Afghanistan, istruzione negata: ma che ci importa

Le autorità talebane hanno emesso un nuovo divieto nei confronti di tutte le donne: l’interruzione dell’istruzione universitaria. A tempo indeterminato. Lo ha annunciato il ministero dell’Istruzione superiore in una lettera inviata a tutte le università governative e private del Paese. La lettera, come riporta il Riformista, è stata confermata e diffusa dall’emittente locale Tolo News.

La missiva firmata dal ministro Neda Mohammad Nadeem annuncia: “Vi informiamo di attuare il citato ordine di sospendere l’istruzione femminile fino a nuovo avviso”.

Le donne afghane non solo sono ripiombate in uno stato di subordinazione, ma sono state definitivamente escluse dalla vita pubblica del Paese.

Ma in fondo non ci possiamo stupire: quando lo scorso ottobre Nadeen fu nominato responsabile dell’università, aveva espresso la sua ferma opposizione all’istruzione femminile, considerandola non islamica e contraria ai valori afghani.

E d’altra parte, nessuno ha protestato quando il 23 marzo scorso i talebani hanno vietato alle studentesse di frequentare la scuola oltre il sesto grado (l’equivalente della nostra prima media). Esattamente come non si sono viste levate di scudi quando, lo scorso 7 maggio, il leader supremo dei talebani, Haibatullah Akhunzada, ha imposto tramite decreto il velo integrale – che può lasciare scoperti solo gli occhi – per tutte le donne che escono dalla propria casa.

Ma a noi, che importa?

Siamo troppo impegnati a pensare a tutti i problemi quotidiani che ci attanagliano: dobbiamo arrivare a fine mese, e con l’inflazione galoppante, la guerra, non possiamo proprio starci a preoccupare di quello che succede in un Paese così lontano da noi. E chi se ne frega se tutti i governi occidentali hanno riconosciuto come legittima la prese di potere dei talebani: dobbiamo mantenere buoni rapporti internazionali.

Infatti ci siamo goduti i Mondiali di calcio in Qatar.

Aggiornato il 21 dicembre 2022 alle ore 16:26