Anche D’Alema filo-populista, però!

Vae Victis!, come diceva quel tale. Forse sarebbe meglio un “Vae Victo!” perché il vinto, il soccombente, il perdente è, o sarebbe, anche e soprattutto per l’ultimo Massimo D’Alema sul “Corsera”, Matteo Renzi.

Che Renzi abbia perso non c’è il minimo dubbio così come non c’è più, almeno per ora e per l’ex Premier, “trippa per gatti”. No problem, dunque? Beh, qualche problema c’è ancora, precisamente nell’intervista di Aldo Cazzullo ad un D’Alema leggendo il quale emerge come e perché al perdente corrisponda un vincente. Che è, al di là di ogni ragionevole dubbio, Beppe Grillo. Il perché si svela, seguendo sempre le risposte dalemiane, ogni qual volta il tema del populismo viene alla ribalta. E seguendo secondo quella sorta di filo logico che, partendo appunto dalla sonora sconfitta renziana, fa dire ad un cattivissimo Massimo che i “populisti fanno bene in regioni e in città” e che, dunque, per rimediare ai danni dell’ex Premier bisognerebbe al più presto mettersi in sintonia con il popolo. Sembra una correzione ma il termine “popolo” è basico, nel senso che preannuncia, sottintende e prelude se non al populismo a qualcosa che gli somiglia di molto. Detto poi da un politico di lungo corso, l’invito va un pochettino al di là della violenta polemica con la quale D’Alema spiega il crollo di Renzi ed i, non impossibili, rimedi. Fra cui, ovviamente e urgentemente, il cambio del segretario del Partito Democratico. Fatti loro, beninteso, ma anche un po’ nostri, o no?

Il cerchio dunque starebbe per chiudersi definitivamente sulla parabola renziana, almeno a sentire D’Alema, se non fosse che uno dei possibili rimedi avanzati sta o starebbe nel ricorso, almeno ogni tanto, a quello stesso populismo che ha fatto stravincere Grillo. Ciò porta ad una conclusione, magari sommaria e forse impietosa, certamente sintetica, ma non lontana dalla verità: che il “sistema” di Beppe Grillo e di Davide Casaleggio è da accettare.

Giacché il problema di fondo è sempre quello, sconfiggere il populismo-giustizialismo-antipartitismo combattendolo democraticamente o correndogli dietro pappagallescamente? Insomma, la messa in moto grillina del feroce meccanismo antipolitica, per di più con i loro stop and go, le contraddizioni giornaliere, i cambiamenti repentini di opinione anche sui grandi temi internazionali ed economici, è contrastabile e battibile usando, più o meno, le stesse armi? Delle due l’una e ci troviamo di fronte ad una svolta storico-politica con l’avvento grillino, oppure abbiamo a che fare, né più né meno, che con una reiterazione tipo “l’Uomo qualunque” d’antan, che si è poi risolta in un miserevole flop.

Per dirla tutta, il grillismo è una rivoluzione o una truffa? E che armi ha una normale democrazia come la nostra, non soltanto per opporsi a questa indubbia novità politica ma per vincere e per mostrarne il volto truffaldino? Personalmente siamo convinti che nessuna delle armi simili a quelle in uso dai pentastellati possa, non dico affrontare decentemente ma costituire una credibile alternativa alla loro confusa e pericolosa piattaforma. Qui non si vuole entrare nello specifico - che pure sarebbe assai ghiotto ed istruttivo - della recente archiviazione o quasi da parte della magistratura in merito alla denuncia a proposito del leggendario contratto con Virginia Raggi e la correlata multa di 150mila euro in caso di fuoriuscita dal Movimento, anche se la Costituzione è chiarissimamente cogente sul vincolo di mandato. Ma lasciamo perdere, per ora.

L’essenza, la sostanza, la realtà del problema non è il nuovo sistema elettorale, non è il Mattarellum o il proporzionale, non è l’alleanza o meno con il Cavaliere, non è un nuovo-vecchio Nazareno, non è Euro sì oppure no, e lasciamo perdere la post-verità. No, il problema era ed è uno solo: la politica. Come sempre. E, come sempre, non bisogna tradirla perché chi lo fa è destinato a perdere, e a perdere tutto. Ecco perché nelle attente parole di un D’Alema scatenato contro Renzi e il renzismo o di ciò che ne resta, quello che non può essere, non dico accettabile ma nemmeno degno di discussione, è utilizzare, se del caso, modi, stili e proposte provenienti da un movimento che, a detta persino dei suoi, non sa bene quello che vuole ma lo vuole fortemente.

In realtà noi sappiamo fin troppo bene qual è il vero obiettivo della post-verità grillina: distruggere ciò che resta del sistema politico in cui abbiamo vissuto e vogliamo continuare a vivere. Ed è a dir poco curioso che uno che ha fatto e che fa politica come D’Alema sia talmente obnubilato da un’irrefrenabile idiosincrasia per Renzi, da non accorgersi che non poche delle sue accuse sono facilmente rovesciabili come un guanto. Intendiamoci, non siamo affatto entusiasti del sistema di oggi e, anche a proposito del renzismo di lotta e di governo, e spesso dello stesso Pd che ne è stato, più o meno, il pilastro, ne abbiamo purtroppo constatato i limiti, le arroganze, le promesse mancate, i programmi fumosi. Ma la politica è o dovrebbe essere una cosa “altra”, un patrimonio comune da salvaguardare. È lo stesso patrimonio, la stessa politica (ovvero la democrazia) che, peraltro, ha consentito a Grillo di stravincere, ma non per riparare ai suoi errori, alle sue mancate riforme, ai suoi rinvii, ma per finirla, distruggerla, calpestandone i principi basilari in nome e per conto di un populismo che, se vincente, produrrà un deserto. E lo chiameranno pace. Eterna. Per la politica e non solo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:56