Minoli: c’era una volta   Guido Bertolaso

Se non ci fosse Giovanni Minoli, bisognerebbe inventarlo. Sembra una battuta o un proverbio abusato. Per carità: è la pura, sacrosanta, verità; e vi spiego perché. Intanto perché c’è Minoli, ovviamente su “La7”, e c’è anche e soprattutto Guido Bertolaso. L’altra sera l’inventore dell’insuperato “Faccia a faccia” è andato a caccia grossa nell’empireo televisivo politico e ha riempito il carniere. Dunque, grazie Minoli. Un grazie non di prammatica né tantomeno buttato lì se non ci fosse, appunto, il contenuto di questa caccia grossa che ha un nome ben preciso: Bertolaso. “Che fine ha fatto?”, si saranno chiesti i telespettatori magari ignorando che Bertolaso, allontanato irresponsabilmente dal suo incarico alla Protezione civile, non è rimasto con le mani in mano, anzi. Ma la lunga intervista concessa a Minoli ha innanzitutto mostrato un personaggio dalla serenità e dalla nitidezza rare in tema di sciagure e di emergenze. Rare e, quel che più conta, precise senza mai debordare nel rischio della nostalgia o, quel che è peggio, nel pericolo del polemismo se non addirittura del rancore personale.

I fatti, solo i fatti sono stati trattati e le cose fatte, questo soprattutto è quello che ha mostrato quell’incontro sullo sfondo tuttora incandescente della situazione abruzzese da Amatrice all’hotel Rigopiano devastati dal terremoto. Sollecitato - ma con una certa grazia - dal conduttore, Bertolaso ha chiuso le porte in faccia alla polemica da quattro soldi che è diventata la corda con cui si impiccano, in genere, politici e operatori di adesso. Nessuna recriminazione, nessuna rabbia, nessun odio. E dire che all’ex responsabile della Protezione civile non sarebbero mancate le ragioni e le occasioni dopo essere stato mandato a quel paese (anche in Africa), liquidato manco fosse stato un abusivo di quella Protezione civile che non solo ha rappresentato un modello speciale di intervento - ricordate, sempre l’Abruzzo e l’Aquila? E la tempistica eccezionale delle operazioni sia emergenziali che ricostruttive? Tutto il mondo ha applaudito - ma ha consentito un approccio diverso, un sistema nuovo, efficace, rapido, efficiente e coinvolgente da costituire un esempio per noi e per gli altri, per il presente e per il futuro. Adesso che siamo nel futuro e la tragedia abruzzese è davanti ai nostri occhi, ecco che le lacune, le inefficienze, i ritardi (non certamente i colpevoli, si capisce) hanno fatto la differenza fra il prima e il dopo, fra l’allora e l’oggi, fra un modello di Protezione civile e un suo, per dir così, sub-modello, con doppioni, lacune e ritardi che ne hanno rallentato se non ostacolato la rapidità operativa nei momenti più emergenziali.

Qui non si vuole nessuna caccia alle streghe, semmai il contrario, anche perché tutto l’apparato in azione in Abruzzo, dai Vigili del fuoco alla Protezione civile fino ai sindaci e ai volontari, merita un abbraccio riconoscente. No, quel che si vuole semplicemente qui ricordare è il cosiddetto lusso che nessuna nazione moderna può permettersi: fare a meno di personaggi come Bertolaso. È un lusso all’italiana, che costa caro. Specialmente a chi ha visto cadere le proprie case, morire i propri cari, precipitare le proprie chiese. E da Minoli è arrivato un Bertolaso che invece di essere stato premiato per gli autentici miracoli compiuti allora, è stato per dir così lasciato a casa. Un altro lusso che poi pagano sempre gli altri, i più sfortunati.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:56