L’Unione politica   europea: una necessità

La Gran Bretagna di Cameron non vorrà Brexit e, per cambiare le cose, cerca e di fare sponda con gli euroscettici sul continente. Cameron sta cercando di cambiare le condizioni della propria presenza nell’Unione europea, lasciando l’area di libero scambio e togliendo dirigismo e vincolismo. Vuole ottenere concessioni significative anche per confermare se stesso di fronte al proprio elettorato. Per queste ragioni Cameron, in questo momento, sta spiegando su uno dei principali quotidiani tedeschi, il Bild, alla Germania, che diminuire le competenze comunitarie in politica fiscale, immigrazione, e concorrenza è nell’interesse anche dei tedeschi. Cameron vuole, ad esempio, che un cittadino europeo debba risiedere e lavorare nel Regno Unito da almeno quattro anni prima di accedere ai sussidi e agli assegni familiari. All’unisono il tedesco Scholz vicepresidente dei socialdemocratici tedeschi ha prontamente confermato che “la libertà di movimento non significa libertà di ricevere i benefici sociali ovunque”. Dunque ecco che, mentre Cameron ce l’ha con il sistema europeo ritenuto troppo assistenzialista verso gli stessi cittadini europei, Angela Merkel, dopo gli stupri e le aggressioni di Colonia e di Amburgo ed in altre città da parte di migliaia di arabi e nordafricani, ha annunciato un giro di vite e sostenuto la norma di mero buon senso che prevede che chi non rispetta le nostre leggi occidentali e la nostra cultura occidentale deve essere rispedito a casa sua, e che non si può pensare di mantenere chiunque varchi i confini tedeschi. Un ministro di Merkel ha affermato, a giro, di volerne la deportazione. Come si vede, Gran Bretagna e Germania si stanno oggi confrontando su temi diversi. La Francia, provata dai massacri di Charlie Hebdo e del Bataclan e altro, ha ucciso l’altro giorno un marocchino inneggiante al jihad il quale, armato di coltello e di una cintura esplosiva apparentemente vera, seminava il panico nel centro di Parigi. L’Unione europea ha scoperto, oggi traumatizzata, il terrorismo islamico e comincia a smettere di fare fintamente la buonista arrangiando definizioni e parole che fanno di tutto tranne che descrivere i fatti per quello che sono, terrorismo islamico. E’ passato già un anno e non si sa ancora cosa debba succedere perché si chiami col suo nome il terrorismo e si corra a costruire e pensare una strategia, ai ripari. Ancora un anno è passato politicamente invano. Migliaia di immigrati islamici possono aggredire chiunque e tutti in Europa, senza temere alcunché dall’Unione europea, dolosamente ammutolita, incapace, stordita. E’ un anno passato politicamente invano in Europa, e in Italia dove non ci si è dati tuttora un governo legittimamente eletto, e quello illegittimo, Renzi ha aumentato deficit e debito, furberie e tasse contro gli italiani, col trucchetto penoso dello sforamento dei parametri di bilancio su cui il governo non eletto ha costruito l’intero impianto della legge di stabilità. Sono 13 immaginifici miliardi infatti di flessibilità immaginifica quelli previsti ad oggi per le coperture finanziarie. Ecco quindi spiegato l’arrivo di certe nuove tasse nel 2016, la manovra correttiva che verrà fatta come sempre a carico degli italiani. “L’Italia ha chiesto varie flessibilità per le riforme strutturali, per gli investimenti, per i migranti. Dipende dalla Commissione Ue. L’unica cosa che posso dire è: non spingiamo” ha affermato Dijsselboem nel giorno dell’inaugurazione del semestre di presidenza olandese dell’Unione europea. “La flessibilità deve essere applicata in modo serio e non deve danneggiare la credibilità del Patto di stabilità” ha sostenuto all’unisono altri. Si ricordi che la disciplina del Trattato di Maastricht, integralmente confermata dai due Trattati successivi di Amsterdam e di Lisbona - negli articoli 102 A, 103, 104 c del TUE (Maastricht), negli articoli 98, 99, 104 di Amsterdam e in quelli n. 120, 121, 126 di Lisbona - era, è sempre stata ed è finalizzata alla crescita. L’obiettivo della crescita è stato cioè affidato agli Stati membri i quali lo avrebbero dovuto realizzare avvalendosi ciascuno della propria politica economica e della capacità di indebitamento regolamentata dall’art. 104 c del Trattato di Maastricht – e negli articoli 104 di Amsterdam e 126 di Lisbona. Sono venti anni circa che l’Unione europea si sta aggrovigliando ben bene su se stessa senza andare da nessuna parte, anzi sempre peggio e male per tutti. E’ cioè dal regolamento n. 1466 del 1997 e quelli successivi che hanno introdotto il Patto di stabilità e crescita che all’obiettivo della crescita hanno ed è stato sostituito il risultato della parità del bilancio a medio termine. In base al Trattato di Maastricht, al contrario, gli Stati membri avrebbero avuto ciascuno una propria autonoma politica economica e l’Unione europea l’avrebbe coordinata con direttive di massima. Lo scostamento operato con il regolamento n. 1466 del 1997 rispetto alla disciplina dei Trattati ha rappresentato l’inizio del baratro dato che alle autonome politiche economiche di ciascuno Stato membro è di fatto subentrata la norma, rigida e ferma nel tempo, del bilancio a medio termine in attivo o in pareggio, imposta direttamente dal mero regolamento, che non è un Trattato, lo si ricordi, non ha cioè valore assoluto proprio di un Trattato. Al coordinamento da effettuarsi da Commissione e Consiglio con direttive di massima e che si sarebbe concluso con mere raccomandazioni, atti cioè non vincolanti ex art. 189 Trattato di Maastricht, sono state sostituite decisioni prese dalla Commissione e dal Consiglio, con il concorso del Comitato economico e sociale, qualificate enfaticamente “inviti”, dotati in realtà di forza cogente. E se l’invito non viene oggi accettato, lo Stato risulta inadempiente all’obbligo di presentazione del programma. Per dirla in parole più chiare, negli anni 1995-1999 si sono sostituiti nell’Unione europea, al posto dei tre Trattati specificamente di Maastricht, di Amsterdam e di Lisbona, tre regolamenti ed atti loro collegati e conseguenti, e, dopo quindici anni circa di mancata applicazione dei Trattati, le condizioni sono totalmente a dir poco mutate tanto che la ricerca di una via di uscita è divenuta difficile, se non quasi impossibile. Il regolamento n. 1466 del 1997 e quelli successivi hanno posto fine al regime democratico perché se i governi sono privati dei poteri essenziali per decidere una propria politica economica, i regimi democratici sono automaticamente cancellati per il venir meno del loro stesso presupposto.

Lo si ripete, nel sistema del Trattato di Maastricht/Amsterdam/Lisbona, i governi degli Stati membri erano - e sono - ciascuno titolare di una propria autonoma capacità di politica economica e la stessa erano – e sono - tenuti ad esercitare per conseguire l’obiettivo della crescita. Agli Stati membri, al predetto fine, era stato attribuito uno strumento essenziale, quello di indebitarsi entro limiti corrispondenti a quelli di cui fruisce la maggior parte dei Paesi competitori. Il regolamento n.1466 del 1997 ha cancellato d’un colpo, e senza che ci se ne accorgesse e facesse prontamente valere, i poteri necessari per deliberare ed attuare una propria autonoma politica economica, sostituendoli con il dovere del pareggio del bilancio a medio termine, congiunto all’obbligo, diverso dall’uno all’altro Stato membro, di attenersi per raggiungere il risultato ad un percorso prefissato dagli organismi dell’Unione. Con un solo principio, condensato in non più di quattro righe del regolamento, precisamente con l’art. 2, lett. a e art. 4, n. 1, gli Stati membri dell’Unione europea sono stati privati degli strumenti necessari per realizzare l’obiettivo della crescita, cui si sarebbe aspirato e si aspira, ed è stato soppresso del tutto il principio democratico. Responsabili del regolamento 1466/97 e degli altri atti conseguenti sino ad oggi sono stati e sono i membri della Commissione europea, e i titolari delle responsabilità di Ministro del tesoro, delle finanze, dell’economia e simili negli Stati membri i quali avrebbero avuto, così come hanno tuttora, l’ obbligo di rispettare e fare rispettare, dare esecuzione ai Trattati. Tale fondamentale obbligo hanno violato e/o concorso a fare violare, o consentito che venisse violato e violano, partecipando ai procedimenti per l’approvazione del reg. 1466 del 1997, 1055 del 2005 e 1175 del 2011, di atti anomali quali il Fiscal Compact, nonché alla adozione ed approvazione di provvedimenti integrativi od applicativi di quelli sino ad oggi.

Oggi l’Unione europea può venirne a capo e riannodare le fila di un ipotetico filo logico e di buon senso solo puntando sull’Unione politica. In un’ Unione politica la garanzia del debito è data dalla capacità di produrre crescita, espressa dal sistema nel suo insieme. Si tratta di un livello di capacità che gli Stati membri, nelle attuali condizioni, non sarebbero in grado di promuovere. Bisogna pertanto cambiare, riconvertire. Quello che oggi ci consegnano i trascorsi quindici anni sono macerie. E’ necessario mettersi a tavolino e costruire l’Unione politica europea. Le capacità produttive dell’Unione sono oggi sostanzialmente sottoutilizzate nel loro complesso. Il governo politico dell’Unione ha ed avrà i mezzi e gli strumenti per avviare un processo virtuoso di sviluppo. E’ necessario adesso tracciare una netta linea di demarcazione con i trascorsi quindici anni, ed affrontare il futuro con speranza, saggezza ed entusiasmo, lasciando una forte impronta europea nella storia futura globale.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:01