Nei partiti la baraonda già prima del Covid

È un diffuso pensiero che la drammaticità della situazione possa produrre un Governo diverso, un esecutivo più ampio, una specie di Governo delle larghe intese. Uno degli ostacoli a questa soluzione, e ci si scusi la “grettezza”, potrebbe essere nelle convenienze reciproche per tale fuoriuscita dallo schema attuale del muro contro muro. Una antitesi che lo stesso Giuseppe Conte continua a mantenere forse, o senza forse, perché immagina che l’ipotetico allargamento di maggioranza potrebbe iniziare proprio dalla sua persona, che non pare adesso assisa nel limbo di consensi alla Alessandra Ghisleri, ma piuttosto in discesa e non solo nei sondaggi, nell’azione di governo.

La provenienza grillina del premier paga, e non da ora, la cambiale a un Movimento col quale ha passato e passa infinite ore diurne e notturne, con infinite mediazioni-donde incertezze e baraonde dentro il Governo. Già prima dello tsunami Covid uno e due, frizioni e scosse interne hanno pesato sulle decisioni. Il quadro interno offerto dal M5S è a dir poco devastante e non soltanto per l’aggressione della malattia delle scissioni in crescita esponenziale come il virus, ma per la sua stessa origine come “gigantesco intrattenimento sviluppato da una pubblicità on line sfoderando tutti gli ingredienti tipici e peggiori del nostro infotainment: retorica, giacobinismo, qualunquismo, complottismo, moralismo, giustizialismo, vetusto giovanilismo” (Nicola Pedrazzi su La rivista il Mulino”). Qualità, si fa per dire, glorificate da un sistema mediatico capace di esaltazioni di un Movimento ed incapace di studiarlo, là dove il qualunquismo anticasta ha fatto da tramite alla chincaglieria ideologica subito dopo l’accesso al Governo col letterale ribaltamento delle posizioni a cominciare da euro, Europa, Troika e via via tutto il resto. Ne è un esempio preclaro un Luigi Di Maio che in queste ore sta lucidando la sua faccia di bronzo in quell’Israele e con Benjamin Netanyahu, gratificati qualche tempo fa di indignate ripulse esercitate con scorribande nella Striscia di Gaza mentre un deputato di fede grillina rilanciava, con un tweet di convinta condivisione, il “Protocollo dei Savi Anziani di Sion” che i nazisti diffusero a piene mani contro il “sionismo artefice di complotti finanziari e bancari a livello mondiale”. La svolta governista di Di Maio è, dunque, esemplare dei voltafaccia di un Movimento il cui riassorbimento è cominciato in Europa, ma che proprio nei confronti dell’europeo Mes, la cui approvazione urgente è da più parti, anche dal Partito Democratico, sollecitata a un contrario Conte (salvo intese) sta ponendo un ostacolo definito “insuperabile”. Il che conferma, del resto, una delle tante perle false della chincaglieria ideale.

Un ostacolo, quello del Mes, condiviso e non da oggi, all’interno di una opposizione che stenta a porsi come una genuina alternativa di governo, al di là delle stesse richieste di una condivisione di scelte comuni, rifiutate fino ad ora da Giuseppe Conte. E nella stessa opposizione Silvio Berlusconi, convinto europeista diversamente da Matteo Salvini, mentre Giorgia Meloni pare in questo distinguersi, ha proposto il suo voto favorevole alla maggioranza ma non per risolverne le difficoltà, ma per accelerare i risarcimenti, i ristori, nei confronti dei lavoratori danneggiati dal protrarsi dell’emergenza. Il fatto è che, al di là delle motivazioni di Berlusconi, la sua proposta può costituire, oggettivamente, un futuro puntello ad una maggioranza nella quale gli stop and go di Matteo Renzi, accentuando baraonda e sofferenze, potrebbero essere scavalcate in Parlamento rendendo non più indispensabile l’appoggio intermittente di Italia Viva. Il condizionale è d’obbligo nella politica del “domani è un altro giorno”.

Aggiornato il 31 ottobre 2020 alle ore 09:29