Energia: fossile, rinnovabile e nucleare

In epoca di gravi rincari e forte crisi, qualche riflessione sull’energia in Italia va certamente fatta, ma di carattere assolutamente generale, perché altrimenti tante altre e peggiori saranno le volte in cui ci troveremo di nuovo nell’attuale situazione di scarsità, pericolo e costi crescenti. Cominciamo però col dire subito con chiarezza che, se agiamo opportunamente, di energia nel Mondo ne abbiamo quanta ne vogliamo, tanto da poter far fronte a qualunque necessità, presente e futura, per cui si tratta solo di utilizzarla al meglio, con visione e senso politico.

Per le fonti di energia che utilizzano materie prime consumabili, anche impiegando esclusivamente carbone come fonte primaria, non avremmo nessuna penuria almeno per i prossimi due secoli. L’energia nucleare da fissione, quando saranno operativi i reattori autofertilizzanti (quelli in cui la macchina stessa provvede ad arricchire il suo combustibile nucleare della componente fissile utilizzabile) vedrà le riserve d’uranio disponibili moltiplicate e infine la scoperta di giacimenti di gas realmente imponenti e la tecnica di estrazione di petrolio dalle scisti bituminose (che ha reso di nuovo autosufficienti gli Stati Uniti) assicurano una consistenza globale delle riserve di materie prime energetiche molto maggiore di ciò che un tempo si temeva. Per le cosiddette fonti rinnovabili, poi, nuove tecniche costruttive e gestionali rendono migliorabili antiche centrali idroelettriche e ipotizzabili delle nuove fino a ieri scartate perché più costose, mentre il miglioramento delle tecnologie comincia a fare delle fonti solari ed eoliche, sorgenti energetiche meno fortemente bisognose di contributi pubblici ma soprattutto, sullo sfondo della seconda metà del secolo, l’energia nucleare da fusione si presenta come la soluzione definitiva e inesauribile al problema dell’energia (il gas idrogeno, molto infiammabile, ancora oggi resta invece più un metodo per trasferire energia, piuttosto che una fonte, dato il gran consumo proprio di energia per produrlo).

Se l’energia assolutamente non manca, l’obiettivo è allora quello di renderla il più possibile compatibile con la conservazione dell’ecosistema e a buon mercato per il progresso sociale. Ma il problema, fortunatamente, non è affatto di impossibile soluzione. Il punto, fondamentale, è che le caratteristiche negative delle varie fonti sono completamente diverse e non sommabili tra loro. Il grande consumo di territorio, di materiali e manufatti, del solare e dell’eolico (ecco perché non si possono definire davvero rinnovabili) e il loro costo non annullano il fatto che – almeno per il tempo di durata degli impianti e per medie unità – producano energia pulita; la perturbazione territoriale e l’elevato costo iniziale delle dighe non annullano la pulizia, l’efficienza e il costo zero della produzione idroelettrica; l’inquinamento da Co2 e altri gas serra e il prezzo di importazione dei materiali fossili non annullano il basso costo di costruzione delle centrali termiche e dunque un loro utile ruolo come riserva nelle emergenze. L’accumulo relativo di scorie radioattive, i tempi di realizzazione e la paura mediaticamente diffusa non annullano i vantaggi di una produzione elettro-nucleare da fissione potente, concentrata e soprattutto molto più ecologica di tutte le altre, contro l’inquinamento atmosferico e il riscaldamento del pianeta.

L’energia nucleare da fusione sarà invece la soluzione per tanti aspetti ottimale, ma non è ancora per oggi: sarà solo per il nostro prossimo futuro. L’elenco di pregi, difetti e rischi delle varie fonti di produzione (tralasciando qui le più marginali, come maremoto-motrici e geotermiche, perché rare o biomasse e biocarburanti, perché sempre a effetto serra) sembra già indicare chiaramente la migliore politica energetica possibile: quella della diversificazione e della migliore combinazione percentuale tra le varie forme utilizzate. Diversificare è la vera scelta, per i cieli limpidi che per lo sviluppo. Tanto per darle un nome chiamiamola “politica del 4x4”: 25 per cento idrica, 25 per cento eolico-solare, 25 per cento nucleare, 25 per cento a gas. Questo naturalmente in linea di massima, perché va modellata poi per i vari Paesi e inoltre con particolari accorgimenti (quelle a gas, ad esempio, concepite anche come policombustibili, per i rischi di momentanee crisi e chiusura improvvisa dei gasdotti). Un approccio di questo tipo renderebbe meglio compatibili le esigenze dell’economia e dello sviluppo, con quelle del progresso tecnologico e ambientale (come un futuro di auto e riscaldamenti elettrici, ma senza azzardate fughe in avanti) sarebbe insomma una soluzione efficiente e di grande buon senso.

Naturalmente, chi indossa costantemente le lenti deformanti dell’ideologia non sarà mai d’accordo, perché tutto teso non a risolvere i problemi ma a imporre particolari percezioni e vere e proprie fobie, mira sempre a ignorare i semplici fatti a partire da quello, fondamentale, che l’energia a buon mercato vuol dire anche più denaro per la conservazione ambientale e per la fame nel mondo. Gli ecologisti “per convenienza”, anziché per competenza, aspirano a diffondere una paura irrazionale, talvolta per lucrare rendite di posizione e costruire carriere personali, talaltra perché schiavi loro stessi di concezioni apocalittiche che semplicemente gli impediscono di guardare ai fatti con un minimo di logica e di studio serio e continuato. Se sono davvero convinti, ad esempio, che il riscaldamento della Terra sia essenzialmente dovuto ai gas serra di produzione antropica, anziché a un susseguirsi storico di cambiamenti climatici – cosa possibile e anche probabile, ma che non si può ancora dire definitivamente dimostrata – perché allora si oppongono irragionevolmente all’uso pacifico dell’energia nucleare di gran lunga la più efficiente nel combattere il fenomeno (tra l’altro l’energia nucleare è tutt’altro che innaturale, anzi quella da fusione è la naturale vera prima fonte di tutte le altre, poiché senza i raggi del Sole non ci sarebbero non solo impianti fotovoltaici, ma neanche carbone, petrolio, gas e acqua, sul nostro pianeta)?

E allora, proprio per considerazioni ecologiche, alla domanda “energia nucleare?” dovremmo rispondere: sì, grazie! Anche perché tra tutte le fonti produttive, secondo l’Agenzia internazionale dell’Energia atomica e Forbes, in numero di vittime per miliardo di chilowattora di energia prodotta, ai due estremi troviamo il carbone come il più letale e il nucleare come il più sicuro. Ma a parte l’energia nucleare che, con 450 reattori in funzione nel mondo, 55 in costruzione e il doppio in progetto, sta conoscendo un nuovo impulso, cosicché arriverà a circa il 15 per cento dell’elettricità stimata, con una probabile ulteriore accelerazione per la prevista entrata in funzione dei nuovi reattori modulari e di quelli a sicurezza intrinseca (così che l’Italia, con non molti altri, oltre a restare un grande inquinatore, sembrerà allora un Paese con la paura della locomotiva “cavallo di fuoco”), è tutta la cultura industriale, oggi necessaria per sfamare il mondo, che manca a certi pretesi ecologisti, che non perdono mai tempo a studiare o a frequentare laboratori, ma si affidano alle sensazioni personali, facendo dipendere pericolosamente dalle loro “visioni” il bene comune.

Così, invece di produrre energia in Italia, la importiamo dall’estero (anche nucleare), senza sfruttare neanche i pochi giacimenti che abbiamo, rinunciando a ogni politica di indipendenza e autosufficienza, caricando la nostra industria del maggior costo del kilowattora in Europa, oltre a essere sempre a rischio di sbalzi di prezzi improvvisi (come attualmente per il gas) o addirittura all’arresto delle forniture per cause politiche. Ci riempiamo la bocca di risparmio energetico e conservazione ambientale e poi non abbiamo i soldi per provvedere (se non in minima parte e a debito) a tutelare l’aria, le foreste e i fiumi, migliorare gli impianti di riscaldamento e i termovalorizzatori, le condotte e gli acquedotti, anche a causa di una politica energetica costosa e irrazionale, indotta principalmente dagli esagitati e finti ecologisti di casa nostra e dal loro scomposto urlare.

Un mix energetico ben calcolato, che permetta di produrre elettricità a basso costo e al miglior impatto possibile sull’ambiente naturale, è davvero possibile, se si sa come e dove mettere le mani per avere studiato i problemi, per essersi affidati ai laboratori di ricerca e agli scienziati, per non aver ceduto alla sciocca demagogia, da parte di uomini politici che credano nella competenza e ne tengano conto. Non è impossibile, si può fare e va fatto. Il verde “politico” è il peggior nemico del verde naturale.

Aggiornato il 03 gennaio 2022 alle ore 09:56