“Jihad Advertising”. Cioè, tanta pubblicità per il terrorismo jihadista: questo e non altro rappresentano gli attentati contro i “combacting bystanders”, che poi siamo tutti noi, ovvero i ragazzini di Manchester, i rockettari del Bataclan, gli avventori del night club Reina di Instanbul, i passeggeri negli aeroporti, i pedoni sul lungomare di Nizza e, soprattutto, le centinaia di migliaia di fedeli sciiti nelle moschee mediorientali, i cristiani ortodossi nelle chiese copte, etc., etc.. Siccome noi, qui sul Vecchio Continente, scambiamo come babbei i buoni con i brutti e cattivi, praticando la distinzione folle tra Islam e terrore (e non, invece, tra miliardi di fedeli musulmani innocenti e incolpevoli, da un lato, e le forme degenerate dell’islamismo radicale waabita, dall’altro!), diamo la parola ai colleghi inglesi dell’ex “Perfida Albione”, per dire pane al pane e vino al vino. Prendiamo due grandi giornali dello scorso 25 maggio: The Guardian e The Indipendent. Il primo, quotidiano di sinistra e severamente critico con l’attuale Governo conservatore, pubblica un articolo a firma di Simon Jenkins, titolando che: “Abbiamo bisogno di una ferma risposta contro il terrorismo”. Vittima di turno dei suoi strali è la Premier Theresa May, che ha elevato al massimo livello l’allarme terrorismo, citando attentati imminenti.
“Cui prodest?”, si chiede il giornale. E si risponde: tutta pubblicità gratuita per i terroristi del Califfo Nero. Esattamente quello che lo Stato Islamico sperava avvenisse. Tipo: ma si può essere più scemi (noi) di così? Questo perché “le società aperte non possono in alcun modo difendersi dagli attacchi suicidi. Le misure che si prendono per garantire la sicurezza pubblica (del tipo: riempire le piazze di poliziotti, chiudere strade e controllare bagagli a mano) ha il semplice effetto di reindirizzare altrove il potenziale kamikaze. Questo tipo di suicido è l’arma finale dei poveri contro i più ricchi [e ben armati]. Quello che possiamo fare, invece, è capire come la pensano il potenziale terrorista e la rete dei suoi complici, per prevenirne le mosse alla fonte. E questo attiene alle operazioni sotto copertura, com’è evidente anche a un bambino. A loro spetta il compito di prosciugare il retroterra di cui si nutre il terrorismo, infiltrando sistematicamente le reti islamiche che operano sul nostro territorio [...], ma senza dare alcuna pubblicità dei risultati così ottenuti [...] I leader hanno il dovere di rassicurare anziché instillare l’ansia nella pubblica opinione. Minimizzando, quindi, anziché fare da propagatori dell’impatto sociale delle stragi. Ricordate che cosa disse ai suoi cittadini il sindaco di New York, subito dopo l’attentato dell’11 Settembre 2001: ‘compratevi una pizza, portate i bambini al parco, andate a vedere uno spettacolo’”.
La May, invece, facendo presidiare le strade dall’esercito ha totalmente ignorato il suggerimento di Giuliani, come pure la massima della Thatcher che sosteneva di voler “negare al terrore l’ossigeno della pubblicità”. Infatti, è ridicolo supporre che simili dimostrazioni di forza possano mai far desistere i kamikaze dai loro propositi suicidi. E, poi: chi sa davvero quando e dove avverrà il prossimo attacco? Un vero leader dovrebbe “pregare i media di non fare il gioco dei terroristi, mandando migliaia di volte in onda la violenza alla quale ci hanno sottoposto, con l’indicibile corredo della disperazione delle famiglie colpite”. Signori colleghi, vale anche per noi! Ancora più duro è The Indipendent, nell’articolo a firma di Patrick Cockburn, che punta il dito sull’ipocrisia di coloro che sostengono come il terrorista di Manchester non abbia nulla a che spartire con l’Islam. Certo, bisogna fare ben attenzione di non fare di tutta l’erba un fascio, visto che miliardi di fedeli musulmani non c’entrano nulla con le gesta del jihadismo. Ma, all’opposto, non si debbono sfumare troppo le vere responsabilità del mondo musulmano, per quanto riguarda la sua tolleranza nei confronti dell’Islam radicale.
E qui, finalmente, l’inglese parla arabo, dicendo che: “L’ispirazione profonda di questi soggetti promana dal waabismo, sorta di Islam regressivo, puritano e fanatico che trova la sua patria in Arabia Saudita e la cui ideologia si sposa con quella di Al-Qaeda e dell’Isis. Si tratta di un credo esclusivo, intollerante nei confronti di tutti coloro che la pensano diversamente, come i liberali laici, gli appartenenti ad altre comunità musulmane, sciiti in particolare, o le donne che non desiderano essere trattate come schiave”.
Gli jihadisti waabiti sono feroci e genocidari alla stregua dei khmer rossi cambogiani: tutti coloro che non appartengono alla loro setta sono solo dei sub-umani degni di essere massacrati. Malgrado che la causa della loro “radicalizzazione sia da tempo ben nota, il Governo, la Bbc e altri evitano da sempre di dire le cose come stanno, per non offendere i sauditi o essere accusati di tendenze anti islamiche. [...] Tutti costoro volgono sistematicamente lo sguardo altrove, senza mai puntare il dito verso l’Arabia Saudita, quando si parla di terrorismo”. E noi? Non siamo forse ipocriti quanto tutti gli altri? Maledetti siano i petrodollari. Aveva ragione da vendere Pasolini con il suo “Petrolio”!
Aggiornato il 27 maggio 2017 alle ore 09:48