Quando i corvi svolazzano su Davigo

“Io non ho bisogno del consenso, non faccio politica; i magistrati hanno legittimazione nella legge e non nella elezione”. Così ragionava e ragiona Piercamillo Davigo, detto anche il Dottor Sottile o, meglio ancora, Piercavillo. Una considerazione, sul consenso inutile, fra le più moderate eppure emblematiche sulla bocca di un giudice, di chiaro stampo reazionario-conservatore più che moderato. E, per completare il quadro, quel suo sconsolato j’accuse nei confronti dei cittadini italiani: “L’unico Paese che parla male di se stesso persino nell’inno nazionale. All’epoca di Goffredo Mameli c’era una nota di speranza, adesso si è affievolita. Gli italiani continuano ad essere divisi per fazioni, legati al loro campanile. Con un atteggiamento che il più delle volte mi appare incomprensibile”.

Parlare di Piercamillo Davigo non è, a quanto sostengono i più superficialmente “informati”, fare discorsi emblematici sulla magistratura nel suo complesso, ma semmai su una certa immutabile funzione svolta dai pm condizionante avvii e svolgimenti di procedimenti e processi, che ha marchiato a fuoco per anni il procedere ferrato di determinate vicende giudiziarie laddove la chiave politica è fortemente prevalente.

L’origine di tale fenomeno, lo si sa, discende da “Mani Pulite” e non vale qui la pena approfondirlo, benché le sue scorie siano sopravvissute in una col giustizialismo diffuso e, detto a proposito, molto caro a Davigo che ha pubblicamente riconosciuto di condividerlo. Lui che, non a caso, è sempre stato considerato un puro e un duro è oggi alle prese con corvi che gli svolazzano intorno. Nella sua parabola, dal leggendario e partigiano Pool (non toccò l’ex Partito Comunista italiano pur sapendone i miliardari traffici esentasse con l’Est) ai diversi ruoli “politici” nei successivi compiti ricoperti nel Csm (Consiglio superiore della magistratura), una coerenza accusatoria davighiana non è mai venuta meno, prendendo slancio a partire da quel decreto Biondi che vide in Davigo il silenzioso ma fattivo membro dell’armata giudiziaria, il massimo protagonista nel disattivarla, in verità il meno sottilmente possibile grazie all’apporto decisivo del duo Bossi-Fini.

La parabola si diceva. Dal Pool di “Mani Pulite” ai corvacci sulla Giustizia, lui che era il più duro e puro emblema dei Pubblici ministeri rischia di dare un colpo comunque grave alla stessa magistratura nella quale, come ha acutamente osservato Tiziana Maiolo, “la nemesi storica è sempre in agguato e il passaggio di carte e gli svolazzamenti di corvi e uccellacci vari paiono poco consoni al “Dottor Sottile”. E al dottor Piercamillo? Quando si dice la nemesi…

Aggiornato il 07 maggio 2021 alle ore 09:05