L’Occidentedemocratico” è riuscito nell’impresa di tirare la volata all’autarca turco nelle recenti elezioni politiche e presidenziali. Al primo turno, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo di Recep Tayyip Erdoğan ha ottenuto la la maggioranza dei seggi in Parlamento, ma non è riuscito a superare il 50 per cento dei consensi per la riconferma alla presidenza della Repubblica. Al secondo turno, come era ampiamente previsto, ha superato lo sfidante Kemal Kılıçdaroğlu leader del Partito Popolare Repubblicano.

Il declino di Erdoğan sembrava irreversibile, dopo la sconfitta alle elezioni comunali di Istanbul. Dalle cancellerie europee era stato additato, nel migliore dei casi, come un autarca. Con la scusa di un presunto golpe ha epurato centinaia di migliaia di dipendenti pubblici. Inoltre, ha di fatto azzerato la libera stampa e si è affrancato la “benevolenza” della magistratura.

È riuscito a trasformare un Paese laico, fondato da Mustafa Kemal Atatürk, in una Repubblica semi-teocratica. L’opposizione turca, galvanizzata dagli insuccessi in economia e dalla disastrosa gestione del terremoto, mettendo da parte le divisioni politiche si era riunita per cercare di sconfiggere il “califfo” che governa la Turchia da 20 anni e che si accinge, con la vittoria alle Presidenziali, a governarne altri cinque. In teoria, è il terzo e ultimo mandato. Oltre questo, infatti, la Costituzione turca prevede l’ineleggibilità.

Tuttavia, in Turchia nulla può essere dato per scontato. Non è ancora detto che Erdoğan non riesca ancora una volta a modificare la Costituzione per diventare “presidente a vita”. Prima dell’invasione da parte della Federazione Russa dell’Ucraina, era considerato un “dittatore con cui si deve dialogare”. Grazie alla guerra, è riuscito con grande abilità a diventare l’unico vero interlocutore diplomatico tra la Federazione Russa e l’Ucraina. E quindi nei confronti del resto del mondo.

La sua Turchia continua a fare affari con la Federazione Russa, svolgendo l’attività di triangolazione tra le esportazioni e le importazioni russe. Il grande successo diplomatico ottenuto con la risoluzione del problema dell’esportazione del grano ucraino lo ha reso l’interlocutore privilegiato dell’Occidente democratico. Senza colpo ferire, i leader del mondo occidentale guardano al “califfo” non più come un autocrate ma come colui che potrà contribuire a far cessare la carneficina in Ucraina.

Dopo la rielezione, Olaf Scholz si è affrettato a invitarlo in Germania con l’obiettivo di ridare “nuovo slancio” alla cooperazione tra i due Paesi. Se Vladimir Putin è riuscito a far “resuscitare” il Patto Atlantico, i Paesi democratici sono stato in grado di far diventare Erdoğan un leader riverito dalle democrazie occidentali. Gli autarchi non sono tutti uguali!

Aggiornato il 31 maggio 2023 alle ore 10:36