Guai a chi ha esultato, venerdì sera, 15 luglio, per il tentato golpe dei militari turchi! Conoscendo il carattere vendicativo del nuovo Caudillo con la Mezzaluna, mi sentirei in imbarazzo, se avessi dato “televisivamente” manifestazioni di gioia incontenibile per la sua presunta estromissione. Evidentemente la gaffe analoga, nella quale sono incorsi autorevolissimi commentatori e i “giornaloni” durante la conta elettorale in occasione della Brexit, non ha insegnato nulla a nessuno. Al mattino dopo ci si sveglia con il risultato finale che ribalta tutte le previsioni e le proiezioni della sera precedente! Sempre attendere almeno 24 ore prima di fare analisi azzardate, come si consiglia per i prelievi del sangue dopo una solenne sbronza. Soprattutto, dovendo commentare stragi come quella di Nizza. Ma il problema, nel caso del tentato golpe turco, mi pare piuttosto chiaro. Mettendo tra parentesi i maligni che sostengono che Erdogan il “putsch” se l’è messo in scena da solo per rafforzare la sua posizione e per liberarsi in una sola mossa di scomodissimi oppositori interni, io sto al seguente dato di fatto: i carri armati in strada c’erano per davvero e gli F-16 volavano minacciosi in cielo e anche gli elicotteri.
I golpisti vecchio stampo non hanno, però, tenuto conto dei seguenti aspetti fondamentali (il che la dice lunga sulla loro intelligenza). Primo: la popolazione non si è chiusa in casa. Al contrario: i sostenitori del Sultano sono scesi in piazza a migliaia, dimostrando che quel tipo di Islam non ha paura di farsi martire per difendere le sue credenze millenarie pre-Ataturk. Secondo: Erdogan non è stato - da subito - né fatto prigioniero, né eliminato. Il che gli ha permesso - attraverso un banale smartphone - di rilanciare la sua sfida sul piatto dell’azzardo politico, chiamando i suoi (che - è bene ricordarlo! - sono “Maggioranza” in Turchia!) alla mobilitazione. Terzo: quando la gente si è schierata e sdraiata indomita davanti ai carri armati, ai golpisti in divisa è rimasta la sola scelta che “non” potevano fare: procedere al massacro in piazza degli oppositori, scatenando una guerra civile che avrebbe fatto centinaia di migliaia di morti e proiettato la Turchia, l’Europa e il Medio Oriente in un formidabile caos in cui tutti avrebbero perso il controllo della situazione, tranne (ci scommettiamo?) l’Isis e i radicali islamici.
Meglio così, pertanto. Ma stiamo attenti: non dobbiamo in alcun modo consentire che il nuovo Erode islamico trovi il consenso internazionale per scardinare ulteriormente l’attuale Costituzione turca, come fecero Hitler e Mussolini, edificando sulle macerie del precedente regime democratico la loro drammatica dittatura. Facciamo che quella storia non si ripeta. L’Isis è “anche” colpa di Erdogan. Il Sultano ha di recente pagato la presa di distanza dal Califfato, ricucendo con Putin, che in Siria usa i bombardieri contro i fondamentalisti: poco dopo quella mossa conciliatrice i terroristi si sono fatti saltare all’aeroporto di Ankara. Notate una cosa: Hamas gli ha espresso solidarietà immediata. Hamas! Non Israele. Come per dirgli: stai dalla nostra parte o sei finito. Per fortuna nostra e del resto del mondo, Erdogan non è affatto libero di fare ciò che vuole. Per esempio, non può in alcun modo riportare il suo Paese ad un’epoca pre-industriale, come accade in tutti i regimi islamici che, per prima cosa, odiano la modernità!
Per sopravvivere e mantenere una decente qualità della vita (alla quale tutti i turchi si sono abituati!) la Turchia ha assoluto bisogno dei mercati europei, asiatici e americani per esportare le sue merci. Militarmente, poi, senza la Nato e gli armamenti sofisticati americani, Ankara sarebbe una tigre senza zanne, alla mercé dei suoi nemici di sempre. Altro fatto che darei per scontato è l’impossibilità che il Sultano possa osare modificare la Costituzione per instaurare un regime islamico, dovendo lui stesso, in questo caso, fronteggiare il rischio concreto di guerra civile, alienandosi per sempre - tra l’altro - l’alleanza delle democrazie laiche occidentali e perdendo del tutto i requisiti per l’adesione all’Unione europea. Cosa che, si badi bene, sarebbe avvenuta fin da subito nel caso che i militari avessero conquistato il potere! Quale Paese occidentale infatti, dentro e fuori l’Unione, avrebbe mai accettato di dialogare con un regime dittatoriale, insediatosi a seguito della rimozione forzata di un presidente democraticamente eletto? Allende non è più di moda e il mondo attuale è anni luce distante da quello di Pinochet. Ecco, spero che almeno a questo servano gli incidenti mediatici del 23 giugno e del 15 luglio 2016!
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:48