Garantismo interessante o interessato?

Beppe Grillo, diciamocelo almeno inter nos, non ha vinto per via di un programma importante o per una linea politica avvincente o per un’ideologia forte. Macché. Grillo e il Movimento 5 Stelle hanno stravinto perché giustizialisti e populisti, in primis, e poi perché la Seconda Repubblica era ed è non immacolata, ma quasi morente anche in seguito alle sue mancate riforme strutturali, innanzitutto quella della giustizia. La cui assenza colpevole (vero Matteo Renzi?) non solo ha scatenato il morbo della forca, ma lo ha - per dir così - istituzionalizzato col successo di un partito che ha vinto (anche questo diciamocelo fra di noi) promettendo a tutto ed a tutti (gli altri) la galera. Tutti gli altri perché, come ben ci hanno messo nel cranio, loro sono diversi. Non si vuole qui sminuire le capacità seduttive di un comico di eccellente levatura come Grillo, ma semmai metterne in luce la vera chiave interpretativa di quel quasi 30 per cento che spaventa gli altri politici, tutti “uguali”, all’infuori dei “diversi” grillini, si capisce, ai quali non è sembrato vero di passare anni e anni in televisione, sui media, nelle piazze e nel Paese a gridare tutto ciò che gli passava per la testa, ingiurie, insulti, parolacce, bugie e post-verità, con un unico obbiettivo: mettere al bando e, contestualmente, sul patibolo, la classe dirigente politica nel suo insieme.

A ben vedere, la molla iniziale o lo scatto ideologico - per dir così - è venuto loro dall’aristocrazia (vera o falsa che sia) del giornalismo marchiato dal mielismo nel e del “Corsera”, inventore fortunatissimo, grazie a Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, della leggendaria “casta” (i politici, chi sennò?) contro la quale si è scatenata un’autentica caccia alle streghe e questo, va pur aggiunto, senza che nessuno, forse nemmeno gli autori, la prevedessero. Chi l’aveva prevista, oltre alla vera casta italica (mondiale) dei poteri forti, e che ha studiato la natura umana a cominciare dalla sua, l’ha applicata su scala elettorale, è stato per l’appunto Grillo cavalcando l’onda limacciosa e spalmandola su ogni essenza politica: governo, maggioranza, opposizione, partiti e protagonisti; e ciò, incredibile a dirsi, nell’assenza, meglio scomparsa, dei partiti stessi, all’infuori del Partito Democratico, contro cui, “et pour cause”, l’odio e il rancore è stato sollevato al di là dei suoi demeriti, che pure sono tanti e storici.

L’illusione della diversità grillina è tuttavia durata lo spazio di un mattino, ovverosia fino ai successi alle elezioni amministrative in città molto importanti, a cominciare da Roma, oltre che Parma, Livorno, ecc.. Fino a quando non governava quel movimento poteva urlare ciò che voleva contro chi governava e governa coprendolo di improperi, allestendo, al grido di “onestà! onestà!”, forche in piazza non appena c’era la notizia non dico di una condanna ma di un semplice avviso di garanzia, per qualsiasi amministratore di Comune o d’altro. La cuccagna è durata anni, forse troppi e non bisogna illudersi più di tanto ché il futuro non è mai roseo in un Paese dove il vero potere è dell’unico potere esistente da noi (e solo da noi) incarnato nel mito, e nel verbo, alias avviso di garanzia, del Pubblico ministero.

Adesso che le carezze giudiziarie hanno percorso le guancia di sindaci e amministratori grillini, la musica è cambiata e la diversità proclamata si è ridimensionata di botto producendo non soltanto la diminuzione del suono prevalentemente insultante dei pentastellati, ma il cambiamento radicale delle direttive grilline, passando dalle dimissioni hic et nunc per qualsiasi indagato, se non alle garanzie, come recitano gli avvisi, almeno a momenti di attesa, di pausa, di riflessione, insomma, di rimanere al proprio posto. Cosicché anche al sindaco di Roma, quand’anche arrivasse un avviso, manco a parlarne di dimissioni. Ma forse, diciamo forse, c’è in ballo qualcos’altro che ha drizzato e indirizzato in sintonia garantista le antenne di Grillo, ed è la denuncia dell’avvocato Venerando Monello, della quale si discuterà in tribunale (non in piazza, si capisce) e che accusa nientepopodimeno che di truffa legale - per dir così - il blog grillino in una con la Casaleggio Associati (lo staff) che, secondo l’avvocato, con i contratti stipulati fra eletti e staff, renderebbe incompatibile il Movimento con la nostra Costituzione.

Perché? Perché gli eletti del M5S, Virginia Raggi in primis, non solo dovrebbero essere coordinati e “controllati”, come da contratto firmato, dallo staff e dai garanti del movimento, ma, secondo l’esposto dell’avvocato Monello, tale coordinamento sarebbe, al contrario, una vera e propria “coartazione della volontà decisionale degli atti politici e amministrativi degli stessi eletti con l’imposizione di specifiche direttive in deroga al principio costituzionale di divieto di mandato imperativo, ottenute anche con la concreta possibilità di azionare contro gli amministratori il pagamento di una sanzione pecuniaria, in caso di dissenso, di almeno 150mila euro”. Questo e altro nella denuncia di quel Monello di avvocato, e della quale si occuperà la giustizia il 13 di questo mese. Insomma, Grillo come attentatore della Costituzione? Ma non era la più bella del mondo, anche per il leggendario staff? E il garantismo, dove lo mettiamo?

Aggiornato il 03 maggio 2017 alle ore 11:11