternativa per il “cessate il fuoco”

C’è qualcosa di inquietante sulle reiterate e continue richieste di “cessate il fuoco” a Israele per la guerra a Gaza da parte delle istituzioni internazionali. Sono passati solo 67 giorni dalla carneficina perpetrata da Hamas sul territorio israeliano, che ha provocato 1.200 morti innocenti orrendamente trucidati dai terroristi e il sequestro di 242 ostaggi israeliani e di altre nazionalità. Quando si tratta di Israele la memoria è corta. Ci siamo subito dimenticati dell’inaudita violenza islamista e il mondo ha subito puntato il dito inquisitore verso lo Stato ebraico che da vittima è rapidamente diventato carnefice. L’immediato “cessate il fuoco” è richiesto da parte dell’Onu, istituzione internazionale inutile da quando è in mano a una maggioranza di Paesi orgogliosamente antidemocratici e filopalestinesi a prescindere. Se si esclude la nascita di Israele, con la risoluzione dell’Onu del 1947, con la quale era prevista la creazione anche di uno Stato palestinese, la funzione di una sorta di Governo sovranazionale per la risoluzione negoziata dei conflitti locali, l’Onu non ha più ragione di esistere. Tutte le risoluzioni successive, fino ai giorni nostri, sono sempre state contrarie ad Israele, spesso con la medesima maggioranza di Stati ostili allo Stato ebraico.

La stessa Unione europea continua a fare pressione per una tregua “umanitaria” a Gaza. Gli Stati Uniti, unici a sostenere anche militarmente Israele, sono alla ricerca di una mediazione che possa garantire la sicurezza d’Israele e nel contempo si stanno facendo parte attiva per cercare di salvare gli ostaggi che ancora, si spera, siano in vita. Tuttavia, il presidente degli Stati Uniti sta facendo pressione sul primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per modificare la compagine di un Governo democraticamente eletto, solo per il fatto che è l’Esecutivo più di destra della breve storia di Israele. La pressione sullo Stato ebraico per la sospensione delle ostilità per ragioni umanitarie è certamente moralmente condivisibile. Chi può essere favorevole alla continuazione di una guerra devastante per i civili palestinesi (anch’essi ostaggi dei terroristi di Hamas) e per l’esercito con la stella di David? Nessuno più degli israeliani desidera la fine di una guerra non certamente voluta da loro.

In tutte le guerre in Medio Oriente che si sono succedute dal 1948 in poi, tutte vinte da Israele, l’unico Paese democratico dell’area è sempre stato attaccato dai Paesi confinanti, con l’obiettivo di annientare uno Stato che non volevano riconoscere. Ciò nonostante, ha sempre negoziato la pace con quelle nazioni che hanno riconosciuto l’esistenza di Israele offrendo territori conquistati. Alla richiesta pressante di una tregua umanitaria che permetterebbe la riorganizzazione di Hamas, non viene indicata una alternativa alla guerra che tuteli il diritto di Israele di esistere e che possa garantire la sicurezza dei cittadini israeliani. Cittadini che convivono da sempre con attentati terroristi e con vicini che hanno come mission l’eliminazione fisica di ogni israeliano. Fino a quando la comunità internazionale non si farà parte attiva per garantire il diritto ad esistere dello Stato di Israele e la coesistenza pacifica con i palestinesi, non si potrà chiedere ad un Governo di accettare, con la tregua “umanitaria”, che i tagliagole di Hamas, della Jihad islamica e degli Hezbollah si riorganizzino per riprendere gli attentati contro Israele.

Aggiornato il 19 dicembre 2023 alle ore 10:59