La diplomazia del “voglio la pace nel mondo”

Quanto è lontano Israele e il Medio Oriente dall’Italia, dall’Europa e dagli Stati Uniti? I quotidiani di ieri ci hanno fatto sapere con dovizia di dettagli che la presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni e la leader del Partito democratico – primo partito delle opposizioni – Elly Schlein non solo si scambiano messaggi ma addirittura sono riuscite a trovare un accordo bipartisan in materia di politica estera italiana. La presunta convergenza tra la maggioranza e il Pd si è concretizzato con l’approvazione, grazie alla astensione dei partiti di maggioranza, della mozione dem che chiede il cessate il fuoco e una azione diplomatica e politica più incisiva del Governo italiano sull’Esecutivo di Gerusalemme. Come se il Governo di centrodestra italiano avesse più potere diplomatico di convincimento degli Stati Uniti alleato storico di Israele.

Altro aspetto che mi è sembrato sorprendente della stampa italiana, sia quella orientata a sinistra che quella conservatrice e liberale, ha salutato con unanime favore l’approvazione della mozione del Partito democratico. Perfino editorialisti che scrivono su giornali liberali e che sono invisi alle penne rosse dei principali quotidiani italiani si sono schierati a favore di quella che considerano “un’unica strada”, quella dei “due popoli e due Stati”, dimenticando che la risoluzione dell’Onu 181 del 29 novembre 1947 prevedeva il piano adottato dall’assemblea generale delle Nazioni Unite per la spartizione della Palestina mandatarie in due Stati: uno ebraico, comprendente il 56 per cento del territorio, l’altro arabo, sulla parte restante, mentre Gerusalemme sarebbe stata corpus separatum sotto l’amministrazione delle Nazioni Unite. Approvata a larga maggioranza dopo lunghi negoziati preliminari, fu accettata dallo stato ebraico e respinta dalla comunità arabe e non fu mai attuata.

Il 14 maggio 1948, David Ben Gurion, primo ministro del nuovo Stato di Israele, proclama ufficialmente la nascita dello Stato ebraico. Lo stesso giorno della proclamazione la Siria, la Giordania, l’Egitto e l’Iraq attaccano Israele. Da quel momento in poi, Israele deve continuamente difendere l’esistenza dello Stato ebraico e la vita stessa dei propri cittadini sia nella componente ebraica di religione che quella arabo-israeliana. Tutti i governi che si sono succeduti dal 1948, sia Laburisti che del Likud, non hanno lasciato mai nulla di intentato per cercare di trovare un accordo definitivo di pace con i Paesi arabi e con i palestinesi.

Le “organizzazioni politiche” palestinesi, invece, hanno sempre perseguito l’annientamento dello Stato ebraico. Dopo l’orrenda azione terroristica del 7 ottobre da parte di Hamas, il primo ministro Benjamin Netanyahu si è trovato nella situazione di difendere la sua nazione dall’eccidio più grave di ebrei dopo l’olocausto nazista e di cercare di liberare gli ostaggi presi dai tagliagole islamisti. Credo che la difficile decisione presa dal gabinetto di guerra israeliano di cercare di neutralizzare, una volta per tutte, l’esercito dei terroristi di Hamas abbia scontato la possibilità concreta di provocare molte vittime civili palestinesi, anch’essi sequestrati da Hamas, e molti morti anche tra i militari, in larga parte riservisti, con la stella di David. Mi chiedo: quale sarebbe stata la risposta degli americani e degli inglesi, se avessero dovuto subire il medesimo vile attentato? È facile per l’Occidente chiedere a Israele il cessate il fuoco a migliaia di chilometri di distanza.

Aggiornato il 15 febbraio 2024 alle ore 15:11