Certi anniversari ricordano che la politica era finita in mano ai giudici: e oggi?

Ancora un anniversario dopo l’altro in un’Italia come questa, che tende a dimenticare piuttosto che a ricordare. Ma anche la stampa ha i suoi vuoti di memoria. Intanto anche Gherardo Colombo parla, soprattutto perché lui è parte di quegli anniversari. Il fatto, un fatto e non solo un’opinione, è che nel doppio manipulitismo (il primo contro Bettino Craxi, il secondo Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio) è entrato non soltanto nel grande comparto mediatico giudiziario ma anche nella stessa storia oltre che cultura italiana, permeandole con i cattivi miasmi. E che dire della politica, se è vero come è vero che la sua ispirazione squisitamente giustizialista ha dato vita, forma, contenuto e rappresentanza al Movimento Cinque Stelle.

Ne abbiamo parlato e riparlato. Ma l’occasione odierna è offerta da un’intervista di Gherardo Colombo su “Il Giornale” del 21 febbraio, commentando il lancio delle monetine su Craxi. Curioso se non stupefacente, ma non inatteso, lo svolgimento del ragionamento dell’ex pm del Pool, uno dei più lucidi, accusando i cittadini “lanciatori”, se non addirittura la cittadinanza, di comportamenti scorretti sull’onda di una tendenza attualmente garantista, benché orientata soltanto su quel settore alto e non su paradigmi bassi.

Ma il nodo centrale, la matrice di tutte le conseguenze future, insomma la ragione politica viene lasciata per dir così sospesa anche se Colombo mette le mani avanti sulle accuse al Pool di Francesco Saverio Borrelli di voler fare una rivoluzione mentre, a sentire lo stesso Colombo, si trattava di far rispettare la legge, magari desueta e lasciata nel cassetto per decenni. Che poi questa applicazione abbia condotto alla fine della Prima Repubblica è un tema quasi trascurato. Et pour cause, vorremmo dire.

In realtà, non si può non rilevare che la famosa inchiesta fu condotta ai limiti, molto spesso superati, delle garanzie e delle stesse norme legislative per gli imputati, valga per tutte la carcerazione preventiva allo scopo di ottenere confessioni con nomi e responsabilità. E che dire degli arresti a grappoli, previa convocazione di televisioni fra cui le stesse berlusconiane, dove spiccava il leggendario Paolo Brosio all’ora dei suoi tg? Rivedendolo, si è colti dalle risate. Ma allora? Il punto di fondo, il passaggio chiamiamolo pure storico e dunque il senso politico, la consequenzialità di scelte della magistratura e dei risultati di tutta la montante onda giustizialista, favorita da un vastissimo apparato mediatico, tutto ciò viene a suo modo scavalcato, dando per scontato il finale di partita.

Certo, sono faccende di trent’anni fa. Ma c’è un ma, vale a dire un momento di riflessione che quello scavalco si trascina dietro anche e soprattutto perché è doppio, ripetuto, rifatto con la carta carbone come si diceva una volta. La vicenda analoga si è arricchita di un nuovo personaggio, per di più presidente del Consiglio, colpito e affondato proprio rivestendo e operando con quella carica. E per Silvio Berlusconi, vincitore a mani basse delle elezioni, fu la fine del suo Governo. Si può dire che il Cavaliere fu eliminato con la stessa tecnica usata qualche anno prima contro il leader socialista, se non fosse che Berlusconi si giovava di un imponente apparato mediatico che, tuttavia, non gli servì molto per salvarsi dalla caccia all’uomo di Antonio Di Pietro, Francesco Saverio Borrelli, Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo.

Così, le famigerate monetine sono state una sorta di prima parte, di prova generale, di un film che solo apparentemente si è chiuso nel secondo tempo, come abbiamo spesso ricordato a proposito della premiata compagnia giustizialista formata da Beppe Grillo and company. Certo, adesso vince il garantismo e lo ammette anche Gherardo Colombo, facendo i conti con Mani Pulite. Sembra che la malapianta del giustizialismo sia stata strappata. Oggi… ma domani?

Aggiornato il 23 febbraio 2022 alle ore 10:16