Scholz al capolinea, il 22 settembre tutto può cambiare

Mentre in Italia tutti i media, pressoché senza distinzione, si sollucherano da settimane con il gossip più becero o vaticinando inchieste or su quel ministro, or su quel dirigente di partito, in Germania c’è un cancelliere che sta per preparare gli scatoloni, travolto da un’irrefrenabile ascesa dell’ultradestra che non ha eguali dal dopoguerra ad oggi. Se qui da noi qualcuno ha voluto derubricare i risultati delle elezioni di pochi giorni fa in Turingia e Sassonia, dove il partito di estrema destra Alternative für Deutschland ha raggiunto rispettivamente il 33,5 per cento (divenendo il primo partito del Land) e il 30,5 per cento (appena un punto sotto la Cdu) come un incidente di percorso, o si è sbagliato di grosso oppure non vuole rendersi conto della realtà.

Grandi “esperti” di geopolitica all’amatriciana ci hanno fatto credere che questi risultati fossero, come si dice, un fatto serio ma non grave. Probabilmente lorsignori saranno costretti ad aprire gli occhi e ricredersi dopo le ulteriori elezioni che si svolgeranno il 22 settembre nel Brandeburgo, roccaforte socialdemocratica dal 1990. Anche qui, infatti, nel Land che ingloba completamente la città-stato di Berlino e che l’Spd ha governato anche per tutta la lunga stagione di Angela Merkel, gli ultimissimi sondaggi (che in Germania sono molto attendibili e precisi, contrariamente a quelli nostrani) assegnano la vittoria ad AfD, con un dato che oscilla tra il 27 e il 27,5 per cento, cioè oltre quattro punti sopra i socialdemocratici di Olaf Scholz, quotati al 23 per cento, e quasi dieci punti in più della Cdu, che è data al 18 per cento. Un risultato, se confermato, che metterebbe quasi certamente fine alla carriera politica dell’attuale cancelliere.

Intendiamoci, che Scholtz sia ormai un morto che cammina è sotto gli occhi di tutti i tedeschi da mesi, le rilevazioni sull’indice di gradimento dei leader nazionali lo danno al 18 per cento, due punti sotto alla co-leader di AfD, Alice Weidel, e ben 13 punti più giù di Friedrich Merz, il presidente della Cdu. Non sono pochi coloro che attribuiscono proprio al cancelliere il tracollo inarrestabile dell’Spd, scesa addirittura al 6,1 per cento in Turingia, proprio dove il partito fu fondato oltre un secolo e mezzo fa (ad Eisenach) e al 7,3 in Sassonia. Le motivazioni sono tante, ovviamente, ma su tutte pesa la sua personalità troppo sfumata e altalenante su questioni come per esempio l’appoggio all’Ucraina, che in alcune dichiarazioni recenti del cancelliere non è sembrato così granitico, e sull’immigrazione, tema questo su cui la base socialdemocratica lo accusa di farsi dettare l’agenda dalle destre. Specularmente, infatti, proprio questi temi sono quelli che stanno facendo avanzare come un treno sia Alternative für Deutschland a destra, che il Bsw o Bündnis di Sahra Wagenknecht (nell’acronimo partitico la leader ha modestissimamente inserito anche le iniziali del suo nome) a sinistra. Quest’ultimo movimento, Bsw, è nato appena pochi mesi fa, l’8 gennaio 2024, ma ha già conquistato risultati a due cifre in Turingia e Sassonia ed i sondaggi per il Brandeburgo lo quotano al 15 per cento. Non solo, nelle rilevazioni sul gradimento citate poco sopra, Wagenknecht risulta apprezzata dal 28% dei tedeschi, piazzandosi al terzo posto dopo Boris Pistorius (attuale ministro della Difesa, ci tornerò tra poco) e Merz. Afd a destra e Bsw a sinistra sono per molti analisti tedeschi due facce della stessa medaglia: entrambi i partiti rivendicano la fine della guerra tra Russia e Ucraina, sostenendo platealmente Putin (su Sahra Wegenknecht aleggia persino il dubbio che sia una spia russa), e vorrebbero frontiere chiuse e lo stop all’immigrazione incontrollata.

La situazione sembra quindi arrivata ad un punto di non ritorno per Olaf Scholz ma è bene ricordare che in Germania non funziona come da noi, dove il parlamento può mandare a casa un governo ed inventarsene un altro con tutta la calma che le consultazioni quirinalizie e gli inciuci di Palazzo consentono. In Germania, infatti, vige la regola della “sfiducia costruttiva” su cui per anni anche i nostri politici hanno lungamente dibattuto, senza ovviamente arrivare a nessuna conclusione in tal senso. Personalmente lo ritengo un metodo efficace per evitare scioglimenti anticipati del Parlamento (che infatti in Germania non avvengono mai) e scongiurare ribaltoni come quelli a cui siamo abituati qui da noi. Consiste in un concetto politico-parlamentare molto semplice: un governo non può essere sfiduciato se non si è già costituita una nuova maggioranza che porti un nome condiviso come nuovo cancelliere. Un processo facile a dirsi ma non sempre a farsi ed è proprio questo il motivo che spinge Scholz a sperare di farla franca e rimanere in sella fino alle elezioni legislative dell’anno prossimo. La sua prospettiva di sopravvivenza è però contradetta dai fatti: l’Spd, il suo partito, si sta preparando proprio in questi giorni alla drastica eventualità della sfiducia costruttiva subito dopo le elezioni in Brandeburgo e il nome per sostituirlo su cui convergono tutti gli indizi è Boris Pistorius, l’attuale ministro della Difesa. Nei sondaggi più volte citati Pistorius gode dell’apprezzamento del 53 per cento dei tedeschi, scalzando tutti gli altri leader di partito e posizionandosi in testa all’indice di gradimento. Cosa potrebbe accadere in Germania se Pistorius divenisse il nuovo cancelliere non possiamo prevederlo, certo è che la sua posizione nei confronti della guerra in Ucraina è ben più tenacemente al fianco di Zelenzky rispetto a quella tentennante di Scholz, ma ancor più lontana – direi diametralmente opposta – da quella dei due partiti di estrema destra ed estrema sinistra che da soli, allo stato attuale, intercettano il voto di quasi metà dei cittadini tedeschi.

La locomotiva tedesca si è fermata da tempo e sembra tutt’altro che voler ripartire sui binari costruiti da Angela Merkel.

Aggiornato il 09 settembre 2024 alle ore 15:08